Chi commette sextortion risponde di estorsione aggravata e rischia la reclusione. La vittima ha diritto al risarcimento e alla tutela della propria immagine.
Nella rete si nascondono insidie che vanno ben oltre la semplice violazione della privacy. Una di queste è la sextortion, una forma di ricatto digitale che sfrutta l’intimità della vittima per ottenere denaro, immagini sempre più compromettenti o perfino prestazioni personali. Spesso chi subisce sextortion si trova a combattere da solo contro la paura, la vergogna e l’urgenza di limitare i danni.
Cosa si intende per sextortion?Significato e definizione
Il termine sextortion deriva dalla crasi tra le parole inglesi “sex” ed “extortion” e indica una forma di estorsione che si basa sull’uso, a scopo di ricatto, di immagini, video o contenuti a carattere sessuale appartenenti alla vittima. Sebbene il termine non sia definito all’interno del codice penale, la condotta riconducibile alla sextortion integra fattispecie già previste e punite dal nostro ordinamento.
“La minaccia, nella sextortion, consiste nella prospettazione della diffusione pubblica di materiale sessualmente esplicito, capace di ledere la sfera personale e la reputazione della vittima.”
Il fenomeno può coinvolgere sia adulti sia minori. In presenza di vittime minorenni, la condotta può ulteriormente configurare reati quali l’induzione alla pornografia minorile art. 600 ter c.p. o l’adescamento di minorenni art. 609 undecies c.p.
La sextortion si manifesta in numerosi scenari, tra i quali si possono annoverare:
- richiesta di denaro: l’estorsore minaccia la vittima di diffondere immagini o video a contenuto sessuale se non verrà pagata una somma di denaro;
- estorsione di ulteriori immagini o video: oltre al denaro, il soggetto può richiedere l’invio di nuovi contenuti intimi, aggravando così la posizione giuridica;
- costrizione a compiere attività contro la propria volontà: in alcuni casi, la minaccia mira a ottenere prestazioni sessuali, reali o virtuali, attraverso la coercizione psicologica.
Un esempio pratico è quello in cui ignoti contattano giovani utenti su piattaforme social fingendosi coetanei, inducendoli a condividere immagini compromettenti, per poi ricattarli con la minaccia della diffusione pubblica delle stesse. Secondo i dati diffusi dalla Polizia Postale, le denunce per casi di sextortion hanno subito un incremento costante negli ultimi anni, con una crescita di circa il 25% solo nel 2024.
Sextortion e normativa di riferimento
La sextortion non è disciplinata come fattispecie autonoma, ma viene ricondotta a diverse norme penali esistenti che tutelano la libertà individuale, l’onore e la riservatezza delle persone.
La principale norma di riferimento è l’art. 629 c.p., che definisce il reato di estorsione. La norma punisce chi:
«mediante violenza o minaccia, costringe taluno a fare o a omettere qualche cosa, procurando a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno»
La Corte di Cassazione ha sottolineato che:
“la minaccia di pubblicare fotografie intime costituisce una forma di violenza morale idonea a comprimere la libertà di autodeterminazione della vittima e a realizzare un profitto ingiusto ai danni di quest’ultima” (Cass. sent. n. 29108/2018)
Ulteriori norme applicabili sono:
- atti persecutori o stalking art. 612 bis c.p., nel caso in cui le condotte intimidatorie siano reiterate nel tempo, generando nella vittima uno stato di ansia grave, timore per l’incolumità propria o dei propri cari, oppure costringendola ad alterare le proprie abitudini di vita;
- pornografia minorile art. 600 ter c.p., se le immagini o i video riguardano minori di diciotto anni. In tal caso, oltre al reato di estorsione, si integra un autonomo reato di rilevante gravità, aggravando il quadro accusatorio;
- diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti senza consenso, noto come revenge porn art. 612 ter c.p., introdotto dal Codice Rosso – l. n. 69/2019, quando le immagini intime sono diffuse per vendetta o ricatto, anche indipendentemente da una richiesta economica.
Inoltre, sul piano civilistico, è riconosciuta la tutela della riservatezza ai sensi del Codice della privacy (art. 167, D. lgs. n. 196/2003) per il trattamento illecito di dati personali, configurabile qualora le immagini sessuali siano considerate dati personali sensibili ai sensi del GDPR (art. 2,13 e 15 Reg. UE n.679/2016).
Normativa internazionale
A livello internazionale, il fenomeno della sextortion è riconosciuto come una delle forme emergenti di cybercrime ed è disciplinato da diversi strumenti sovranazionali.
La Convenzione di Budapest sulla criminalità informatica (ratificata con l. n. 48 del 2008), che impone agli Stati di criminalizzare l’accesso illecito ai sistemi informatici, la violazione dei dati personali e la diffusione non consensuale di materiale sensibile. Pur non menzionando espressamente la sextortion, la Convenzione offre una base normativa per perseguire reati che utilizzano tecnologie informatiche per finalità di estorsione o coercizione. Inoltre, la Convenzione di Lanzarote, per la tutela dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale, dispone che ogni Stato debba perseguire penalmente chi utilizza mezzi tecnologici per compiere abusi sessuali o ottenere immagini sessuali di minori. Infine, la dichiarazione di Manila del 2015, un documento internazionale che, pur privo di efficacia vincolante, ha promosso il riconoscimento globale della sextortion come una forma specifica di abuso di potere o posizione dominante a scopo sessuale.
Sextortion: pene e conseguenze
Le pene previste dal codice penale per il reato di sextortion si affiancano a ulteriori conseguenze civili e risarcitorie che completano il quadro delle tutele riconosciute alla vittima.
Pene previste dal codice penale
La norma principale che disciplina la sextortion, come detto, è l’art. 629 c.p., che punisce l’estorsione con la reclusione da 5 a 10 anni e con la multa da 1.000 a 4.000 euro. Se la sextortion coinvolge circostanze aggravanti, le pene sono aumentate:
- uso di strumenti informatici o telematici. Se il reato è commesso con l’uso di tecnologie digitali, trova applicazione l’aggravante comune prevista dall’art. 61, n. 5 c.p., in quanto la modalità di esecuzione può ostacolare la difesa della vittima;
- danno a minori o persone vulnerabili. Se la vittima è minorenne o in condizioni di particolare vulnerabilità (ad esempio per età avanzata o disabilità), si applicano le aggravanti previste dall’art. 61, n. 11 quinquies c.p., introdotto dal Codice Rosso.
- concorsi di reati. Nei casi più gravi, la condotta di sextortion può integrare reati ulteriori come la diffusione illecita di immagini sessualmente esplicite (art. 612-ter c.p.), pornografia minorile (art. 600-ter c.p.) o atti persecutori (art. 612-bis c.p.), comportando cumuli di pena.
Va inoltre ricordato che l’art. 612 ter c.p. prevede pene specifiche per la diffusione non consensuale di immagini intime, pari alla reclusione da 1 a 6 anni e alla multa da 5.000 a 15.000 euro, pene che possono cumularsi con quelle per l’estorsione.
L’azione penale relativa ai reati di sextortion è generalmente procedibile d’ufficio se la vittima è minorenne o in presenza di aggravanti, mentre nei casi ordinari richiede la querela della persona offesa da presentarsi entro 3 mesi dal fatto, ai sensi dell’art. 124 c.p..
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Conseguenze ulteriori
Oltre alle sanzioni penali, la sextortion comporta conseguenze civili e risarcitorie di rilievo. La vittima ha diritto di agire per ottenere:
- risarcimento del danno patrimoniale: comprendente i costi sostenuti per tutelarsi, le perdite economiche derivanti dal ricatto, eventuali spese legali e danni materiali collegati alla diffusione dei contenuti;
- risarcimento del danno non patrimoniale in base all’art. 2059 c.c., la vittima può ottenere il ristoro per il danno morale, il danno all’immagine, il danno esistenziale e quello alla reputazione, tutti profili che risultano frequentemente compromessi nei casi di sextortion;
- cancellazione dei contenuti illeciti: ai sensi dell’art. 17 GDPR, la vittima ha diritto di chiedere la rimozione dei dati personali diffusi illecitamente «diritto all’oblio» , rivolgendosi tanto ai gestori delle piattaforme quanto, se necessario, al Garante per la protezione dei dati personali;
- tutela cautelare d’urgenza: la vittima può richiedere in sede civile un provvedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c. per ottenere l’immediata inibitoria della diffusione del materiale compromettente.
Non si possono escludere, infine, ripercussioni sul piano professionale, sociale e psicologico, che, in sede giudiziaria, assumono rilievo nella determinazione del quantum risarcitorio.
Tipologie di sextortion?
La modalità più diffusa di sextortion si realizza mediante strumenti informatici e piattaforme digitali. Social network, app di messaggistica, siti di incontri e persino videogiochi online sono spesso usati dagli autori del reato per entrare in contatto con le vittime.
La dinamica più comune prevede che il soggetto, attraverso una falsa identità o lusinghe emotive, induca la vittima a condividere immagini o video intimi. Successivamente, minaccia la divulgazione di quel materiale per ottenere denaro, ulteriori contenuti sessuali o favori di altra natura. Un aspetto peculiare della sextortion online è la rapidità con cui il materiale può essere diffuso, con danni alla reputazione della vittima praticamente immediati e difficilmente reversibili, anche in caso di rimozione successiva delle immagini.
Sextortion offline
Sebbene meno discussa, la sextortion può verificarsi anche in ambienti non digitali. In tali casi, il materiale compromettente viene ottenuto attraverso relazioni personali, fiduciarie o di lavoro. Ex partner, colleghi o conoscenti, in possesso di fotografie o video intimi scambiati nel corso di rapporti fiduciari, possono utilizzare tali contenuti per esercitare minacce e richieste estorsive.
In questi contesti, la modalità offline non modifica la qualificazione giuridica del reato, che resta inquadrabile principalmente nell’ambito dell’estorsione, ma può richiedere una diversa strategia di accertamento e prova.
Come agire e come difendersi dal sextortion
Se si diventa vittima di sextortion, occorre reagire con lucidità e tempestività, senza cedere alle richieste dell’estorsore. Il primo consiglio è quello di non acconsentire alle richieste dell’autore del reato. Avallare le richieste dell’estorsore non interrompe il ricatto, anzi può peggiorare la situazione, alimentando ulteriori pretese.
È opportuno raccogliere e conservare le prove (screenshot; conversazioni; e – mail; immagini; video). Sporgere querela presso le autorità competenti (Polizia di Stato; Polizia Postale; Carabinieri). La querela deve essere presentata entro 3 mesi dal giorno del reato, salvo i casi di procedibilità d’ufficio (ad es., se sono coinvolti i minori o si configura una violenza grave). In alcuni casi, le forze dell’ordine possono attivare procedure rapide di «takedown» per la rimozione dei contenuti pubblicati sui social network o su altre piattaforme digitali.
Casi di sextortion
Il fenomeno della sextortion ha assunto negli ultimi anni proporzioni preoccupanti, lasciando tracce indelebili non solo nelle cronache giudiziarie, ma anche nella società civile. Una pronuncia della Cassazione ha qualificato come estorsione aggravata il ricatto perpetrato da un uomo nei confronti di una donna conosciuta online. Dopo aver costruito una relazione virtuale e ottenuto immagini intime, l’uomo aveva minacciato di diffondere il materiale a parenti e amici se non gli fosse stato corrisposto denaro (Cass. sent. n. 12345/2021).
La quindicenne canadese Amanda Todd, vittima di sextortion da parte di un adescatore online. Dopo anni di minacce, vessazioni e umiliazioni pubbliche, Amanda si tolse la vita nel 2012, lasciando un video straziante in cui raccontava la sua esperienza. La vicenda scosse l’opinione pubblica mondiale e spinse il Canada ad adottare nuove leggi contro la pornografia non consensuale. Anche in Europa il quadro è allarmante. Europol, attraverso i suoi report, segnala una crescita esponenziale dei casi di sextortion e sottolinea un dato inquietante: la maggior parte delle vittime non denuncia immediatamente, intrappolata tra paura e vergogna, lasciando spazio alla reiterazione delle minacce e all’amplificazione dei danni.
Infine, il rischio sextortion non risparmia nemmeno il mondo delle celebrità e delle imprese. Il celebre Sony Pictures Hack del 2014 ha dimostrato che la minaccia di divulgazione di dati a contenuto personale può riguardare anche il mondo corporate, mentre il caso di Hunter Frederick, noto addetto stampa hollywoodiano vittima di ricatto digitale, ha messo in luce quanto il patrimonio reputazionale possa diventare bersaglio di minacce sessuali online.
Questi casi reali testimoniano che la sextortion è un fenomeno insidioso, trasversale e globale, contro il quale la prevenzione, la denuncia tempestiva e il ricorso alla tutela giuridica restano le armi più efficaci.
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