Con lo smart working in un anno si risparmiano 1.450 euro. Molti sono gli aspetti positivi del lavoro agile, ma con qualche nota dolente: i dati nella ricerca del Politecnico di Milano.
Lo smart working conviene? La risposta è sì, con 1.450 euro in più sullo stipendio dei lavoratori.
A metterlo in evidenza è la ricerca dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, presentata ieri durante il convegno Rivoluzione Smart Working: un futuro da costruire adesso.
Secondo lo studio lo smart working conviene ai lavoratori in termini di work-life balance, ma anche in termini economici con un risparmio, e quindi di fatto un guadagno, di 1.450 euro.
Lo smart working tuttavia, come lo studio evidenzia, non produce solo benefici per aziende e lavoratori, ma vi sono anche degli aspetti negativi da non sottovalutare.
Ricordiamo che mentre vengono preparate le linee guida per lo smart working dei dipendenti privati per il 2022, per gli statali lo stop al lavoro agile ha preso il via già dallo scorso 15 ottobre.
Smart working con 1.450 euro in più sullo stipendio
Lo smart working conviene con 1.450 euro in più sullo stipendio. Questo è un elemento assai interessante che emerge dalla ricerca del Politecnico di Milano.
Per chi può lavorare in media da casa tra i 2 e i 5 giorni a settimana il risparmio non riguarda solo le risorse per gli spostamenti, ma anche il tempo.
Le ore che si risparmierebbero con lo smart working, pensiamo a tutto il tempo che soprattutto nelle grandi città si passa in macchina o sui mezzi pubblici, sono 123 l’anno.
I ricercatori sottolineano che il risparmio per il lavoratore in smart working che usa l’automobile per andare in ufficio è di 1.450 euro l’anno. Ovviamente con lo smart working ci guadagna anche l’ambiente.
Lo smart working post pandemia comporterà minori emissioni di CO2, pari a circa 1,8 milioni di tonnellate ogni anno, pari all’anidride carbonica che potrebbero assorbire 51 milioni di alberi.
“I benefici sociali e ambientali sono troppo rilevanti per non essere considerati nelle scelte politiche.”
Dichiara Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, che aggiunge:
“Occorre sottolineare che sono benefici che potrebbero quasi raddoppiare se si estendesse l’applicazione dello smart working ai livelli che i lavoratori desiderano e che la pandemia ha dimostrato essere già possibili con le tecnologie attuali.”
Secondo la ricerca del PoliMi nel corso del 2021 è progressivamente diminuito il numero dei lavoratori in smart working passando da 5,37 milioni nel primo trimestre dell’anno a 4,07 milioni nel terzo trimestre.
A settembre 2021 gli smart worker erano:
- 1,77 milioni nelle grandi imprese;
- 630mila nelle PMI;
- 810mila nelle microimprese;
- 860mila nella PA.
Il rientro in ufficio non determina un declino dello smart working che invece dovrebbe aumentare dopo la pandemia per alcune organizzazioni rispetto ai dati di settembre illustrati.
Nel dettaglio si prevede che i lavoratori in smart working saranno 4,38 milioni (+8%) e di questi:
- 2,03 milioni nelle grandi imprese;
- 700mila delle PMI;
- 970mila nelle microimprese;
- 680mila nella PA.
Smart working: benefici e non solo
Non solo benefici con lo smart working in termini di risparmio con un guadagno per i dipendenti, ma anche degli aspetti negativi da non sottovalutare.
Il guadagno, è bene precisarlo, per chi lavora in smart working riguarda anche altri aspetti che non sono materiali. Secondo la ricerca l’equilibrio fra lavoro e vita privata è migliorato per la maggior parte di grandi imprese (89%), PMI (55%) e PA (82%). Veniamo ora agli aspetti negativi dello smart working specie in pandemia:
- sono scesi dal 12% al 7% i lavoratori pienamente “ingaggiati”;
- il 28% dei lavoratori ha sofferto di tecnostress;
- il 17% di overworking.
Tra gli altri aspetti negativi da considerare, ma questa è una libera considerazione di chi scrive, vi sono il basso livello di socialità cui lo smart working potrebbe relegare i lavoratori e l’aumento dei costi per riscaldamento ed elettricità.
Il risparmio della ricerca del PoliMI, ma questa lo ripetiamo è una considerazione senza un effettivo riscontro analitico, si compensa con le maggiori spese per chi lavora da casa.
“Ora è necessario costruire il futuro del lavoro sul vero smart working, che non è una misura emergenziale, ma uno strumento di modernizzazione che spinge a un ripensamento di processi e sistemi manageriali all’insegna della flessibilità e della meritocrazia, proponendo ai lavoratori una maggiore autonomia e responsabilizzazione sui risultati.”
Ha dichiarato sempre Corso cui si aggiungono, come riporta Adnkronos, le parole Alessandra Gangai, direttrice della ricerca:
“Per cogliere tutti i benefici dello smart working serve l’impegno di tutti i soggetti. Alle organizzazioni spetta il compito di strutturare progetti coraggiosi, lavorando su policy, tecnologie, spazi di lavoro e stili di leadership; i lavoratori devono allenare skill più adeguate al nuovo work-life balance; i policy maker devono accompagnare questa trasformazione con onestà intellettuale e lungimiranza.”
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