Anche i medici di base e i pediatri di libera professione potranno effettuare il tampone rapido ai propri pazienti. Ecco da quando e come funziona il test.
Arriva l’accordo che consentirà ai medici di base e ai pediatri di libera professione di effettuare i tamponi ai propri pazienti. Il Governo annuncia di aver stanziato 30 milioni di euro nel decreto Ristori da destinare all’esecuzione dei tamponi rapidi presso i medici di base, con l’obiettivo di rafforzare le attività territoriali di diagnostica di primo livello e di prevenzione della trasmissione di Sars-Cov-2. Nel documento si legge infatti:
“Al fine di sostenere ed implementare il sistema diagnostico dei casi di positività al virus SARS-CoV-2 attraverso l’esecuzione di tamponi antigenici rapidi da parte dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta, secondo le modalità definite dagli Accordi collettivi nazionali di settore, è autorizzata per l’anno 2020 la spesa di euro 30.000.000”.
Con questa decisione saranno effettuati 2 milioni di tamponi rapidi in più senza sovraccaricare ulteriormente il sistema sanitario, già fortemente provato dall’incremento dei contagi degli ultimi giorni. Il provvedimento sarà obbligatorio per tutti i medici, secondo quanto riportato al termine del vertice il 100% dei sindacati dei pediatri ha aderito all’iniziativa mentre quelli dei medici di base si sono limitati ad un 70%, l’accordo ha tuttavia un valore “erga omnes”, adesso si attendono gli accordi regionali con sui saranno rese note le modalità organizzative.
Tampone rapido da medico di base: quando e come funziona
L’accordo prevede che i cittadini possano rivolgersi al proprio medico di base o al pediatra per effettuare il tampone nel caso in cui si siano verificate delle particolari situazioni, nello specifico:
- Si abbiano avuti dei contatti stretti con persone asintomatiche individuate dal medico o individuati e segnalati dal Dipartimento di Prevenzione in attesa di tampone rapido;
- Nel caso in cui il medico si trovi a dover visitare un paziente sospetto COVID;
- Al termine dell’isolamento di 10 giorni avvenuto in seguito ad un contatto stretto con un paziente asintomatico, identificato in base alla lista trasmessa dal Dipartimento di Sanità Pubblica/Igiene e Prevenzione al medico.
Sarà compito del medico che effettua il test, registrare la prestazione eseguita e il risultato ottenuto sulla piattaforma messa a disposizione dalla Regione. Qualora l’esito del tampone dovesse essere positivo, il medico dovrà comunicarlo anche al Servizio Sanità Pubblica/Igiene e Prevenzione della propria Azienda/Agenzia, ed esortare il paziente all’isolamento fiduciario in attesa dell’esito del tampone molecolare.
Il medico potrà rifiutarsi di effettuare il test solo nel caso in cui non disponga dell’adeguata attrezzatura di protezione individuale, tra cui mascherine, visiere e camici, che in ogni caso sarà fornita dallo Stato. L’accordo prevede anche il coinvolgimento dei medici di continuità assistenziale, di medicina dei servizi, e dei medici dell’emergenza sanitaria territoriale oltre che a che prestano servizio in altre strutture organizzative dell’assistenza territoriale.
Quanto costerà fare il tampone?
Il tampone rapido dovrebbe portare un indennizzo di 18 euro al medico nel caso in cui venga svolto nello studio privato, e di 12 euro se la somministrazione avviene all’interno di una struttura dell’ASL.
Il costo tuttavia non sarà a carico del cittadino, che potrà effettuare il test in modo completamente gratuito, gli oneri economici infatti saranno interamente a carico dello Stato, che si impegna anche a fornire ai medici di medicina generale tutti i dispositivi di sicurezza da utilizzare con i pazienti sospetti COVID.
I dubbi sull’accordo
L’accordo non ha convinto tutti, tanto che il presidente dell’Ordine dei medici di Milano, Roberto Carlo Rossi, anticipa una possibile “rivolta dei condomini”:
“Non so cosa verrà fatto qui in Lombardia, come ci si organizzerà, ma posso assicurare che in contesti come gli studi nei condomini, specie in realtà urbane come Milano e hinterland o Brescia, questa cosa è semplicemente impossibile”.
Diversi sindacati avevano infatti richiesto che l’adesione al progetto avvenisse su base volontaria, e chiedevano una modifica del testo. Secondo molti medici infatti questa procedura richiederebbe un’organizzazione complessa e non completamente sicura né per gli assisti, né per i medici.
Quello che non convince la FP CGIL medici sono i numeri, il segretario nazionale Andrea Filippi infatti afferma che:
“Due milioni di test da distribuire entro fine anno a 53 mila medici di famiglia su tutto il territorio nazionale significa che ogni singolo professionista farà 1 solo tampone al giorno. Ci si chiede se valeva per davvero la pena di organizzare tutto questo per un risultato così piccolo”.
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