Scopriamo cosa spetta ai figli che si prendono cura dei genitori anziani e/o malati, soprattutto rispetto agli altri.
Le dinamiche familiari possono complicarsi per vari motivi, anche difficoltà comuni alla maggior parte delle situazioni. L’invecchiamento dei genitori e l’insorgere di complicazioni di salute o mancanza di autonomia rappresentano fasi molto delicate e non è raro che solo parte dei figli si addossino l’intero impegno. È facile quindi ritenere, in maniera anche comprensibile, che abbiano diritto a benefici ulteriori rispetto agli altri. Molti si chiedono infatti se i figli che si sono presi cura dei genitori abbiano diritto a una ricompensa economica, venendo pagati per l’assistenza o ricompensati con l’eredità. Ecco cosa prevede la legge.
Eredità ai figli che si sono presi cura dei genitori
Le maggiori dispute familiari nascono in tema di eredità, soprattutto quando alcuni figli si sono presi cura dei genitori in vita mentre altri no. Per principio morale molti ritengono che i primi debbano avere un riconoscimento nei lasciti ereditari, una sorta di premio che gli altri non meriterebbero per essersi disinteressati dei genitori finché erano in vita. Non sono queste, tuttavia, le logiche che guidano le norme successorie. I figli hanno tutti gli stessi diritti sul patrimonio dei genitori, indipendentemente dal loro comportamento e dall’aver prestato, o meno, assistenza. Chi, per un motivo o per l’altro, non ha assolto alla cura dei genitori può scegliere per gratitudine di devolvere la propria quota in favore di fratelli e sorelle ma non è affatto obbligato.
Il figlio che ha fatto da caregiver ai genitori malati, per esempio, ha diritto alla stessa identica quota ereditaria spettante all’altro che ha continuato la propria vita ordinaria o addirittura non vedeva i genitori da tempo. Bisogna comunque ricordare che l’assistenza dei genitori che ne hanno bisogno, non necessariamente per malattie e patologie ma anche per l’anziana età, è sì un dovere morale ma anche un obbligo giuridico. Si rientra nel campo dell’obbligazione alimentare, che la prole può assolvere direttamente oppure economicamente. Di norma, chi adempie a un obbligo legale non è tenuto a ricevere alcuna ricompensa, tanto meno in materia successoria.
Certo, potrebbero esser stati i genitori stessi a voler ringraziare il figlio con donazioni o un testamento, a patto che fatti con piena capacità di intendere e di volere. In questo caso, però, possono accrescere la quota ereditaria del figlio attingendo a quella disponibile, ovvero senza ledere la legittima degli altri. In caso contrario, i figli potrebbero agire in giudizio per la restituzione delle somme dopo la morte dei genitori. Chiariamo che questo non è un obbligo, ma resta una circostanza imprevedibile e potenzialmente dannosa per i figli stessi che si trovano costretti alla restituzione.
L’unico modo per escludere con certezza un figlio dall’eredità è una sentenza di indegnità a succedere, limitata a casi connotati da estrema gravità (omicidio e tentato omicidio del soggetto o dei suoi congiunti, per esempio). La negazione dell’assistenza ai genitori, che sia “solo” un obbligo morale o anche giuridico, non rientra tra queste ipotesi.
Pagamento dei figli caregiver
I figli che si prendono cura dei genitori possono pretendere il pagamento quando l’assistenza è classificata come una vera e propria prestazione lavorativa. Per intenderci, ciò riguarda i figli assunti come colf o badanti con contratto di lavoro domestico, che hanno diritto a riscuotere eventuali debiti dei genitori dalla massa ereditaria. I figli impiegati in nero potrebbero anche adire le vie legali, ma soltanto potendo dimostrare che le attività svolte non rientrano nella normale solidarietà familiare e superando la presunzione che l’assistenza e le faccende domestiche siano svolte a titolo gratuito. La situazione è quindi molto complessa, in particolar modo quando c’è una sentenza di obbligazione alimentare e in qualche modo paradossale. In ogni caso, i caregiver possono usufruire di altre agevolazioni e benefici volti a compensare, seppur in minimo, il proprio impegno, passando dalla legge 104 (che riconosce il caregiver familiare) a misure come il cosiddetto bonus caregiver.
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