Sciopero della fame fuori Villa Pamphili: chi sono e cosa chiedono i braccianti incatenati

Isabella Policarpio

16/06/2020

Mentre sono in corso gli Stati Generali, il sindacalista dei braccianti Aboubakar Soumahoro e altri migranti minacciano lo sciopero della fame: chiedono al Governo la riforma della filiera agricola e delle politiche migratorie. Cosa sta succedendo.

Sciopero della fame fuori Villa Pamphili: chi sono e cosa chiedono i braccianti incatenati

Le massime autorità politiche, italiane e non solo, sono impegnate negli Stati generali dell’Economia proclamati da Conte. Ma non tutti sono stati invitati a farne parte: grandi esclusi i delegati dei braccianti agricoli, spesso immigrati, sfruttati nella filiera dell’agricoltura e nel peggiore dei casi dai caporali.

Per questa ragione il sindacalista Aboubakar Soumahoro ha deciso di dare inizio allo sciopero della fame incatenandosi fuori Villa Pamphili, dove in questi giorni è concentrata l’attenzione dei media.

Un atto estremo di protesta che ha lo scopo di promuovere il dialogo tra braccianti e Governo; infatti la filiera dell’agricoltura è stata fortemente colpita dalla crisi degli ultimi mesi, che ne ha aggravato le condizioni già precarie.

Cosa chiedono Aboubakar e i braccianti agricoli al Governo

“Oggi, inizio lo sciopero della fame e mi incateno qui a Villa Pamphili dove si stanno tenendo gli Stati Generali, finché il governo non ascolterà il grido di dolore di noi invisibili e di tutti gli esclusi.”

Con queste parole il sindacalista e sociologo Aboubakar Soumahoro fa riaccendere i riflettori sulle condizioni dei braccianti agricoli, per lo più migranti africani.

Oltre al problema (mai risolto) dei caporali, si aggiungono salari e condizioni igienico-sanitarie assolutamente non conformi agli standard nazionali, cosa che rende impossibile il rispetto delle misure di sicurezza e prevenzione del virus.

La sanatoria fortemente voluta dal Ministro Bellanova è una misura temporanea e inadeguata a risolvere il problema, serve l’intervento del Governo, con serietà e senza indugio.

Le richieste di Aboubakar e dei braccianti agricoli possono essere sintetizzate in tre punti:

  • una riforma della filiera agricola che garantisca cibo “eticamente sano” e combatta il caporalato;
  • cambiare le politiche migratorie con la regolarizzazione e il permesso di soggiorno per l’emergenza sanitaria (riconoscere la cittadinanza a chi è nato in Italia e cancellare i decreti Sicurezza);
  • un piano nazionale d’emergenza per coloro che hanno perso o rischiano di perdere la propria occupazione a causa dell’emergenza sanitaria.

Chi è Aboubakar Soumahoro: biografia, storia e impegno politico

Aboubakar Soumahoro è un dirigente sindacale, collega e amico del sindacalista Sacko Soumayla ucciso a 29 anni a colpi di fucile in Calabria. Per chi non lo conoscesse, Aboubakar è opinionista per prestigiose riviste nonché difensore dei diritti dei braccianti agricoli, molti dei quali sono migranti africani sfruttati, senza diritti e con paghe ben lontane dai minimi nazionali.

Aboubakar è originario della Costa d’Avorio e la sua intera vita e carriera sono un messaggio di libertà, forza e speranza. Nasce nel 1980 e viene a vivere in Italia giovanissimo. Si laurea in Sociologia alla Federico II di Napoli mostrando subito grande interesse per il diritto del lavoro e le questioni sindacali.

Il suo impegno politico si concentra soprattutto nella lotta al caporalato e contro lo sfruttamento dei braccianti neri nel settore agricolo diventando sindacalista dell’USB (unione sindacale di base).

Significative le sue parole sulla rivista Rolling Stones:

“Io difendo i lavoratori non in quanto migranti, ma in quanto braccianti e lavoratori tout court. Non per il loro colore di pelle, ma perché sono sfruttati”.

Tra le sue battaglie il sostegno a Mimmo Lucano, il sindaco che ha fatto di Riace un modello di accoglienza e integrazione, la lotta contro la grande distribuzione organizzata agroalimentare e lo sciopero del 20 maggio 2020 con lo slogan #nonsonoinvisibile, una manifestazione per sensibilizzare sulle condizioni di chi lavora nell’agricoltura - italiani e migranti - un settore fondamentale per l’economia del Paese ma del quale troppo spesso si mettono da parte i diritti dei lavoratori.

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