I lavoratori potrebbero dire addio al bonus busta paga nel 2023 a causa di possibili problemi economici riscontrati dal Governo Meloni. Ecco cosa potrebbe accadere e perché è un rischio concreto.
Nulla è ancora certo, ma c’è il concreto rischio che i lavoratori possano dire addio al bonus in busta paga nel 2023. Questo a causa dei problemi economici che il Governo Meloni dovrà affrontare nei prossimi mesi.
Il nuovo governo, che ha prestato giuramento solo ieri mattina, 22 ottobre, si trova infatti dover fronteggiare una situazione al quanto complicata, numerosi sono i provvedimenti e decreti da rivedere e prorogare per aiutare famiglie e imprese. E tra questi c’è proprio la conferma o meno del taglio del cuneo fiscale, attuato nel 2022 dal Governo Draghi, per lavoratori con un reddito inferiore ai 35mila euro, che ha comportato un aumento degli stipendi.
E se la coalizione di centrodestra si è sempre detta favorevole a confermare lo sgravio contributivo del 2% - parlando anche di ulteriori tagli per aiutare aziende e lavoratori - è vero anche che il Governo Meloni dovrà prima vedere se ci sono le risorse.
Sono necessari 4,5 miliardi per confermare il taglio del cuneo fiscale nella prossima Legge di Bilancio. E se per la manovra di Bilancio serviranno quasi 30 miliardi, solo per le misure urgenti, al momento le risorse sono limitate. È quindi quanto mai opportuno capire perché c’è il rischio di uno stop al bonus in busta paga e quali potrebbero essere le conseguenze. Ecco tutto quello che c’è da sapere.
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Stop al bonus busta paga nel 2023, perché c’è questo rischio?
Il Governo Meloni, quindi, pur essendo favorevole alla misura attuata da Draghi nel 2022 con un taglio del cuneo fiscale del 2% e mantenendo l’aliquota contributiva lato dipendente al 7,19%, potrebbe non avere le risorse economiche per poterlo confermare nella prossima manovra di Bilancio.
Questa misura da sola costerebbe 4,5 miliardi di euro l’anno, non pochi considerando sia che per la manovra serviranno quasi 30 miliardi solamente per le misure urgenti, come quelle contro il caro energia, sia lo stato attuale delle finanze. Al momento grazie al buon andamento dell’entrate la Meloni si trova con un “tesoretto” di appena 10 miliardi, che serviranno non solo per prorogare alcune misure in scadenza a novembre ma per la manovra di Bilancio.
Nel caso in cui le risorse economiche non bastassero, l’esecutivo si troverebbe davanti a un bivio e scegliere quali misure privilegiare, rischiando di non poter confermare il taglio del cuneo fiscale.
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Stop al bonus busta paga nel 2023, quali le possibili conseguenze?
Le conseguenze nel caso in cui il Governo Meloni non fosse in grado di riconfermare il taglio del cuneo fiscale al 2% sono intuitive: le buste paga saranno più basse a partire dal 1° gennaio 2023.
Una vera e propria beffa per quei lavoratori con reddito inferiore ai 35 mila euro, i quali sono stati penalizzati dalla riforma fiscale 2022 vista l’abolizione del trattamento integrativo (ex bonus Renzi) per chi ha un reddito superiore a 15 mila euro.
Nel caso in cui non fosse confermato lo sgravio fiscale, l’aliquota contributiva lato dipendente, oggi scesa al 7,19%, tornerebbe a essere del 9,19%. E quindi un lavoratore con uno stipendio lordo di 2.000 euro si troverebbe con una riduzione di 40 euro al mese, circa di 520 euro l’anno considerando anche la tredicesima, saranno invece 650 euro annui per uno stipendio da 2.500 euro lordi mensili.
In tutto questo il Governo e le famiglie dovranno fare i conti con un’inflazione che aumenta e la conseguente perdita del potere d’acquisto delle retribuzioni, ferme ormai da quasi 30 anni se non addirittura diminuite. Insomma la premier Meloni e il suo esecutivo si trovano davanti a una sfida di certo non semplice, soprattutto se oltre a confermare la misura, l’obiettivo originario era quello di apportare ulteriori tagli al cuneo fiscale. Non resta che attendere la prossima Legge di Bilancio, tutto dipenderà se questo Governo troverà un modo per aumentare le risorse economiche,
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