Smart Working, i costi occulti che non abbiamo considerato

Luca Fiore

5 Settembre 2020 - 12:01

Grazie alla pandemia, lo Smart Working ha registrato una diffusione esponenziale. Oltre agli ovvi vantaggi, ci sono forti costi per l’economia che vanno considerati prima di tracciare un bilancio di quella che promette di essere un cambiamento di lungo periodo.

Smart Working, i costi occulti che non abbiamo considerato

La crisi sanitaria ha dato un forte impulso allo Smart Working, il cosiddetto lavoro agile. I benefici di questa operazione, realizzata con il sostegno del governo, sono evidenti: tra questi troviamo una migliore gestione del tempo, l’incremento della produttività, la riduzione di traffico e inquinamento e la maggiore inclusività per le persone con mobilità ridotta.

Ma oltre a questi indubbi fattori positivi ce ne sono di fortemente negativi. Non a caso, qualche tempo fa, il sindaco di Milano Beppe Sala, aveva lanciato un allarme: a lungo andare, il “lavoro agile” può provocare sentimenti di isolamento, ansia e depressione (la cosiddetta “Sindrome della capanna”).

Nel ragionamento portato avanti dal primo cittadino milanese rientrano anche i costi occulti legati alla massiccia diffusione del lavoro Smart: solo nella capitale lombarda, migliaia di bar e ristoranti rischiano la chiusura a causa dello svuotamento degli uffici.

Confesercenti: costi enormi con Smart Working di massa

Secondo le indicazioni fornite dal Ministero del Lavoro, al momento in Italia sono circa 1,6 milioni i lavoratori che prestano la loro opera in Smart Working, un numero otto volte superiore rispetto ai livelli pre-pandemia.

Da uno studio elaborato da Confesercenti, è emerso il ricorso allo Smart Working di massa di oltre 400 mila dipendenti occupati nell’area metropolitana di Roma implica una perdita per l’economia diffusa di 130 milioni al mese e mette a rischio chiusura 6 mila imprese.

Il lavoro cosiddetto agile, ha rilevato il Presidente della Confesercenti di Roma e del Lazio, Valter Giammaria, poteva essere tollerato nel corso del lockdown, ma ora sta diventando un boomerang. Lo Smart Working, rileva l’Associazione, non piace a chi deve ricevere servizi, come l’insieme dei cittadini, che spesso trovano uffici chiusi, passano ore al telefono in cerca di risposte o attendono risposte a mail che probabilmente non arriveranno mai.

Il ricorso al lavoro cosiddetto agile, precisa la nota di Confesercenti Roma, dovrebbe essere articolato su basi contrattuali diverse, con strumenti e organizzazione del lavoro proprie e presupporre la digitalizzazione di migliaia di adempimenti che ancora oggi si realizzano manualmente e direttamente presso le sedi preposte.

“Ecco perché è sbagliato un ricorso al lavoro agile di massa, prolungato nei mesi senza percorsi contrattuali e organizzazioni del lavoro, dei servizi e della città che li ospita. […] La mancata spesa nel tessuto commerciale turistico e dei servizi della città di Roma è di oltre 130 milioni al mese”.

La corporate America va in remoto

Situazione simile negli Stati Uniti, dove la pandemia ha portato ad un incremento del lavoro remoto che potrebbe essere permanente. Secondo uno studio del MIT, decine di migliaia di lavoratori che forniscono servizi di varia natura agli uffici rischiano di perdere il posto di lavoro.

Negli ultimi mesi, colossi del calibro di JPMorgan Chase, Ford, Twitter e REI hanno annunciato piani di lavoro in remoto. Venerdì scorso, Pinterest ha fatto sapere che pagherà una penale da 89,5 milioni di dollari per cancellare l’affitto dei nuovi maxi-uffici a San Francisco a causa del maggiore ricorso al lavoro remoto.

Più lavoro in remoto vuol dire minori viaggi di lavoro, che negli Stati Uniti rappresentano il 60-70 per cento del totale, minori spese per materiali di consumo (Xerox nell’ultimo trimestre ha registrato un calo del fatturato di quasi 35 punti percentuali e Aramark, che fornisce catering alimentare, un -45%) e minori introiti per tutte quelle aziende il cui lavoro si basa proprio sulla prossimità ai luoghi di lavoro (Starbucks ha stimato una perdita annua di 2 miliardi di dollari).

La minore necessità di recarsi fisicamente in un posto per lavorare promette di rivoluzionare anche il settore immobiliare, visto che già ora la domanda di abitazioni in città come San Francisco è in forte calo e che anche le locazioni di immobili e uffici subiranno un forte colpo nei prossimi mesi.

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