Ci sono dei sintomi del Covid che resistono dopo mesi dalla negativizzazione: ecco quali sono gli effetti collaterali più frequenti.
Essere guariti dal Covid in molti casi non è la fine di un incubo: circa la metà di chi si è ammalato, infatti, continua ad avere i sintomi dopo molti mesi della guarigione, tant’è che si comincia a parlare di sindrome post-Covid.
A tal proposito, il giornalista Enrico Ferdinandi - tra quelli che hanno contratto il Covid - ha deciso di realizzare un portale (sindromepostcovid-19.it) nel quale si raccolgono le testimonianze di coloro che anche dopo la guarigione hanno continuato a sentire i sintomi della malattia. Un problema molto diffuso: circa il 45% degli ex positivi al Covid, infatti, ne presenta ancora gli effetti collaterali dopo sette mesi dalla guarigione.
Dimostrazione che sulla malattia da Covid-19 non sappiamo ancora tutto ed è per questo che ci sono diversi studi che si stanno interessando a come risolvere il problema dei sintomi dopo la negativizzazione.
Ma quali sono gli effetti collaterali più diffusi? Sono diverse le testimonianze raccolte dal suddetto portale, le quali vengono messe a disposizione della comunità scientifica proprio per favorire la ricerca; vediamo quali sono le più diffuse.
Sintomi sindrome post-Covid: quali effetti collaterali persistono dopo la guarigione
Come spiegato da Enrico Ferdinandi al Fatto Quotidiano, sono più di mille gli intervistati dal portale. E il 95% degli ex positivi contattati ha raccontato di aver ancora sintomi dopo la negativizzazione; e il dato più allarmante è quello per cui il 45% ne soffre da più di sette mesi.
Nel dettaglio, tra i disturbi più frequenti della sindrome post-Covid ci sono:
- stanchezza cronica (nell’85% dei casi);
- affaticamento (80%);
- fiato corto (61%);
- mancanza di concentrazione (60%);
- dolori alle articolazioni (59%);
- disturbi del sonno (57%);
- tachicardia (49%);
- perdita dell’olfatto (40%);
- perdita del gusto (30%);
- vuoti di memoria (30%).
E a preoccupare è il dato, seppure inferiore rispetto a quello suddetto, di coloro che presentano anomalie (aritmie e tachicardie) cardiache, forti mal di testa e frequenti dolori a livello del torace.
Sindrome post-Covid: perché?
Un problema, quello della sindrome post-Covid, di cui gli esperti sono a conoscenza. Sono due, infatti, i grandi progetti avviati in tal senso: il primo è quello condotto da un gruppo di geriatri del policlinico Gemelli di Roma, il quale ha confermato che a distanza di due mesi dalla diagnosi i sintomi “resistono nell’80% dei soggetti”. A star peggio sono le donne: queste, infatti, presentano gli effetti collaterali dopo la guarigione nel 56% dei casi (il 40% per gli uomini).
Lo studio precisa che spesso fatica e sensazione di affanno non corrispondono sempre ad un danno reale; è più probabile si tratti di manifestazioni da stress post traumatico, in quanto valori come spirometria, emogas, tac toracica e saturazione di ossigeno risultano comunque normali.
Sembrano connessi al Covid, invece, sintomi come la perdita di appetito e i dolori articolari.
Il secondo studio è quello realizzato nei padiglioni della Fiera di Bergamo; i dati preliminari ci dicono che i sintomi più diffusi sono fatica nelle attività quotidiane e difficoltà respiratorie. A tal proposito, in quasi il 29% dei pazienti negativizzati si continuano ad osservare danni sulla funzionalità polmonare e - solamente una piccola parte - perde l’autosufficienza.
E tra le conseguenze a lungo termine c’è anche “l’esposizione al rischio di complicanze trombotiche”, come pure il rischio di sviluppare tiroiditi.
Una sindrome che conferma la necessità per cui ogni ospedale attivi un percorso di follow up dedicato ai pazienti negativizzati dal Covid: l’infezione, infatti, non guarisce quasi mai rapidamente e anche se in molti casi i sintomi sono destinati a regredire con il tempo, ci sono dei pazienti che dopo la negativizzazione hanno comunque necessitato di un percorso specialistico.
Si sta comunque cercando di indagare sulle conseguenze a lungo termine del Covid: a tal proposito, il progetto internazionale Orchestra - il quale coinvolge 27 centri universitari distribuiti tra Europa, Africa, Sud America e India - ha proprio questo obiettivo, ossia quello di indagare sui vari aspetti della pandemia, come quello degli effetti collaterali.
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