Conosci veramente qual è la tua retribuzione minima e cosa significa? Vuoi sapere come trovare l’informazione nel cedolino o nella lettera di assunzione? Ecco una guida che fa per te
L’aumento dei prezzi di beni e servizi, conseguente alla crisi internazionale in atto in Ucraina, non ha risparmiato alcuni costi fissi e irrinunciabili per le famiglie, come generi alimentari, bollette e carburante.
Per questo motivo è tornato alla ribalta il tema del ritocco dei salari dei lavoratori dipendenti, attraverso una nuova campagna di rinnovi contrattuali e / o riduzione di contributi e tasse, senza contare gli sviluppi a livello comunitario su una normativa che riguardi il salario minimo legale.
L’obiettivo comune è quello di garantire un meccanismo di aggiornamento delle retribuzioni dei lavoratori, che risponda in tempo alle variazioni del costo della vita. Si vuole, in sostanza, evitare che l’inflazione «mangi», a poco a poco, il salario degli italiani.
Visto che si parla tanto di buste paga e compensi dei dipendenti, è lecito chiedersi cosa si intende per retribuzione minima, quali importi ne fanno parte e come calcolarne l’ammontare, grazie alle informazioni del cedolino paga e della lettera di assunzione?
Analizziamo la questione in dettaglio.
Come scoprire qual è il tuo salario minimo dalla busta paga o dal contratto
Da cosa è composta la retribuzione «minima»?
La retribuzione «minima» è rappresentata da tutti quegli importi che l’azienda è tenuta a riconoscere in ogni periodo di paga, a prescindere dall’ammontare delle ore lavorate e in quali giornate, in virtù di un obbligo imposto dal contratto collettivo applicato (Ccnl o accordo territoriale/aziendale), dalla lettera di assunzione o dai successivi accordi tra datore e dipendente.
La stabilità di queste voci, determinata dal fatto che vengono utilizzate ogni mese per determinare il compenso del dipendente, fa sì che le stesse siano la base di calcolo per ottenere l’ammontare di:
- compenso per le ore lavorate e le assenze retribuite (ferie e permessi);
- ore di assenza non retribuite;
- tredicesima ed eventuale quattordicesima;
- trattamento di fine rapporto (Tfr);
- indennità a carico di Inps e Inail.
Fanno parte della retribuzione «minima» le somme previste dai contratti collettivi, tra cui:
- paga base;
- indennità di contingenza;
- elemento distinto della retribuzione;
- terzo elemento;
- scatti di anzianità;
- altre voci contemplate dal Ccnl o dagli accordi territoriali / aziendali.
Ulteriori importi fissi possono essere previsti nella lettera o contratto di assunzione (o in accordi successivi) come:
- superminimi;
- indennità ad personam;
- premi di produzione.
La retribuzione «minima» si differenzia da quella variabile, legata, ad esempio:
- alla quantità di ore lavorate (si pensi a straordinari o supplementari;
- a quando le ore ordinarie sono state lavorate, come le maggiorazioni per lavoro festivo o notturno.
Sotto quest’aspetto l’obbligo del datore di lavoro di riconoscere le somme variabili non è automatico ogni mese, ma dipende dalle ore prestate e dal calendario.
Come si capisce qual è la retribuzione «minima»?
L’ammontare riconosciuto al dipendente a titolo di retribuzione «minima» cambia a seconda che lo stesso sia retribuito in misura fissa mensile o, al contrario, a paga oraria.
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Lavoratori retribuiti in misura fissa mensile
I dipendenti che, a prescindere dal numero di giornate in cui, nel mese, possono prestare attività lavorativa, ricevono lo stesso compenso lordo (fanno eccezione, naturalmente, i cambi di livello o gli aumenti contrattuali) si definiscono «mensilizzati».
In sostanza, a differenza dei lavoratori con paga oraria, i mensilizzati hanno diritto ogni mese alla stessa retribuzione lorda, anche se si assentano per ferie o permessi retribuiti. Hanno invece un impatto sul calcolo del compenso lordo:
- eventuali assenze dal lavoro coperte a livello economico dall’Inps o dall’Inail (si pensi a malattia, maternità ed infortuni sul lavoro, soltanto per citare gli esempi principali);
- eventuali assenze non retribuite, come permessi non retribuiti, aspettativa, assenza ingiustificata, sospensione dal lavoro e dalla retribuzione;
- eventuali compensi aggiuntivi per le particolari modalità di svolgimento della prestazione (ad esempio maggiorazione per lavoro notturno o festivo), o per le ore lavorate (lavoro straordinario o supplementare).
Per la categoria di lavoratori in parola, la retribuzione «minima» è rappresentata dal compenso fisso mensile, o da quello spettante in base al diverso periodo di paga, se non coincidente con il mese.
All’interno della lettera di assunzione, l’ammontare del compenso minimo può essere ricavato:
- in base al livello di inquadramento, ma in tal caso si dovrà leggere il contratto collettivo applicato, nello specifico la parte in cui sono presenti le tabelle retributive;
- sommando il dettaglio delle singole voci, se queste sono indicate separatamente nella lettera di assunzione o nelle intese successivamente intercorse.
A differenza di chi percepisce una retribuzione oraria, i mensilizzati sono facilitati nel comprendere a quanto ammonta la retribuzione minima posto che, di norma, i contratti collettivi e le lettere di assunzione esprimono l’ammontare spettante a livello mensile.
Prendiamo ad esempio il caso di Mario assunto con il livello 3° del Ccnl Alimentari - industria. Nella lettera di assunzione, in tema di retribuzione spettante, si fa rinvio al contratto collettivo.
Mario, per capire a quanto ammonta la sua retribuzione minima, dovrà analizzare le tabelle retributive del contratto. Queste indicano per un 3° livello:
- minimo di paga base euro 1.380,30;
- contingenza euro 522,32;
- elemento distinto della retribuzione euro 10,33.
Di conseguenza, la retribuzione «minima» di Mario per ciascun mese sarà pari a euro 1.912,95 lordi.
Al contrario, per ricavare le informazioni dal cedolino paga, si dovrà analizzare quanto riportato nella parte alta del documento, all’interno del riquadro di norma denominato «elementi retributivi». Qui sono indicati gli importi dei vari compensi fissi previsti dal contratto collettivo, oltre a eventuali somme riconosciute dal datore di lavoro, il cui totale corrisponderà alla retribuzione «minima».
Attenzione. Per i lavoratori part-time il totale del riquadro «elementi retributivi» non corrisponde al compenso minimo. Per ottenerlo si dovrà fare un’operazione ulteriore: applicare al totale la percentuale di part-time, anch’essa indicata nella parte alta del cedolino.
Tornando all’esempio di Mario, la sua percentuale di part-time è pari al 40%, pertanto il compenso minimo corrisponderà a:
1912,95 euro * 40% = 765,18 euro lordi.
Lavoratori retribuiti a ore
A differenza dei mensilizzati, i dipendenti con paga oraria ricevono un compenso variabile di mese in mese.
Questi infatti hanno diritto a essere retribuiti in base a:
- ore lavorate;
- ore di assenza retribuite, anche se a carico Inps e Inail;
- ore di lavoro straordinario o supplementare;
- ore di maggiorazione per lavoro notturno o festivo.
In tal caso, il compenso «minimo» coincide con la retribuzione oraria. Quella, per intenderci, ricavata dividendo il compenso fisso mensile (utilizzato per i lavoratori mensilizzati) per il coefficiente orario convenzionalmente fissato da ciascun contratto collettivo.
Nel caso di Mario, la sua retribuzione oraria «minima» equivale a:
1.912,95 / 173 (coefficiente previsto dal Ccnl Alimentari - industria) = 11,06 euro lordi.
Di norma, questo dato figura nel cedolino paga all’interno del citato riquadro degli elementi retribuitivi.
Nella lettera di assunzione, al contrario, può accadere che si faccia un generico rimando al livello 3° del Contratto collettivo Alimentari - industria. In tal caso sarà sufficiente ricercare le tabelle retributive del Ccnl e dividere il compenso per il coefficiente orario.
La retribuzione «minima» viene utilizzata per i lavoratori pagati a ore, al fine di determinare l’ammontare spettante per:
- ore lavorate, con la formula “retribuzione oraria * ore lavorate”;
- ore di assenza retribuite (ferie e permessi), con “retribuzione oraria * ore di ferie e permessi”.
Fanno eccezione gli eventi economicamente a carico di Inps e Inail.
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