Il sottosegretario al Lavoro, il leghista Claudio Durigon, spiega a Money.it come il governo Meloni vuole intervenire su Reddito di cittadinanza, Quota 41 e aumento dei salari nei prossimi mesi.
“Dobbiamo fare più controlli per combattere i furbetti del Reddito di cittadinanza e cambiare il meccanismo con enti locali e agenzie private del lavoro. Con Quota 41 nessun ricalcolo contributivo. Aumento degli stipendi? Per ora niente bonus una tantum, ma il taglio del cuneo fiscale al 2% fino a 35mila euro non è sufficiente”. Il sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, chiarisce così a Money.it quali dovranno essere i prossimi interventi del governo Meloni su occupazione e pensioni.
L’esponente della Lega ricorda le difficoltà di una legge di Bilancio per cui ci sono poche risorse e poco tempo, specificando che è solo “l’inizio di un percorso che si definirà meglio nei prossimi mesi ed anni”. Quindi aggiunge che probabilmente non ci sarà l’aumento in busta paga fino al 10%, come proposto dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, per chi potrebbe andare in pensione, ma decide di continuare a lavorare.
Infine apre a un allargamento del welfare aziendale per i dipendenti, ad esempio concedendo crediti d’imposta ad hoc alle società che forniscono i “fringe benefit”. Quelli del cosiddetto “bonus 3mila euro” di cui si è parlato con il decreto Aiuti quater, insomma, con la detassazione che scade però il prossimo 31 dicembre.
Per la prossima legge di Bilancio avete annunciato una stretta sul Reddito di cittadinanza, con: sospensione di sei mesi per chi non ha trovato lavoro negli ultimi 18, stop all’assegno dopo la prima offerta congrua rifiutata e durata massima del sussidio di tre anni. Per ridurre le truffe invece cosa avete in mente?
Sul Reddito dobbiamo certamente fare più controlli rispetto alla presentazione delle domande, anche con verifiche dei beni all’estero: costruiremo comunque una norma ad hoc durante il prossimo anno per contrastare i furbetti. Faremo anche una suddivisione tra abili e inabili al lavoro: stiamo verificando varie ipotesi, ma di sicuro qualcosa su questo entra nella prossima legge di Bilancio. Sicuramente, però, va rivista complessivamente la gestione del Reddito: non credo che la centralità dell’Inps possa dare risposte adeguate e capillari. Credo che, come accade ad esempio per il Rei, l’attività degli enti locali, con gli sportelli di prossimità possa già eliminare a monte alcuni furbetti, rendendo meno onerosi i controlli successivi.
Se rendete meno semplice l’accesso al Reddito, però, è necessario contestualmente aumentare i posti di lavoro. Come pensate di rendere “appetibili” per le aziende persone che spesso, per lo più per condizioni di disagio, sono poco formate o hanno un livello d’istruzione basso?
In Italia c’è bisogno di qualsiasi tipo di manodopera, bisogna però formare queste persone e fare bene il matching tra domanda e offerta. Questo è un tema fondamentale, che è mancato quando è stato costruito il Reddito di cittadinanza nel 2019 (con il governo Conte I n.d.r.): si è pensato che il solo incentivo alle aziende per tre mesi potesse bastare per far scegliere i percettori del sussidio. I centri per l’impiego non sono pronti, non hanno ancora un’organizzazione precisa e l’Anpal non ha gestito bene la fase del collocamento sul mercato del lavoro. Credo che ci sia bisogno di mettere nel sistema le agenzie private per il lavoro, che hanno già una struttura definita e possono aiutare l’incontro tra formazione e inserimento nel mondo del lavoro.
Lo si può fare subito con coloro a cui a gennaio sarà sospeso il Reddito perché non hanno trovato lavoro nell’ultimo anno e mezzo?
Assolutamente sì, ma la formazione non ci deve essere solo durante la sospensione, ma durante la percezione del sussidio. Lavoreremo per rafforzarla.
Per Quota 41 conferma un avvio sperimentale da subito con 62 anni d’età? E nella riforma complessiva attesa per il 2024 ci sarà il ricalcolo contributivo?
Nella legge di Bilancio stiamo ragionando su 41 anni di contributi e 61/62 d’età, quindi per una quota complessiva di 102 o 103. Non ci sarà nessun ricalcolo contributivo, né ora, né in futuro: io non ho mai toccato nessun centesimo delle tasche dei pensionati. Anche per Quota 100 è stato così: ci avevano detto che avremmo messo delle penalità e invece non è stato così, semplicemente meno si lavora meno contributi si versa, una cosa ovvia. Comunque durante il prossimo anno faremo un percorso per eliminare del tutto la legge Fornero, con una riforma incentrata su Quota 41 condivisa con i sindacati e messa a sistema.
E niente bonus in busta paga con aumento fino al 10% per chi resta a lavorare e non va in pensione?
Giancarlo (Giorgetti, ministro dell’Economia n.d.r.) lo aveva messo sul nostro tavolo al ministero del Lavoro, ma non credo che sarà fatto. Purtroppo è la prima volta che un governo inizia a lavorare praticamente con una finanziaria già in atto: noi sottosegretari abbiamo giurato il 2 novembre e il tempo è poco, dobbiamo fare tanto ed è difficile strutturare una cosa così importante come la manovra, purtroppo non è possibile fare tutto subito. Alcune cose le iniziamo a fare immediatamente, poi l’anno prossimo avremo più tempo e respiro per intervenire meglio.
Sui salari si parla di confermare il taglio del cuneo fiscale al 2% voluto da Draghi per i redditi fino a 35mila euro. Non è un po’ poco per combattere l’inflazione che stritola la classe media?
Stiamo lavorando, la cosa più semplice è rinnovare quanto fatto dal governo precedente. Io non credo che sia sufficiente, dico la verità: non credo che con un inflazione a doppia cifra chi percepisce fino a 45-50mila euro annui possa avere gli stipendi fermi senza beneficiare dell’aiuto del cuneo tagliato. Obiettivamente va rivisto e il ministro Giorgetti ci sta lavorando, ma partendo dal dare un segnale di continuità rispetto ad alcuni aspetti positivi dell’incremento già fatto. Dobbiamo però intervenire di più sul welfare aziendale, che può aiutare ad avere un peso specifico diverso in busta paga.
Quindi estendere la detassazione dei fringe benefit fino a 3mila euro anche nel 2023?
I fringe benefit sono una cosa importante, danno una mano ai lavoratori. Anche lì dobbiamo dare una risposta alle aziende sul credito d’imposta, così che le imprese possano essere invogliate a concedere di più questi voucher ai dipendenti.
Escludete invece nuovi aiuti una tantum contro l’inflazione come i bonus 150 e 200 euro?
Al momento non mi sembra che ci sia allo studio il rinnovo di interventi del genere: la nostra finanziaria sarà molto incentrata sul caro-bollette, la gran parte delle risorse andranno lì. Sul resto, come detto, iniziamo un percorso che si definirà meglio nei prossimi mesi ed anni.
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