Le proposte di Giorgia Meloni per le assegnazioni dei ministeri chiave si scontrano con le richieste degli alleati.
Il vero nodo per la formazione del nuovo governo è nel ministero chiave dell’Economia, almeno per quello che riguarda la prossima presidente, che tiene davvero ad avere un governo autorevole, forte e credibile, senza troppe etichette o bandierine.
Il problema si pone perché diventa difficile mettere insieme la grande voglia di Meloni di puntare a un governo inattaccabile, per autorevolezza e competenza, sia dall’interno che dall’esterno, e la necessità di dover far fronte alle richieste di alleati, che sono rimasti spiazzati dal grande successo ottenuto da Fratelli d’Italia.
La premier in pectore è disposta a rinunciare anche a incarichi che potrebbero e dovrebbero spettare al suo partito, ma la debolezza di Forza Italia e Lega si riverbera sulle continue richieste di posti di prestigio per i propri uomini, con Berlusconi che in queste ultime ore, sembra essere diventato ancora più esigente di Matteo Salvini.
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«L’ho detto agli alleati e lo dico anche a voi: puntiamo a dar vita a un governo autorevole e di altissimo livello, che parta dalle competenze. Non c’è spazio per questioni secondarie rispetto a questo obiettivo», ha detto la leader di Fratelli d’Italia. Meloni per certi incarichi, come quello dell’Economia, da sempre considerato ministero chiave di ogni governo, a maggior ragione in un momento delicatissimo come quello attuale, avrebbe preferito un nome forte, un tecnico competente, spendibile anche a livello internazionale, ma i suoi tentativi in tal senso non sembrano essere andati a buon fine.
Quindi ci si è rivolti a una personalità politica, che potesse essere in grado di rassicurare tutti. L’idea dell’ultima ora era proporre Giorgetti della Lega, per fermare anche la smania di poltrone di Matteo Salvini. Ma la mossa non è stata accolta come forse si sperava e ci si attendeva proprio dal leader leghista.
Giorgetti viene da tempo considerato un po’ distante dal leader, e certo non classificabile come uno dei suoi fedelissimi. Non è un caso se una delle prime polemiche con Draghi da parte di Salvini, era stata proprio quella di voler puntare su di lui come punta della Lega nel suo governo. Uno degli esponenti del ristretto giro della leader di Fratelli d’Italia, Giovan Battista Fazzolari, qualche giorno fa ha fatto notare che, se si parla di politici, uno degli esponenti più titolati a ricoprire il ruolo di prossimo ministro dell’Economia, militerebbe proprio nel suo partito, e ha fatto il nome del professore di diritto tributario Maurizio Leo, responsabile economico di Fratelli d’Italia e membro del Consiglio Superiore della Giustizia Amministrativa, organo di autogoverno dei Tribunali Amministrativi Regionali e del Consiglio di Stato.
Maurizio Leo è stato direttore centrale per gli affari giuridici e per il contenzioso tributario del dipartimento delle entrate del ministero delle Finanze, membro di diritto del comitato di coordinamento del Secit, prorettore della Scuola Superiore dell’Economia e delle Finanze, oltre a essere editorialista per Il Sole 24 Ore, e avere pubblicato decine di testi sul diritto tributario. Già parlamentare per tre volte, è uno dei politici del centrodestra che può vantare maggiore competenza ed esperienza in tematiche di fiscalità e finanza pubblica.
Di fronte allo stallo e alle prese di posizione di questo o quel partito, anche Meloni potrebbe adesso volgere lo sguardo in casa, anche per sfatare il mito che il suo partito non avrebbe una classe dirigente all’altezza. L’incontro tenutosi tra l’attuale inquilino di via XX Settembre, Daniele Franco, e Giorgia Meloni fa ventilare la possibilità di una riconferma, ma l’ipotesi non trova alcun riscontro effettivo. Qualche probabilità in più forse potrebbero averla Domenico Siniscalco, già ministro in quel ruolo con Berlusconi, o Luigi Federico Signorini, il direttore generale di Bankitalia.
Per ora lo stallo rimane e non è da escludere una sorpresa dell’ultima ora. Alla fine si troverà certamente la quadra, e questo si potrà vedere già dalle elezioni delle presidenze dei due rami del parlamento. Ma se nel caso ci fosse ancora qualche attrito, Meloni, forte anche dei sondaggi che la vedono sempre più in alto, potrebbe anche fare di testa sua e mettere gli alleati di fronte a una lista di nomi da lei preparata: del tipo prendere o lasciare.
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