Il ritorno a scuola a settembre è considerato una priorità, ma di difficile soluzione. Tra le proposte per tornare tra i banchi c’è quella di dividere gli studenti da pannelli di plexiglass. Si può fare? Cosa dice l’esperto psicoterapeuta
Tornare a scuola in presenza da settembre: una priorità per tutti. Ma in che modo?
Su questo complesso quesito si sta scontrando la politica, incapace di dare risposte definitive per consentire agli studenti di frequentare di nuovo le lezioni in presenza.
Come garantire la sicurezza ed evitare un ritorno del contagio da coronavirus? La ministra Azzolina e il Governo stanno mettendo sul tavolo diverse soluzioni per la sicurezza. Tra queste è spuntata la possibilità di dividere gli alunni tra i banchi con divisori in plexiglass.
Sulla proposta ha espresso la sua opinione il medico e psicoterapeuta dell’età evolutiva Alberto Pellai.
Plexiglass a scuola bocciato dall’esperto: i motivi
Intervistato da Agi, Alberto Pellai ha parlato dell’impatto su bambini e ragazzi nel contesto scuola di eventuali gabbie di plexiglass in nome della sicurezza sanitaria.
Lo psicoterapeuta, specializzato proprio nell’età evolutiva, ha reso noto il suo giudizio sfavorevole alla proposta. Secondo il medico, infatti, l’ambiente scolastico deve, in ogni caso, mantenere le sue caratteristiche naturali per poter svolgere davvero efficacemente le sue funzioni.
Proprio per questo, secondo Pellai:
“Pensare ai bambini dentro alle gabbie di plexiglass mi fa rabbrividire, è come vederli al guinzaglio o con la museruola. L’idea è la meno sostenibile, la meno attuabile, la meno a misura di bambino tra quelle che si possono avere.”
Come ha ricordato lo stesso psicoterapeuta una soluzione simile era stata avanzata tempo fa per la spiaggia o per i tavolini dei ristoranti: anche in questi casi l’ipotesi è subito tramontata come impossibile da realizzare.
Piuttosto, sarebbe utile prendere ancora tempo e studiare un rientro in classe davvero sicuro e alla portata dei ragazzi. Osservare cosa sta accadendo nelle scuole europee, dove il plexiglass non c’è, potrebbe essere utile.
Occorre, secondo Pellai, avere il giusto tempo per “maturare una visione” sulla scuola in presenza, tenendo presente che le prospettive cambiano settimana per settimana.
“Noi siamo dentro un fenomeno che si costruisce giorno per giorno. Settembre è tra tre mesi, ci siamo resi conto di quanto le cose siano cambiate negli ultimi tre mesi”
Una frase per ribadire che il tema è urgente, ma delicato poiché tocca la vita sensibile di bambini e ragazzi. Non si possono dare soluzioni affrettate e grossolane.
Niente plexiglass nelle scuole europee
Come ha suggerito lo psicoterapeuta Pellai, osservare quanto accade vicino a noi potrebbe essere istruttivo e utile. Il rientro in classe in presenza nei principali Paesi europei, per esempio, non prevede l’utilizzo del plexiglass divisorio.
Piuttosto, si prediligono mascherine per il personale, il distanziamento fisico almeno di 1,5 metri anche tra gli alunni ove possibile e lezioni in piccoli gruppi.
Soluzioni che non sempre sono calzanti con il contesto italiano, come lo stesso Pellai ha ricordato, visto che le nostre classi sono “piene”.
Alcuni suggerimenti, però, potrebbero essere funzionali anche alla nostra scuola. In Germania, per esempio, sono favoriti piccoli gruppi in classe e severe misure igieniche. Anche in Belgio si prediligono 10 ragazzi in ogni aula, che diventano 15 al massimo nel Regno Unito.
Non si può guardare a Wuhan, secondo lo psicoterapeuta, dove mascherine e plexiglass hanno dominato anche le aule. Piuttosto, prendere spunti da altri Stati europei, sempre tenendo presente il ruolo educativo dello stesso ambiente scuola.
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