Cos’è una società di comodo? Definizione e disciplina

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8 Gennaio 2025 - 19:04

Il nostro ordinamento mira a contrastare la diffusione delle società di comodo. Ma di cosa si tratta esattamente? Ecco tutto quello che c’è da sapere.

Cos’è una società di comodo? Definizione e disciplina

Il sistema fiscale italiano prevede specifiche disposizioni per contrastare l’utilizzo improprio delle strutture societarie. Le società di comodo rappresentano un elemento centrale nell’attività di controllo dell’amministrazione fiscale.

Il legislatore ha definito regole precise per queste entità societarie, caratterizzate dall’assenza di una reale attività imprenditoriale. La normativa stabilisce criteri rigorosi per identificare e regolamentare le società costituite principalmente per finalità diverse dall’esercizio d’impresa.

Ecco quali sono gli aspetti essenziali della disciplina delle società di comodo: il quadro normativo di riferimento, i parametri di operatività, gli effetti della classificazione non operativa e le possibili soluzioni gestionali.

Cos’è una società di comodo: diamo una definizione

Quando parliamo di società di comodo, per dare una definizione, parliamo di:

società solitamente costituite a scopo di evasione ed elusione fiscale o per porre in essere attività di tipo illecito. Si tratta di realtà che normalmente non svolgono un’attività imprenditoriale e, dunque, non sono operative.

Il nostro ordinamento vieta la costituzione di società di comodo poiché intende combattere l’abuso, molto diffuso di sottrarre ai creditori o al Fisco tutti o parte dei propri beni, mediante il conferimento in società.

Si costituisce la società di comodo al solo fine di conferire in essa determinati beni che costituiranno patrimonio autonomo sottraendoli alle pretese dei creditori dei singoli conferenti. Inoltre, poiché la società non svolge alcuna attività economica, i beni conferiti non sono esposti ad alcun rischio.

Spesso si tratta di società immobiliari di comodo in quanto coloro che intendono mettere al sicuro determinati immobili li conferiscono in società e dichiarano nel contratto societario di esercitare una attività di compravendita immobiliare. Una volta costituita la società, i soci non svolgeranno alcuna attività di tipo commerciale ma si limiteranno ad amministrare il patrimonio immobiliare e a distribuire, sotto forma di utile, le rendite degli immobili.

I soci celano il proprio patrimonio personale dietro lo schermo societario - evitando così possibili accertamenti fiscali - e si avvalgono di un regime fiscale spesso più favorevole di quello a cui sarebbero assoggettati se intestassero i beni a se stessi.

Società di comodo: la normativa di riferimento

L’articolo 30 della legge 724/1994, modificato dal decreto legge 138/2011, stabilisce le regole fondamentali per queste società. Tale normativa costituisce un elemento cardine del sistema fiscale italiano, predisposto per impedire la costituzione di società finalizzate esclusivamente all’ottenimento di vantaggi fiscali non legittimi.

A tal fine, tali società vengono obbligate a dichiarare un reddito minimo calcolato in funzione dei valori dei beni conferiti.

Secondo la norma, se i beni posseduti dalla società non generano un volume minimo di ricavi, si presume non vengano utilizzati per lo svolgimento di un’attività di tipo imprenditoriale, ma siano intestati in modo fittizio alla società per costituire uno schermo nei confronti dei creditori dei soci.

Novità importanti sono state poi introdotte con il DL 138/2011 che ha aumentato l’IRES portando l’aliquota da 27.5% a 38%. L’ambito delle società di comodo o non operative (quelle cioè che non superano il test di operatività) viene ampliato con l’estensione della normativa anche alle società che presentano, in determinate condizioni, dichiarazioni in perdita fiscale per 5 esercizi consecutivi (dopo l’allungamento dei tempi dovuto al decreto semplificazioni 2014). Vi sono così le società di comodo e le società in perdita sistemica.

Il legislatore, dal punto di vista contrattuale considera questo tipo di società come una società costituita con un contratto “indiretto”, ossia quel contratto che utilizza un contratto di società per realizzare uno scopo diverso da quello al quale il contratto di società è in realtà preordinato. Come ogni contratto indiretto che costituisca il modo per eludere l’applicazione di una norma di legge, la società di comodo per il codice civile deve considerarsi nulla in quanto posta in essere in frode alla legge.

Quali società possono essere «di comodo»?

Le disposizioni normative si applicano a:

  • Società per azioni (S.p.A.)
  • Società a responsabilità limitata (S.r.l.)
  • Società in accomandita per azioni
  • Società in nome collettivo
  • Società in accomandita semplice
  • Società ed enti non residenti con stabile organizzazione in Italia

La normativa mira, quindi, a prevenire l’uso distorto delle forme societarie quale schermo per occultare la reale proprietà dei beni. Tale pratica risulta particolarmente diffusa nella gestione di asset patrimoniali - immobili, partecipazioni, autoveicoli e beni di lusso - formalmente intestati alla società ma utilizzati dai soci detentori del capitale sociale.

Il legislatore ha predisposto criteri specifici per individuare le società prive di sostanza economica. Le entità classificate come «di comodo» subiscono un trattamento fiscale più severo con precise implicazioni tributarie.

Conseguenze della non operatività

La classificazione come società non operativa comporta rilevanti implicazioni fiscali. Gli effetti della normativa si manifestano su diversi fronti tributari.

Maggiorazione IRES

  • Il regime fiscale prevede una maggiorazione dell’aliquota IRES pari al 10,5%. L’aliquota totale raggiunge quindi il 38%, rispetto all’ordinario 27,5%. La maggiorazione grava sull’intero ammontare del reddito, indipendentemente dal superamento del reddito minimo presunto.

Limitazioni crediti IVA
Il regime IVA stabilisce precise restrizioni:

  • esclusione dai rimborsi dell’eccedenza del credito IVA;
  • impossibilità di compensazione orizzontale del credito;
  • divieto di cessione del credito a terzi soggetti.
    Il mancato raggiungimento delle soglie operative IVA per tre periodi d’imposta consecutivi determina l’impossibilità di riportare l’eccedenza creditoria a scomputo dell’IVA debitoria.

Impatto sulla base imponibile IRAP
La disciplina IRAP stabilisce una base imponibile minima non inferiore al reddito presunto, con l’aggiunta di specifiche componenti:

Componenti da AggiungereImpatto
Retribuzioni personale dipendente Incremento base
Compensi collaboratori Aumento imponibile
Compensi lavoro autonomo occasionale Maggiorazione
Interessi passivi Aggiunta al minimo

La base imponibile corrisponde al maggiore tra il valore della produzione effettivo e quello minimo presunto. Le perdite pregresse risultano computabili solo sulla quota eccedente il reddito minimo.

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# Fisco

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