La maggioranza di centrodestra ha approvato una mozione in Parlamento che boccia il salario minimo e punta su altre “strategie” per tutelare i diritti dei lavoratori e alzare gli stipendi.
La maggioranza di centrodestra che sostiene il governo Meloni dice ufficialmente no al salario minimo. La Camera ha infatti approvato, con i voti di Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia, una mozione che boccia l’introduzione di un minimo di stipendio per legge e punta invece ad altre strategie per “raggiungere l’obiettivo della tutela dei diritti dei lavoratori”.
Il testo è stato approvato con 163 voti a favore, 121 no e 19 astenuti. In particolare ad opporsi sono stati il Movimento 5 Stelle, il Partito democratico e l’Alleanza Sinistra/Verdi. Gli astenuti appartengono invece tutti al terzo polo di Carlo Calenda e Matteo Renzi. Sono quindi stati respinti i testi delle opposizioni, con i presentatori che non hanno accettato le riformulazioni che erano state proposte dal governo.
Come funziona il salario minimo
Viene quindi bocciata dall’esecutivo l’imposizione di una soglia minima di retribuzione oraria per tutte le tipologie di lavoro, ad oggi prevista in Italia solo dai contratti nazionali, ma con soglie dignitose solo per quelli maggiormente rappresentativi (rimane scoperto circa il 15% dei lavoratori). Si era parlato nei mesi scorsi di una possibile soglia a 9/10 euro lordi l’ora.
La proposta, però, era stata criticata proprio dal centrodestra, ma anche da Confindustria e dai sindacati, con la richiesta di non alterare la contrattazione collettiva, togliendo ruolo soprattutto alle sigle di rappresentanza dei lavoratori. Tuttavia la bocciatura del salario minimo non è finora stata accompagnata da alcun provvedimento per alzare la soglia di retribuzione oraria di molti tipi di lavoro sottopagato, a partire da quelli della gig economy.
Salario minimo, chi sarebbe coinvolto
Tra i testi respinti, in particolare, sono state bocciate le tre mozioni di Movimento 5 Stelle, Pd e Sinistra-Verdi, ognuna sostenuta dagli altri due gruppi parlamentari. Quella di Sinistra Verdi, ha spiegato il primo firmatario Marco Grimaldi, prevede un salario minimo legale i 10 euro all’ora al lordo degli oneri contributivi e previdenziali, da rivalutare annualmente sulla base della variazione dell’indice dei prezzi.
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Secondo lui “ne trarrebbero beneficio circa 2,6 milioni di lavoratori e lavoratrici”. In un Paese in cui i working poor sono 2,9 milioni e oltre 5 milioni guadagnano meno di 10mila l’anno, cioè 830 euro al mese, aggiunge, “questa dovrebbe essere la priorità del governo, che invece non ha perso l’occasione di accanirsi contro chi andrebbe più tutelato”.
Perché il governo Meloni ha bocciato il salario minimo
Secondo il governo è meglio percorrere altre vie rispetto all’approvazione del salario minimo. La mozione di maggioranza, infatti, spinge il governo ad avviare una serie di iniziative a partire dall’attivazione di percorsi interlocutori tra le parti non coinvolti nella contrattazione collettiva, “per monitorare e comprendere motivi e cause della non applicazione”.
Secondo la deputata della Lega Tiziana Nisini l’unico appiglio legale per il salario minimo è “una direttiva europea entrata in vigore il 14 novembre, che stabilisce un obiettivo che tutti i paesi membri dovranno conseguire entro i prossimi due anni”.
Il fine ultimo sarebbe quindi di “arrivare a retribuzioni minime adeguate per ridurre le diseguaglianze e i divari salariali di genere, tutelando altresì i datori di lavoro dalla concorrenza sleale: alle opposizioni sfugge che è proprio l’Ue ad indicarci la strada della contrattazione”.
Aumento degli stipendi, la strategia del governo Meloni
La via del governo per aumentare i salari, quindi, è innanzitutto il taglio del cuneo fiscale, che Meloni vorrebbe portare a 5 punti almeno per tutti i lavoratori entro i 35mila euro di reddito annuo nel corso dei prossimi anni (ora siamo al 3% entro il 20mila euro e al 2% tra 20mila e 35mila).
Quindi, secondo Nisini, bisogna “favorire l’apertura di un tavolo di confronto tra le parti sociali e il mondo produttivo per arrivare ad estendere l’efficacia dei contratti collettivi nazionali comparativamente più rappresentativi alle categorie di lavoratori non compresi”.
Il salario minimo per legge, invece, sarebbe “solo uno specchietto per le allodole che andrebbe a danneggiare quegli stessi lavoratori che si dice di voler tutelare”.
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