Primi successi delle sanzioni: il big indiano del cemento paga il carbone russo in yuan

Mauro Bottarelli

30 Giugno 2022 - 10:26

UltraTech Cement ha saldato il carico in arrivo dal porto di Vanino in valuta cinese, primo atto ufficiale dell’asse consacrato al Forum dei Brics. E con i costi di spedizione saliti dell’82.000%..

Primi successi delle sanzioni: il big indiano del cemento paga il carbone russo in yuan

In molti erano scettici rispetto alla portato di quanto discusso al Forum economico dei Brics concluso lo scorso weekend a Pechino. In fondo, trattasi di Paesi emergenti, economie in via di sviluppo, spesso con conti disastrati e debiti di difficile sostenibilità. Una prospettiva un po’ miope ma resa quasi automatica dal sole splendente e abbagliante che giungeva in contemporanea dalla Baviera, dove il G7 tracciava i nuovi confini di un mondo nuovamente bipolare. E l’un contro l’altro armato.

Ma se questa infografica di Statista

Percentuale di «rappresentanza» del G7 a livello di Pil e popolazione globali Percentuale di «rappresentanza» del G7 a livello di Pil e popolazione globali Statista

mette in prospettiva il livello di rappresentanza egemonica globale dei Sette Grandi, ridimensionando un pochino la supposta superiorità ex ante sul resto del pianeta, a stretto giro di posta dall’India è giunta una notizia che potrebbe rivelarsi apripista di un trend che, esattamente come l’inflazione, l’Occidente sta pericolosamente sottovalutando. E rischiando poi di dover, inutilmente, rincorrere. La UltraTech Cement, leader assoluto del cemento in India, ha infatti pagato le 157.000 tonnellate di carbone partite dal porto russo di Vanino sul cargo MV Mangas in yuan. Per l’esattezza, 172.652.900 yuan (25,81 milioni di dollari) puntualmente bonificati al produttore russo SUEK. E, a differenza di certe cedole obbligazionarie saldate in rubli, prontamente processate e incassate dalle banche.

E mentre ancora attendiamo con ansia la catastrofica risposta di mercato al presunto default russo, probabilmente destinato a un epico scoppio ritardato, ecco che nel mondo dell’economia reale, delle commodities, del commercio e dell’industria, la de-dollarizzaziine già in atto da anni solo a livello di Banche centrali comincia a muovere i passi nell’operatività quotidiana.{{}} E con protagonisti soggetti leader del mercato di un Paese economicamente non proprio residuale come l’India, quantomeno a livello demografico. Non era infatti mai accaduto che una major indiana desse vita a un vero e proprio by-pass del dollaro e operasse un pagamento alla controparte in valuta di un soggetto terzo.

E interpellato al riguardo da Bloomberg, ecco il parere di Subash Chandra Garg, ex consulente per gli Affari economici del ministero delle Finanze indiano: Se la rotta valutaria rupia-yuan-rublo dovesse rivelarsi favorevole, i business avrebbero ogni incentivo e ragione di operare uno switch over. E penso che sia quanto sta già accadendo. Ma non basta: L’utilizzo dello yuan come valuta franca per pagamenti di importazioni riguardanti nazioni che non siano la Cina fino ad oggi era decisamente raro. Ma proprio il regime sanzionatorio sempre più duro imposto dall’Occidente verso Mosca sta grandemente accelerandone l’adozione. Esattamente quanto auspicato al Forum dei Brics, tanto da aver impresso un cambio di passo alla discussione - finora meramente teorica e accademica - sul basket di valute da opporre a dollaro ed euro negli scambi commerciali.

Ed ecco che queste due immagini

Numero di ricerche su GoogleTrends relative al termine «recessione» Numero di ricerche su GoogleTrends relative al termine «recessione» Fonte: Steno Larrson/Macrobond
Andamento dell'indice globale dei prezzi di spedizione per carburanti Andamento dell’indice globale dei prezzi di spedizione per carburanti Fonte: Bloomberg

paiono mettere in prospettiva, quasi dipingendo un fondale ad hoc, il potenziale sviluppo del commercio globale non solo post-Covid ma, soprattutto, post-Ucraina. Se le ricerche su GoogleTrends del termine recessione appaiono ormai necessitanti di una prolunga per contenerne l’andamento parabolico, il grafico mostra il sobrio aumento registrato dai costi di spedizione per un cargo che trasporti nafta dal Medio Oriente al Giappone, la cosiddetta rotta TC-5, fra lo scorso febbraio e la fine della settimana passata: +82.000%, qualcosa come oltre 50.000 dollari al giorno dai 61 dollari di soli cinque mesi fa.

Più contenuto invece l’aggravio sulla rotta TC-18, quella che porta i carburanti dagli Usa al Brasile: dai 3.800 dollari al giorno di febbraio, oggi siamo solo a 37.000 dollari. L’intero assetto del commercio globale sta cambiando, mentre apparentemente l’Occidente gioca alla contrapposizione fra blocchi e rincorre l’autarchia de facto delle sanzioni. E se la BIS ha colto immediatamente la dinamica, annunciando una liquidity pool in yuan per il mercato asiatico, di fatto un backstop che finora era stato operato solo in dollari, qualcuno sembra non cogliere il parallelo fra geopolitica e valuta: fra i due vasi di ferro di dollaro e yuan, a pagare il prezzo sarà il vaso di coccio dell’euro.

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