Lo smart working mette a rischio la Giustizia: la denuncia dei magistrati

Isabella Policarpio

26 Ottobre 2020 - 12:30

I tribunali devono fare i conti con strumenti inadeguati e reti Wi-fi inefficienti. Mancano le dotazioni necessarie per lavorare in sicurezza e sostenere lo smart working. I punti critici secondo ANM.

Lo smart working mette a rischio la Giustizia: la denuncia dei magistrati

Il comparto Giustizia è alle prese con un lento ritorno alla normalità dopo lo stop dovuto all’emergenza sanitaria. Tuttavia l’implementazione dello smart working, ribadito nell’ultimo DPCM 25 ottobre, rischia di rallentare il lavoro di magistrati e cancellerie a causa dell’inadeguatezza degli strumenti a disposizione.

Operatori e utenti nei tribunali, avvocati, magistrati e personale di cancelleria, subiscono “carenze diffuse” e, talvolta, gravi violazioni delle misure di sicurezza anti-Covid: mancata sanificazione degli ambienti e spazi inadeguati a garantire il distanziamento.

Queste e altre lamentele in una nota dell’Associazione nazionale magistrati nella quale si evince un’amara conclusione: poco (o nulla) è cambiato dalla prima ondata, restano gravi carenze strutturali e, in alcuni tribunali, il mancato rispetto delle più basilari regole di prevenzione.

Giustizia a rischio: tribunali inadeguati ad affrontare la seconda ondata

La nota - durissima - dell’ANM apre gli occhi sui rischi che si profilano nei prossimi mesi per il settore Giustizia; rischi non soltanto legati alla salute di chi frequenta le aule di tribunale ma anche di una possibile “nuova paralisi” a causa della mancanza di strumenti adeguati per proseguire in smart working.

“I magistrati italiani - si legge nel comunicato - continuano a disporre di applicativi inadatti per celebrare udienze a distanza, con reti di connessione inefficaci; la trattazione scritta è consentita solo fino al 31 dicembre, con un procedimento per di più macchinoso.”

In poche parole, il personale giudiziario non ha le dotazioni informatiche di base per lavorare da casa e gli spazi messi a disposizione sono inadatti ad ospitare le udienze in presenza nel rispetto del distanziamento interpersonale. Vi è poi un altro nodo cruciale: la disciplina giuridica delle assenze per quaranta/isolamento domiciliare.

Dunque, almeno per il momento, sembra che i tribunali italiani non siano affatto pronti ad affrontare la ormai conclamata “seconda ondata” e il rischio è paralizzare l’intero apparato della Giustizia come è avvenuto nei mesi passati. Amare le parole con cui si chiude la nota dell’ANM.

“Pare in definitiva che l’esperienza della prima ondata di contagi non sia servita a programmare il futuro immediato e a immaginare misure adatte a un servizio essenziale qual è quello giudiziario”.

Parole che vogliono denunciare l’assenza delle Istituzioni nonostante le continue sollecitazioni da parte di avvocati e magistrati, i quali, ogni giorno in prima persona rischiano di essere contagiati durante lo svolgimento del lavoro e delle attività connesse. Stesso atteggiamento condannato anche dai praticanti avvocato che dovranno sostenere l’esame di abilitazione il prossimo dicembre; ad oggi, infatti, non è stata ancora pubblicata la circolare contenente le misure di prevenzione da attuare durante le prove scritte.

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