Attuare la proposta di ridurre la settimana lavorativa a quattro giorni da parte della Cgil e Cisl potrebbe non essere facilmente attuabile in Italia: ecco quali sono le cause.
Se lavorare quattro giorni a settimana potrebbe essere la soluzione per migliorare la salute mentale e fisica dei propri dipendenti, potrebbe non esserlo per l’Italia, almeno stando a quanto sostenuto da Claudio Durigon, sottosegretario al Lavoro.
Una delle grandi preoccupazioni che Confindustria antepone alla richiesta di Cisl e Cgil di introdurre la settimana corta è proprio quella del benessere economico del paese. Infatti, secondo l’organizzazione, l’unico modo per risollevare le sorti della penisola è solo quella di aumentarne la produttività.
Altrimenti si rischia una recessione. Davanti a una simile situazione è bene dunque informarsi non solo su quali siano i vantaggi di una settimana corta per i lavoratori ma conoscere quali sia il problema principale che, soprattutto se ignorato, rischia di essere insormontabile. Ecco tutto quello che c’è da sapere sulla produttività e la settimana corta.
Settimana corta in Italia, c’è un problema: ecco quale
La settimana corta può aspettare, ciò che conta è la produttività. È questo il messaggio che giunge da Confindustria e dal segretario del lavoro Durigon, il quale ha spiegato davanti ai microfoni dell’Agenzia Vista che qualsiasi intervento nel mondo del lavoro deve essere legato alla produttività “altrimenti si rischia di avere più recessione”.
Il sottosegretario del lavoro non ha quindi escluso del tutto la possibilità di introdurre la settimana corta. Il quantitativo di ore può essere preso in esame, purché questa novità sia subordinata alle logiche della produttività. Anche perché se non si pone attenzione a questo aspetto si rischia che il problema della bassa produttività in Italia diventi insormontabile, lasciando la nostra penisola come fanalino di coda dell’Ue. Ma non è tutto.
Sicuramente il 2023 sarà un anno ricco di sfide per i lavoratori e le imprese: ad aprile scadrà l’ultimo pacchetto aiuti e gli imprenditori dovranno far fronte all’aumento dei tassi di interesse e non solo, anche all’innalzamento dei costi energetici, e conseguente diminuzione del potere di acquisto dei consumatori e della reperibilità di materie prime e di beni intermedi. Per tali ragioni il FMI ha previsto un nuovo calo del PIL italiano dello -0.2%. Certamente non sarebbe la prima volta, basti pensare che negli ultimi 20 anni l’Italia ha registrato uno -0.3% di produttività all’anno, contro una media Ocse del +0.3%.
Dati alla mano, sembra essere chiaro che se l’Italia vuole tornare a crescere deve concentrarsi sulla produttività, mentre ha una popolazione in rapido invecchiamento e gli investimenti produttivi arrancano; senza contare le dinamiche geopolitiche che accentuano le vulnerabilità del Sistema del Paese. Il Sole 24 ore ha quindi voluto suggerire che per una crescita resiliente di lungo periodo sia necessaria un’accelerazione delle riforme strutturali sulla produttività “al fine da mitigare la dipendenza cronica da interventi pubblici ed indebitamento”.
Aumentare la produttività senza rinunciare alla settimana corta: è possibile?
Se il problema più importante sul quale il paese si deve focalizzare è la produttività è giusto capire quali possono essere le strategie per aumentarla. In realtà i fattori che incidono sulla crescita della produttività sono molti, a partire dall’efficienza con cui vengono impiegati i fattori di produzione.
Non basta il progresso tecnologico e la conseguente digitalizzazione, anzi, sarebbe opportuno modificare elementi sistemici come la qualità delle istituzioni, l’efficienza del sistema giuridico, la burocrazia, la libera concorrenza, e molte altre. Oltre a interventi proiettati sul lungo periodo, per quanto riguarda gli interventi tempestivi è necessario che il Governo aiuti le industrie contro il rincaro energetico.
Come ricorda il Sole 24 ore, in un momento di crisi come questo, avendo a disposizione le risorse pubbliche dell’Ue e quelle parastatali, bisogna cogliere l’occasione di “(ri)costruire un Sistema”. Se è vero che la produttività è fondamentale per l’Italia, è anche vero che non bisogna per tale motivo escludere la possibilità di modificare l’orario di lavoro.
Infatti, una recente ricerca inglese ha analizzato la condotta di 2900 lavoratori, nel Regno Unito, con 4 giorni lavorativi su 7, e i risultati sono stati del tutto positivi. Nonostante il numero limitato di lavoratori e di aziende coinvolte, è stato evidenziato che la settimana corta lavorativa “aumenta il benessere dei lavoratori e di conseguenza la produttività”.
Ciò vuol dire che per aumentare la produttività oltre a intervenire “dall’alto” è possibile partire anche dal benessere del lavoratore - sempre più spesso dimenticato a causa delle logiche di mercato capitalistiche. La settimana corta non andrebbe quindi esclusa anzi potrebbe trasformarsi in una valida alleata per aumentare la produttività di tutta la penisola.
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