Taglio tassi Bce? Ora il problema sono i salari (che non devono salire)

Violetta Silvestri

19/01/2024

I salari sono ora osservati attentamente dalla Bce: perché non devono salire e cosa minacciano stipendi in rialzo nella lotta all’inflazione? Cosa può accadere in Europa.

Taglio tassi Bce? Ora il problema sono i salari (che non devono salire)

La Bce ha un problema nella lotta all’inflazione ed è la crescita dei salari, che ora possono compromettere l’atteso percorso verso il taglio dei tassi.

Questa analisi non è una novità e il motivo risiede nella pura logica economica: gli aumenti in busta paga fanno salire i costi per le imprese e crescere il reddito delle famiglie. Ma entrambi i fattori potrebbero spingere al rialzo i prezzi e richiedere alla Bce di mantenere i tassi elevati.

La spirale prezzi-salari è una trappola per la strategia della Banca centrale in cerca di un allentamento della sua politica, ma l’aumento delle buste paga rappresenta allo stesso tempo uno spiraglio di speranza per i consumatori, finora colpiti da un’inflazione alle stelle che ha eroso il potere di acquisto.

Con queste premesse, l’attenzione di analisti e politici è su come Lagarde e gli altri membri della Bce valuteranno i movimenti salariali nel’ambito della loro politica sui tassi e se stipendi più dignitosi saranno effettivamente un ostacolo alla lotta all’inflazione.

Il “problema” salari minaccia la Bce: cosa può accadere?

I lavoratori in Europa sperano che la tornata di rinnovamento degli accordi salariali di quest’anno aiuti a ripristinare i redditi colpiti dalla crisi inflazionistica. L’atteso aumento del loro potere d’acquisto, però, potrebbe ostacolare gli sforzi della Banca centrale europea per riportare l’inflazione al livello target.

Il punto chiave della questione è il seguente: si prevede una crescita delle buste paga in tutta la zona euro del 4,6% quest’anno, molto più del ritmo del 3% che considera coerente con l’inflazione al suo obiettivo del 2%.

Accordi per stipendi più elevati rappresenterebbero un rischio per i tagli dei tassi di interesse che i mercati finanziari scommettono inizieranno ad aprile e che secondo esponenti Bce potrebbero invece cominciare a giugno.

L’Eurotower osserva attentamente l’Indeed Wage Tracker che traccia gli aumenti salariali medi annui ponderati in 6 Paesi. A dicembre l’indicatore è salito al 3,8% dal 3,7%, sebbene fosse ben al di sotto del picco del 5,2% registrato nell’ottobre 2022, quando l’inflazione era al suo picco.

Lydon e Pawel Adrjan di Indeed hanno affermato che il rialzo di dicembre è stato probabilmente guidato da nuovi accordi salariali, un effetto che hanno visto continuare all’inizio del 2024 con la conclusione di ulteriori accordi e l’avvio di aumenti del salario minimo.

Un’analisi attenta mostra che esistono divergenze tra i diversi Paesi. A dicembre, per esempio, la crescita annuale dei salari ufficiali nei Paesi Bassi è stata del 5,6%, un massimo storico e il tasso di crescita più alto tra tutti i singoli Paesi monitorati.

La crescita annuale dei salari è salita al 4,4% e allo 0,6% rispettivamente in Germania e Italia, ma è rimasta al di sotto dei picchi del 2022. Anche in Francia, Irlanda e Spagna ha registrato livelli al di sotto dei tassi di picco, essendo rallentata rispettivamente al 3,7%, 3,9% e 5,2%.

Dopo aver visto i loro stipendi reali diminuire di circa il 5% nel 2022-23 – e decenni in cui il lavoro ha perso la sua influenza – i lavoratori sono però pronti a combattere. I giganti statunitensi Tesla e Amazon sono tra le aziende già alle prese con scioperi in Europa per richiedere buste paga più consistenti. Il 2024 si preannuncia un anno caldo e cruciale per questo aspetto.

L’ondata di aumenti degli stipendi che allerta la Bce

I salari sono già aumentati del 4,5% per i dipendenti dei negozi spagnoli di Carrefour e IKEA e del 5,0% per i lavoratori della società energetica francese TotalEnergies e per il 6,6% per i ferrovieri olandesi. La tariffa oraria minima degli autisti francesi di Uber è cresciuta del 17,6%.

Nel frattempo i salari minimi sono stati alzati del 3,4% in Germania, del 3,8% nei Paesi Bassi e del 5,0% in Spagna.

I dipendenti del gruppo statale francese EDF chiedono un aumento salariale del 6% altrimenti sarà sciopero, mentre alcuni ferrovieri tedeschi hanno rifiutato un rialzo dello stipendio dell’11%, distribuito nel tempo, perché pretendevano una settimana lavorativa più breve.

Lavoratori di Amazon in Spagna hanno scioperato durante le cruciali festività natalizie e Tesla ha dovuto affrontare blocchi nei Paesi nordici volti a farle firmare un accordo di contrattazione collettiva in Svezia.

“Al momento le condizioni economiche sono ovviamente favorevoli al rafforzamento della posizione contrattuale dei sindacati”, ha detto Torsten Mueller, ricercatore presso l’istituto dei sindacati.

Tuttavia Lucio Baccaro, anche lui professore al Max Planck Institute, ha affermato che tale “militanza salariale” potrebbe essere un boomerang se spingesse la Bce a mantenere i tassi di interesse più alti per frenare la domanda.

Cosa aspettarsi?

Finora ci sono pochi segnali di una spirale salari-prezzi, come ha sottolineato il policymaker della Bce Mario Centeno.

La maggior parte degli economisti si aspetta che questa volta le aziende assorbiranno i costi salariali più elevati, anche a causa delle prospettive complessivamente stagnanti per l’economia europea.

“Dato che la domanda aggregata è più depressa ora che nel 2022-2023, anche a causa degli aumenti dei tassi, le aziende potrebbero essere più disposte a consentire che ciò accada [aumento salari] per aumentare le vendite”, ha affermato Mattias Vermeiren, professore all’Università di Gent.

Ma gli ultimi accordi salariali hanno rafforzato la fiducia degli investitori nel fatto che una maggiore crescita salariale sia destinata a durare. Con il crescente protezionismo commerciale che riduce l’accesso delle aziende a mercati del lavoro più economici, ciò indica un aumento dell’inflazione e dei tassi.

Tom O’Hara, portfolio manager delle azioni europee di Janus Henderson, ha riferito a Reuters che il lavoro e, ad esso correlato, la deglobalizzazione sono due delle ragioni più forti per ritenere che l’inflazione persista in un modo tale da significare che i tassi non possono semplicemente tornare a zero

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