Salario minimo: cosa potrebbe succedere nel 2022?

Chiara Esposito

1 Maggio 2022 - 00:48

Prospettive future di un provvedimento che fa discutere da tempo: le ultime analisi in materia e i costi stimati dall’INAPP.

Salario minimo: cosa potrebbe succedere nel 2022?

Il salario minimo è un tema divisivo che per diverso tempo è stato messo in ombra da altre questioni di maggior urgenza tra cui il Covid e la guerra in Ucraina.

Grazie alle ultime dichiarazioni del ministro del Lavoro Andrea Orlando però il quesito sta riprendendo forza e vigore generando quindi confronti e dibattiti che danno la misura dell’evoluzione (o meno) del fenomeno.

A questo si aggiunge poi la stima INAPP, l’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche e la risposta dei sindacati due voci che, seppur in maniera diversa, possono aiutare i cittadini a comprendere lungo quali direttrici potrebbero spostarsi gli equilibri politici e sociali del Paese nel 2022, ma non solo.

Salario minimo: situazione attuale e stime INAPP

I Paesi Europei che non hanno introdotto il salario minimo nazionale sono:

  • Italia;
  • Danimarca;
  • Cipro;
  • Austria;
  • Finlandia;
  • Svezia.

In nostro Paese rientra nell’elenco per diversi motivi ma alla base di tutto c’è la pura e semplice legislazione che non prevede un livello di salari minimi quanto piuttosto la contrattazione fra le parti sociali. Stando alla stima del CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro) attualmente sono in vigore circa 888 contratti collettivi nazionali che, perlatro, non sono obbligatori. Esistono infatti imprese o tipologie di contratti di lavoro individuali sprovvisti di questo «strumento».

A porre l’accento sulla problematicità che sotto alcuni aspetti pone questo sistema è il fenomeno dei working poors ossia quei lavoratori il cui reddito è inferiore alla soglia di povertà relativa. Secondo l’ultimo report di “In-work poverty in the EU” in Italia l’11,7% dei lavoratori dipendenti riceve un salario inferiore ai minimi contrattuali.

Per attuare però un cambiamento di rotta, qualora ci fosse la concordanza fra le parti in gioco, dobbiamo anche guardare ai numeri.

Prendiamo ad esempio in considerazione la stima INAPP sull’introduzione di un salario minimo legale a 9 euro lordi all’ora. Secondo i rilevamenti, pubblicati dal sito della Camera dei deputati, i lavoratori beneficiari dell’introduzione di un salario minimo legale a 9 euro orari sarebbero circa 2,6 milioni. Di questi:

  • circa 1,9 milioni di lavoratori a tempo pieno (il 18,4% del totale dei dipendenti a tempo pieno) per un costo di 5,2 miliardi;
  • circa 680.000 lavoratori a tempo parziale (il 29% del totale dei dipendenti part-time) per un costo di 1,5 miliardi.

A conti fatti quindi il costo totale per le imprese sarebbe pari a 6,7 miliardi di euro.

Orlando pessimista: il ministro non crede nell’accordo

Poste le base essenzialmente rudimentali del dibattito è giusto capire in quale contesto ci troviamo oggi e, allo stato attuale delle cose, il ministro Orlando dice che non crede si troverà un accordo sul salario minimo, ma dice che per alzare le retribuzioni bisogna “migliorare la contrattazione”.

Questo però richiederà tempo e nulla diverrà realtà a stretto giro. Orlando tuttavia, pur essendo convinto delle lasche tempistiche, pensa che quello del salario minimo sia «un obiettivo giusto».

Ad Agorà su Rai 3 il ministro in quota Pd ha detto che per aumentare le retribuzioni «va fatto tutto ciò che migliora la contrattazione e incoraggia la chiusura dei contratti; dobbiamo anche dare regole nuove alla contrattazione».

L’idea di fondo è una, continuare a battere sul chiodo:

«Sul salario minimo non so se si riuscirà a trovare un accordo generale, ma tutti i passi che vanno nella direzione del rafforzamento della contrattazione devono essere fatti».

Il fattore costi è un ulteriore ostacolo. Il ministro del Lavoro ha sottolineato come i 5-6 miliardi previsti nel Documento di economia e finanza per aiutare famiglie e imprese non saranno sufficienti:

«Abbiamo messo in conto che ci servano altre misure, valuteremo poi quali. È evidente che dovremo fare ulteriori passi, soprattutto per sostenere l’impatto del costo dell’energia e delle materie prime e per l’inflazione che incide profondamente e negativamente sui salari Abbiamo un pezzo del mondo del lavoro che rischia di impoverirsi e un pezzo del mondo delle imprese che rischia di non farcela».

La risposta dei sindacati e le prospettive

Ai segnali di pessimismo di Orlando rispondono i sindacati, chiamati in causa sul tema della contrattazione collettiva.

L’idea attuale del ministro sarebbe fare una legge per individuare il contratto di riferimento per ogni settore con il livello minimo applicabile e adeguarsi quindi, almeno con una prima forma d’intervento, alle pratiche in vigore in 15 su 19 Paesi dell’Eurozona.

Al momento la proposta è stata illustrata prima ai sindacati, il 12 aprile scorso, e poi, in separata sede, alle associazioni imprenditoriali.

A questa via dell’istituto diversificato in base ai contratti nazionali Cgil, Cisl e Uil hanno risposto:

«Noi ci siamo, ma l’idea è difficile da applicare»

Le condizioni imposte per questa mediazione sono tuttavia stringenti quasi quanto la chiusura di Confindustria.

Un esempio è il pensiero Re David, ex segretaria Fiom, ora in segreteria nazionale Cgil con delega alla contrattazione, che sottolinea:

«Attenzione, però: si tratta solo del 3% dei dipendenti privati, il 97% è coperto anche se in molti contratti il minimo è troppo basso e andrebbe rialzato. Se l’idea del ministro Orlando è quella di estendere a tutti i lavoratori, settore per settore, non il minimo orario, ma il trattamento economico complessivo - che significa anche ferie, Tfr, tredicesima e poi forse turni, scatti, malattia, welfare - noi ci siamo. Si applicherebbe per la prima volta l’erga omnes dell’articolo 36 della Costituzione, partendo dai salari. Arrivare ad una legge mi sembra però complicato».

Il dato di fatto attuale è che, nonostante le diverse leggi depositate in Parlamento tra cui quella firmata dall’ex ministra del Lavoro Catalfo, appare impossibile la chiusura del dossier entro la fine della legislatura.

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