Uno degli ostacoli più temuti dagli studenti universitari è il salto d’appello, una pratica che impedisce di sostenere l’esame all’appello successivo. Ma è legale? Ecco cosa sapere.
Le difficoltà che gli studenti universitari, specialmente se matricole, possono riscontrare durante il proprio percorso di studi sono molteplici, specialmente durante la sessione. Sta infatti al singolo studente, di triennale o magistrale, decidere quali e quanti esami preparare in vista della sessione, in base alle proprie priorità.
Nonostante lo studio però può capitare di dover ridare l’esame, ed è qui che la sessione può riservare amare sorprese. Infatti il docente potrebbe adottare il salto d’appello che potrebbe costringere lo studente a non poter sostenere l’esame nella sessione successiva. Una pratica che scoraggia e ostacola gli studenti. Per questo motivo sarà capitato almeno a tutti una volta di domandarsi se il salto d’appello è legale o meno. Per poter rispondere bisogna rivedere alcune leggi. Ecco tutto quello che c’è da sapere.
Cos’è il salto d’appello e quando si applica?
Pur avendo studiato molto per un esame, può capitare che la prova orale o il test non vada come desiderato o si incorra addirittura in una bocciatura. Purtroppo sono eventi che possono capitare, infatti, per quanto evitabili può accadere che uno studente - specialmente se matricola - sia ancora alla ricerca di un proprio metodo di studio per affrontare una specifica materia, magari particolarmente ostica.
In questi casi però a complicare la situazione potrebbe essere l’adozione da parte del docente del salto d’appello. Il salto d’appello è infatti una pratica ancora adottata da diversi atenei e docenti e consiste nel vietare allo studente di sostenere un esame all’appello successivo. Questa pratica può essere adottata in diversi casi: solitamente si applica a tutti gli studenti che sono stati bocciati, ma in alcuni atenei questa penalità si applica anche agli studenti che si sono prenotati ma non si sono presentati all’esame.
Salto d’appello quali sono gli svantaggi per gli studenti?
Gli svantaggi del salto d’appello per gli studenti - è inutile negarlo - sono consistenti. Se infatti, dal punto di vista dei professori che adottano questa pratica, il salto d’appello è un valido strumento con cui si cerca di ostacolare uno studio superficiale e quell’atteggiamento di alcun studenti del “tentare” un esame, dal punto di vista degli studenti questa pratica può causa non poche difficoltà.
Spesso negli anni e tutt’ora si continua ad additare il salto d’appello come strumento per far finire gli studenti fuoricorso. In effetti bisogna considerare che a causa di questa pratica diminuiscono le opportunità per lo studente di poter sostenere gli esami in tutti gli appelli garantiti dall’Università, rischiando quindi di dilatare il tempo che occorre per sostenere tutti gli esami e preparare la tesi.
Il salto d’appello è illegale? Cosa dice la legge
Dopo aver conosciuto gli svantaggi che il salto d’appello comporta, è naturale che - almeno una volta - gli studenti si siano posti la domanda, più che lecita, se il salto d’appello sia legale o meno. Per poter rispondere è necessario andare a rivedere alcune leggi. Il fondamento del salto d’appello si può rintracciare nell’art. 43 del Decreto Regio del 4 giugno 1938 n.1269. L’ultimo comma dell’articolo recita testualmente: “Lo studente riprovato - quindi bocciato - non può ripetere l’esame nella medesima sessione”.
Questa disposizione però è stata poi superata con l’introduzione di due leggi: la n. 168 del 9 maggio 1989 e la n. 274 del 23 novembre 1990. Con queste il Governo ha stabilito l’autonomia dei sistemi universitari. Questo vuol dire che il salto d’appello viene regolato dall’organizzazione interna delle Università.
In conclusione quindi il salto d’appello non è illegale. Starà al singolo ateneo, con il proprio regolamento, prevedere o meno l’adozione di questa pratica. È quindi opportuno consultare il regolamento del proprio ateneo per scoprire se tale pratica è ancora in uso.
Va però detto che negli anni numerosi comitati studenteschi hanno presentato ricorso per eliminare questa pratica, in alcuni casi l’Università ha accolto la richiesta in altri no. Sta quindi all’ateneo, ma non è escluso un minimo di margine d’azione per gli studenti.
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