Spread BTP-Bund ai minimi dall’era Draghi, Meloni esulta. Ma Monti cerca di rimetterla in riga

Laura Naka Antonelli

21/10/2024

Spread sempre più giù, c’è anche l’effetto rating: bella rivincita per il governo Meloni. Ma occhio ai meriti che vanno riconosciuti alla BCE. E non solo.

Spread BTP-Bund ai minimi dall’era Draghi, Meloni esulta. Ma Monti cerca di rimetterla in riga

Spread BTP-Bund a 10 anni sempre più giù, ai minimi dal governo Draghi: una bella vittoria per il governo Meloni, per cui già da un po’ il differenziale tra i rendimenti dei BTP e dei Bund tedeschi è diventato motivo di orgoglio. E ora, dopo la promozione dell’outlook a positivo annunciata da Fitch venerdì scorso 18 ottobre e la conferma dei rating anche da parte di S&P Global, arrivata lo stesso giorno, lo è ancora di più.

Grande rivincita per il governo italiano, con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni in primis che non avrà dimenticato i vari attenti allo spread che erano stati lanciati ripetutamente nel 2022, dopo la caduta del governo Draghi, e poco prima che lei stessa varcasse la soglia di Palazzo Chigi, da Goldman Sachs e dagli analisti di diversi altri colossi finanziari mondiali.

E invece, a distanza di due anni dalla nascita del governo Meloni, lo spread BTP-Bund è sceso fino a testare i valori minimi da quando era Mr. Whatever It Takes, così come è ormai noto l’ex presidente della BCE, a guidare l’Italia: merito del trend al ribasso dei rendimenti dei BTP a 10 anni, che al momento oscillano al 3,38%, rispetto al 2,21% dei rendimenti dei Bund tedeschi.

Lo spread BTP-Bund viaggia così attorno alla soglia di 117 punti base, minimi degli ultimi tre anni, ovvero dal 2021, quando a gestire l’Italia c’era appunto l’ex governatore di Bankitalia e della Banca centrale europea, Mario Draghi.

Spread e governo Meloni: le sbandate con tensione VS BCE e tassa extraprofitti banche

Certo, in questi anni del governo Meloni qualche sbandata lo spread l’ha avuta. Il differenziale è scattato per esempio al rialzo, sulla scia del balzo dei rendimenti dei BTP a 10 anni, alla metà di dicembre del 2022, quando il doppio annuncio dell’ennesimo rialzo dei tassi di interesse dell’area euro da parte della BCE di Christine Lagarde e dell’arrivo del QT-Quantitative Tightening - dunque, sostanzialmente, della decisione di Francoforte di iniziare a staccare la spina ai titoli di stato del blocco, e dunque anche ai BTP - si tradusse in una carica di sell contro la carta italiana.

Va detto che in quell’occasione alcuni esperti avvertirono come lo scatto dei rendimenti dei BTP e dello spread non fu provocato, in realtà, soltanto dalla fine annunciata del piano QE-Quantitative easing (tra l’altro salva BTP sfornato dalla BCE guidata negli anni precedenti da Mario Draghi, che aveva salvato l’Italia e l’euro dalla crisi dei debiti sovrani), ma anche dall’ira con cui alcuni esponenti del governo Meloni risposero agli annunci di Lagarde: ira che fece paventare una sorta di ribellione anti europeista da parte di un esecutivo che si era da poco insediato (le critiche contro Francoforte vennero lanciate soprattutto dai ministri Matteo Salvini e Guido Crosetto).

La febbre dello spread si riaccese poi anche agli inizi di agosto del 2023, quando l’annuncio della tassa sugli extraprofitti delle banche italiane da parte del governo Meloni provocò una crisi di fiducia sui mercati italiani tale da allontanare gli investitori non solo dai titoli bancari scambiati a Piazza Affari ma anche dai BTP.

Pochi mesi dopo, momenti di alta tensione si ripresentarono sul mercato dei bond sovrani made in Italy con la presentazione prima di una Nadef, poi di una legge di bilancio 2024, che tornarono ad alimentare di nuovo tra gli investitori il dubbio che l’Italia volesse fare di testa sua, noncurante della necessità di tenere sotto controllo i suoi livelli preoccupanti di debito-PIL e deficit-PIL.

La paura passò poi soprattutto quando l’annuncio tanto atteso di Moody’s spazzò via il timore che i BTP finissero per entrare nel girone del rating “junk, o anche spazzatura”.

Agenzie di rating danno fiducia all’Italia di Meloni

Di fatto, nell’ultimo anno, sono stati la fiducia che le agenzie di rating hanno riconosciuto all’Italia di Meloni e i compiti che il governo Meloni stesso ha dimostrato di voler fare per non entrare in rotta di collisione con l’Unione europea - tornata a dettare legge sui livelli di debito-PIL e deficit-PIL da rispettare con il nuovo Patto di Stabilità e di crescita - i fattori che sono riusciti a tenere a bada lo spread BTP-Bund a 10 anni che, storicamente, si è invece impennato ogni volta che l’Italia ha cercato di prendere le distanze dai dettami di Bruxelles.

C’è stato però un altro elemento che ha inciso in modo determinante sulla traiettoria al ribasso dello spread: la BCE.

Per quanto Francoforte abbia infatti dato via al piano QT-Quantitative Tightening, per quanto dunque il QE tradizionale sia stato dunque mandato in soffitta, un altro bazooka monetario ha continuato in tutti questi anni a fare da scudo anti-spread: il PEPP o anche QE pandemico. Con questo programma, la BCE ha continuato infatti a fare shopping di titoli di stato italiani.

Spread ai minimi, ma Monti non risparmia il monito a Meloni

Detto questo, non tutti sono oggi così entusiasti dello spread. Non lo è sicuramente l’ex presidente del Consiglio e senatore a vita Mario Monti che, in un’intervista al Corriere della Sera pubblicata nel fine settimana, ha fatto notare come, anche ai livelli attuali, lo spread BTP-Bund rimanga relativamente elevato rispetto a quello degli altri Paesi, Francia inclusa, che certo non versa in buone condizioni in tema di conti pubblici.

Che le agenzie di rating guardino oggi con una certa fiducia all’Italia è dovuto alla prudenza in materia di bilancio dimostrata da Giorgia Meloni e dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti - ha spiegato Monti - Sarebbe però imprudente trarre conforto, o immaginare che ci siano tesoretti qua e là, per il fatto che i rating e gli spread oggi appaiono mansueti. L’Italia non ha ancora trovato il suo posto, se ha uno spread a 118 quando la Francia in crisi è a 72, la Spagna è a 69 e la Grecia a 84 ”.

Certo, “un governo che cerchi di recuperare il valore del merito è da assecondare. Ma se intanto si va verso la flat tax, si rifiuta di avvicinare la tassa di successione ai livelli di altri Paesi, non si vuole prendere in considerazione alcuna forma di imposizione del patrimonio, si moltiplicano i condoni, si incoraggiano di fatto e a volte anche a parole gli evasori, non si lavora certo per una società che premi il merito, che avvicini le opportunità di partenza di tutti. Si lavora per conservare i privilegi, come conferma la freddezza nei confronti delle misure per introdurre più concorrenza”.

Lo storico Draghi Effect sullo spread

  • Vale inoltre la pena fare anche un’altra precisazione: per quanto ai minimi dal governo Draghi, lo spread BTP-Bund rimane a livelli ancora decisamente più alti rispetto ai valori più bassi che vennero testati nei mesi in cui i mercati iniziarono a fiutare che, sullo scranno più alto di Palazzo Chigi, agli inizi del 2021, si sarebbe seduto proprio lui, Mr. Whatever It Takes, ovvero Mario Draghi.

L’effetto Draghi sullo spread fu così evidente che venne messo in evidenza perfino dalla BCE nel bollettino economico che venne pubblicato nel marzo del 2021.

Gli spread, mise in evidenza l’Eurotower, “sono diminuiti notevolmente nel periodo precedente la formazione di un nuovo governo da parte dell’ex presidente della BCE Mario Draghi e hanno brevemente raggiunto un nuovo minimo pluriennale prima di tornare a crescere”.

Nei primi giorni in cui Mario Draghi prese il comando dell’Italia, lo spread BTP-Bund capitolò infatti fino a un valore inferiore a 90 punti, a fronte di un rendimento decennale dei BTP che scivolò fino al minimo storico dello 0,45%.

Detto questo, per onore di cronaca va detto che, durante il governo Draghi, il differenziale tornò a salire, di pari passo con i rendimenti dei BTP a 10 anni, complici in modo particolare l’impatto dell’impennata dell’inflazione e le aspettative di una BCE pronta ad alzare i tassi per sconfiggerla.

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