Lo shock dei prezzi del cibo sarà lungo: le stime di S&P

Violetta Silvestri

1 Giugno 2022 - 15:32

Insieme al petrolio e al gas, le materie prime alimentari sono le più osservate in quetso momento storico: le previsioni non sono buone per S&P, che stima uno shock del cibo ancora lungo e drammatico.

Lo shock dei prezzi del cibo sarà lungo: le stime di S&P

L’aumento dei prezzi alimentari e la carenza di forniture trainate dalla guerra Russia-Ucraina dureranno probabilmente “fino al 2024 e forse oltre”, ha scritto S&P Global Ratings in un rapporto pubblicato mercoledì.

Alla base di questa drammatica previsione c’è un mix esplosivo di fattori, quali carenza di fertilizzanti, controlli sulle esportazioni, interruzioni del commercio e aumento dei costi del carburante che eserciteranno pressioni al rialzo sul costo delle materie prime.

Quali saranno i Paesi più colpiti e cosa aspettarsi per l’equilibrio economico globale?

Uno shock lungo ancora due anni e oltre: la crisi alimentare secondo S&P

L’aumento dei prezzi delle materie prime sulla scia del conflitto Russia-Ucraina sta spingendo verso l’alto il prezzo del cibo e l’inflazione nelle economie del Medio Oriente e del Nord Africa (MENA), con la potenziale possibilità di sprigionare dinamiche sociopolitiche pericolose.

In realtà, il quadro dipinto dagli strateghi di S&P è ancora più fosco e si allarga anche ad altre aree geografiche.

“I Paesi a basso e medio reddito dell’Asia centrale, del Medio Oriente, dell’Africa e del Caucaso saranno particolarmente colpiti”, ha affermato Samuel Tilleray, analista del credito di S&P Global Ratings.

La ricerca esamina quali Stati sono i maggiori importatori, rispetto al loro Pil, dei principali prodotti cerealicoli.

Le più colpite dal conflitto sono le nazioni del Caucaso. Tagikistan, Uzbekistan e Armenia sembrano “particolarmente esposti” a causa della loro dipendenza quasi totale dalla Russia per questi prodotti.

Allo stesso modo, spiega l’agenzia di rating, Stati arabi come Marocco, Libano, Egitto e Giordania dipendono dall’Ucraina per le loro forniture alimentari e sono quindi “suscettibili alle interruzioni causate dalla guerra nei porti e nelle attività di lavorazione.”

Libano e Giordania sono tra i più esposti, spendendo più del 10% del Pil in energia e importazioni alimentari. Significativi anche gli acquisti di cibo e, soprattutto, di energia della Tunisia. La quota delle importazioni di energia del Marocco è una delle più grandi con riferimento al Pil.

La posizione marocchina come grande esportatore di potassio contribuisce in qualche modo ad alleviare questo problema. Tuttavia, nonostante sia un esportatore netto di prodotti alimentari, la sua economia è ancora vulnerabile agli sviluppi in corso nei mercati alimentari, data la sua elevata dipendenza dall’import di cereali.

Oltre a grano e mais, le economie MENA importano quantità significative di olio da cucina: il 73% della fornitura di olio di girasole dell’Egitto, ad esempio, proviene da Russia e Ucraina, secondo il Middle East Institute.

A peggiorare la situazione, la maggior parte delle esportazioni alimentari dalla Russia e dall’Ucraina passa attraverso il Mar Nero e il Mar d’Azov, dove i rischi di interruzioni del commercio sono molto elevati a causa delle ostilità in corso.

Pertanto, le valutazioni finali di S&P sono cupe:

Si ritiene che lo shock dell’approvvigionamento alimentare avrà implicazioni negative per i Paesi dei mercati emergenti, “incidendo sulla crescita del Pil, sulla performance fiscale e sulla stabilità sociale”, ha sottolineato Tilleray, sottolineando che “sebbene molti dei titoli di Stato più esposti a questo rischio abbiano già rating creditizi bassi, le ricadute economiche e politiche della crisi alimentare potrebbero contribuire al declassamento.”

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