In Italia da anni si lamenta la penuria di stadi di calcio di proprietà dei vari club: la differenza con il resto d’Europa è macroscopica, ecco di chi sono le colpe del ritardo.
In Italia ci sono 129 stadi di calcio che hanno una omologazione superiore ai 5.000 spettatori e, di questi, soltanto sei sono di proprietà delle rispettive società - sette contando anche l’AlbonoLeffe Stadium che però ha una capienza di 1.500 spettatori - mentre tutti gli altri sono in pancia ai vari Comuni tranne il caso dell’Olimpico che è della Sport e Salute, ovvero la ex Coni Servizi gestita totalmente dal Mef.
Basterebbe questo dato per fotografare il grave ritardo dell’Italia in materia di stadi di proprietà soprattutto se paragonato al resto d’Europa: nel Vecchio Continente ci sono ben 17 Paesi che fanno meglio di noi in questa speciale graduatoria.
La domanda a questo punto sorge spontanea: perché il calcio in Italia è messo così male per quanto riguarda gli stadi di proprietà? Come da buona tradizione italica non c’è un solo motivo ma una serie di cause che si sposano perfettamente con il secondo sport nazionale: lo scarica barile delle responsabilità.
Dalla burocrazia fino alla politica passando per la governance del calcio e il management dei club, nessuno sembrerebbe essere “senza peccato” con questo conseguente sostanziale immobilismo che dura ormai da lustri.
Adesso però c’è l’ultima grande chance per dare la fatidica accelerata: l’Italia insieme alla Turchia ospiterà l’edizione 2032 degli Europei di calcio, un’occasione unica per colmare il gap con il resto d’Europa.
Gli stadi di proprietà in Italia
Per quanto riguarda i campionati professionistici di calcio, in Italia la capienza minima di un impianto di Serie C deve essere di 1.500 spettatori, di 5.500 spettatori in Serie B e di 12.000 spettatori per quanto riguarda la Serie A.
Come detto in Italia la quasi totalità degli stadi è di proprietà dei vari Comuni, eccezion fatta per lo stadio Olimpico di Roma che è della Sport e Salute e dei sette impianti che invece sono di proprietà direttamente delle società.
Ecco quali sono i sette stadi in Italia di proprietà dei club.
- Allianz Stadium - Juventus
- Mapei Stadium - Sassuolo
- Bluenergy Stadium - Udinese
- Gewiss Stadium - Atalanta
- Giovanni Zini - Cremonese
- Benito Stirpe - Frosinone
- AlbinoLeffe Stadium - Albinoleffe*
*Capienza inferiore ai 5.000 spettatori
Come si può vedere non si tratta solo di top club ma anche di società della cadetteria o di terza serie, indice di come la categoria non sia un fattore determinante per gli stadi di proprietà a differenza dell’avere le idee chiare e della serietà dei progetti.
A Bergamo, Udine e Cremona, i club hanno acquistato l’impianto dal Comune e poi lo hanno ristrutturato, mentre il Sassuolo ha rilevato il Mapei Stadium dal Tribunale fallimentare dopo che a costruirlo è stata la Reggiana, un passo in avanti che è costato diversi fallimenti societari alla Regia.
Juventus, Frosinone e Albinoleffe invece hanno costruito degli impianti nuovi, la stessa cosa che vorrebbe fare la Roma - la cui vicenda stadio ormai è diventata una barzelletta più che una telenovela - oltre a Inter e Milan.
Sono invece dei progetti definitivi il Cagliari Arena che sorgerà dalle ceneri del Sant’Elia, il nuovo Bosco dello Sport a Venezia e il restyling dell’Erasmo Iacovone a Taranto: in questi due ultimi casi la proprietà però resterà sempre del Comune.
Perché pochi stadi di proprietà in Italia: le colpe
Il motivo principale della penuria di stadi proprietà in Italia è quello della burocrazia. Primi di posare la proverbiale prima pietra, nel Belpaese infatti occorrono ben otto passaggi che in molti casi possono richiedere diverso tempo:
- studio di fattibilità;
- conferenza dei servizi preliminare;
- dichiarazione di pubblico interesse;
- presentazione del progetto definitivo;
- conferenza dei servizi decisoria;
- dichiarazione di pubblica utilità;
- bando di gara;
- firma sulla convenzione.
Sarebbe compito della politica snellire questa mostruosa macchina burocratica ma, negli ultimi anni, oltre a dei bonus sulle ristrutturazioni e un via libera alla costruzione anche di palazzi e appartamenti nelle aree dei futuri stadi, nel concreto poco è stato fatto nonostante i tanti annunci.
L’idea di inserire poi il nuovo stadio di Venezia e la ristrutturazione del Franchi di Firenze tra le opere da finanziare con il Pnrr, è stata bocciata da Bruxelles.
Non sono esenti da colpe anche i vari club di calcio che, in diversi casi, hanno presentato dei progetti irricevibili per i Comuni in quanto opere più speculative che sportive e di interesse pubblico.
La somma di tutti questi fattori porta al risultato dei soli sette stadi di proprietà in Italia, con gli Europei del 2032 che potrebbero essere la grande occasione per il cambio di passo oppure l’ennesimo sperprero di soldi pubblici, vedi i Mondiali del 1990.
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