Dall’edilizia scolastica, con la costruzione di istituti moderni e innovativi, alla riforma dell’orientamento e degli istituti tecnici: in un’intervista a Money.it il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, spiega come cambierà il mondo della scuola con il Pnrr.
Il Piano nazionale di ripresa e resilienza punta a rivoluzionare anche il mondo della scuola: edifici più moderni, nuove opportunità formative per gli studenti, investimenti sulle palestre, sui nuovi istituti e sulle mense. Il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, spiega in un’intervista a Money.it tutti gli obiettivi prefissati dal Pnrr per il mondo della scuola.
Si interverrà molto sull’edilizia scolastica, puntando ad avere entro il 2026 istituti innovativi, sostenibili, sicuri e inclusivi, anche grazie ai progetti che verranno presentati da un gruppo di “grandi architetti” - tra cui Renzo Piano e Stefano Boeri - a cui il ministero ha chiesto consulenza.
Ma si andrà a incidere anche sotto il punto di vista formativo: da una parta la riforma dell’orientamento e degli istituti tecnici e dall’altra bisognerà puntare molto sulle tecnologie e sul modo in cui devono essere utilizzate dagli studenti. Ma questo non vuol dire che si sostituirà la didattica in presenza con quella a distanza.
Il Pnrr destina più di 17 miliardi alle scuole: oltre ai primi 5,2 miliardi, per cui i bandi sono già avviati, quali saranno i campi d’intervento e quanto queste risorse potranno davvero rivoluzionare la scuola italiana?
Il Piano prevede un investimento complessivo di 17,5 miliardi: 12,1 miliardi per le infrastrutture, con cui verranno realizzate nuove scuole, asili nido, mense, palestre e dotazioni digitali, e 5,4 miliardi per potenziare le competenze, con focus sulla riduzione dei divari territoriali, le materie STEM e le lingue, la didattica digitale. L’obiettivo, quindi, è incidere non soltanto sugli edifici, rendendoli più sicuri e più moderni, come faremo ad esempio con la costruzione di 195 nuove scuole a impatto zero, ma anche sui contenuti, aumentando le opportunità educative e formative per studentesse e studenti, e riducendo le disuguaglianze, da Nord a Sud, nelle grandi città e nelle aree interne.
Per la costruzione di scuole, mense e palestre sono arrivate molte domande dalle Regioni del Nord: c’è il rischio che al Sud ci sia meno partecipazione e che le scuole del Meridione non riescano a risolvere i problemi di edilizia scolastici già presenti?
Il governo ha stabilito che almeno il 40% delle risorse del Pnrr venga destinato al Sud e questo vale naturalmente anche per i nostri bandi, che anzi in molti casi prevedono una percentuale superiore, pari a oltre il 50%. Vogliamo dare ai territori che ne hanno maggiore carenza mense scolastiche per il tempo pieno, servizi educativi per l’infanzia, palestre, scuole nuove ed efficienti. Nel caso di mense e palestre, per l’assegnazione delle risorse conteranno anche i dati relativi alle difficoltà negli apprendimenti e alla dispersione scolastica. Il Piano è un’azione collettiva e quindi certamente sarà importante la collaborazione e l’azione da parte di tutti gli attori coinvolti, nel nostro caso in particolare gli enti locali chiamati a partecipare ai bandi, ma il Governo ha voluto garantire una quota certa di risorse ai territori del Mezzogiorno. Non c’è possibilità di crescita e di sviluppo per l’intero Paese se non ripartiamo dal Sud.
Quali sono i tempi per la realizzazione di queste 195 scuole? Crede che il Pnrr e questi interventi possano essere sufficienti per risolvere definitivamente il problema delle classi sovraffollate?
L’obiettivo è il 2026, così come per tutte le altre infrastrutture previste nel Pnrr Istruzione. Saranno scuole innovative negli ambienti, sostenibili nei materiali utilizzati e nei consumi energetici, sicure e inclusive. Abbiamo chiesto a un gruppo di lavoro composto da grandi architetti di aiutarci a immaginarle. Prepareranno le indicazioni che saranno alla base del concorso di progettazione delle nuove scuole pensate per ospitare una nuova idea di scuola. Quanto alle classi sovraffollate, ricordo che l’ultima legge di bilancio ha previsto la possibilità di deroghe selettive agli attuali tetti nella composizione di ciascuna classe per ridurre l’affollamento, in particolare negli istituti che si trovano in aree di maggior disagio e in cui gli indici di dispersione scolastica sono più elevati.
Per gli asili nido è stata rinviata la scadenza per l’adesione al bando: come mai le domande sono state meno del previsto ed è possibile pensare a un intervento centralizzato, da parte del ministero, per colmare eventuali lacune dei comuni che non hanno aderito?
A inizio dicembre abbiamo emesso un bando che stanzia complessivamente 2,4 miliardi per la costruzione e la messa in sicurezza degli asili nido, un investimento molto significativo e storico per questo segmento. Alla scadenza abbiamo avuto una risposta positiva da parte di molti Comuni, ma nel complesso le richieste sono state pari a circa la metà della cifra messa a disposizione. Abbiamo deciso di prorogare i termini per sollecitare una risposta anche in quelle zone in cui per realtà sociali o per realtà amministrative non si è potuto cogliere la prima occasione. Dobbiamo aumentare l’offerta degli asili nido nel nostro Paese, in particolare nelle aree del Mezzogiorno o in quelle interne dove si registra un maggiore ritardo. Nel frattempo, abbiamo deciso anche di potenziare l’azione di sostegno agli enti locali che avevamo già avviato, con incontri territoriali, una task force di esperti messa a disposizione dall’Agenzia per la coesione, seminari ed help desk dedicati. A breve vedremo i risultati raggiunti e decideremo insieme quale strada percorrere. Contiamo comunque di assegnare tutte le risorse nei tempi stabiliti.
Il Pnrr può anche essere un’occasione per rendere le scuole più digitali e provare a puntare maggiormente, per il futuro, a un sistema di didattica realmente integrata tra il digitale e le lezioni in presenza?
Io penso che la scuola sia innanzitutto ‘presenza’ ed è il motivo per cui, anche al rientro dalle vacanze all’inizio dell’anno mi sono battuto, contro il volere di molti, perché le scuole riaprissero in presenza e studentesse e studenti potessero tornare in classe. La didattica digitale sperimentata durante il periodo della pandemia è stata un ‘sostituto’ della presenza, l’unica possibilità perché gli insegnanti potessero rimanere in contatto con i loro studenti. Certamente, quella esperienza non dobbiamo dimenticarla, anzi occorre mettere in luce le buone pratiche che sono state sperimentate. Il digitale è parte integrante della vita dei nostri ragazzi già oggi e con il Pnrr sono previsti forti investimenti per creare ambienti di apprendimento innovativi e connessi, potenziando i laboratori e puntando sullo sviluppo di competenze digitali fondamentali ormai per studentesse e studenti, per i lavori del futuro. Penso che in futuro sarà sempre più importante che la scuola sappia fornire strumenti critici che aiutino i ragazzi a usare le tecnologie, senza subirle.
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In che modo con il Pnrr si punta a rafforzare l’orientamento degli studenti e ad aiutarli nel percorso d’inserimento nel mondo del lavoro? Serve, da questo punto di vista, una riforma organica degli istituti superiori?
Nel Piano sono previste sei riforme del nostro sistema scolastico da portare a termine entro quest’anno e siamo al lavoro per realizzarle. Tra queste, la riforma dell’orientamento e del sistema di istruzione tecnica, dagli ITS agli istituti tecnici e professionali, fondamentali per aumentare l’offerta formativa a disposizione di studentesse e studenti e accompagnarli nelle scelte per il loro futuro. Gli ITS rappresentano un segmento educativo con un grande potenziale, ma sono ancora troppo poco conosciuti. La riforma disegna un sistema nazionale senza penalizzare la caratteristica di vicinanza e rapporto con il territorio e con lo specifico tessuto produttivo. Per quanto riguarda gli istituti tecnici e professionali dobbiamo dar loro uguale dignità rispetto ai percorsi liceali e metterli in grado di cogliere la grande trasformazione del sistema produttivo in atto.
In queste settimane moltissimi bambini ucraini verranno inseriti nelle classi italiane: la scuola italiana è pronta ad accoglierli e cosa si sta facendo anche per superare le barriere linguistiche?
La scuola italiana ha una radicata tradizione di accoglienza e inclusione e in questi giorni sta dando una grandissima prova di generosità della quale sono grato a dirigenti scolastici, docenti e studentesse e studenti. Come ministero abbiamo mostrato subito una chiara volontà politica di accogliere e sostenere chi sta fuggendo dalla guerra e abbiamo previsto lo stanziamento di 1 milione di euro per aiutare le scuole a fornire un sostegno psicologico e la necessaria mediazione linguistica. Contiamo di poter usare presto anche delle risorse europee per proseguire l’azione di sostegno alle scuole e ai ragazzi.
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