Ci sono 5 motivi almeno per osservare con attenzione i mercati la prossima settimana: cosa può sconvolgere le Borse verso l’instabilità finanziaria? Un’analisi.
Instabilità finanziaria in arrivo? La risposta in 5 punti che riflettono altrettanti fattori ed eventi cruciali per i mercati e attesi la prossima settimana.
Dalle azioni alle criptovalute fino alle materie prime, soprattutto il petrolio, gli asset osservati dagli investitori continuano a oscillare in balia delle aspettative sui tassi, dell’evoluzione delle guerre in corso, dei dati macro in uscita e relativi specialmente alle grandi potenze quali Usa, Cina, Eurozona.
Con uno sguardo attento sulle elezioni politiche, sull’escalation dei conflitti ucraino e in Medio Oriente, sull’andamento dell’inflazione, i trader cominciano a dubitare di un’euforia dei mercati duratura. Un terremoto finanziario può ancora sconvolgere Borse e non solo, per almeno 5 fattori.
1. Boom Bitcoin
Bitcoin ha raggiunto un nuovo massimo storico sopra i 69.000 dollari. La regina delle crypto è tornata così al punto in cui si trovava nel novembre 2021, quando i tassi erano bassi e “blockchain” era di gran moda.
Quel boom del 2021 è stato seguito da un “inverno cripto” carico di fallimenti e collassi delle più grandi aziende di criptovalute che hanno bruciato milioni di soldi. Vari dirigenti sono stati colpiti da accuse penali e le autorità di regolamentazione hanno intensificato i loro avvertimenti sui rischi.
Attualmente si assiste a una nuova ondata di entusiasmo nei confronti della valuta digitale. Nessuno sa con certezza cosa stia trainando i guadagni, anche se gli analisti sottolineano i miliardi di dollari che sono confluiti negli ETF spot su Bitcoin lanciati quest’anno.
I fan delle criptovalute affermano che il settore è maturato, ma i banchieri centrali e i regolatori sono ancora diffidenti. Ora gli investitori si chiedono quanto potrà ancora crescere il boom del Bitcoin e se ci si può davvero fidare senza assistere allo scoppio di una bolla.
2. C’è troppo petrolio?
L’equilibrio tra domanda e offerta di petrolio non c’è e i prezzi del greggio hanno chiuso in ribasso dell’1% venerdì 8 marzo. Le quotazioni sono scese ancora di più nel corso della settimana poiché i mercati sono rimasti cauti nei confronti della debole domanda cinese nonostante il gruppo di produttori OPEC+ abbia esteso i tagli all’offerta.
Secondo S&P Global Commodity Insights, le importazioni di petrolio in Cina sono diminuite di circa il 5,7% a 10,8 milioni di barili al giorno nei primi due mesi dell’anno, rispetto agli 11,44 milioni di barili al giorno di dicembre.
“La grande esplosione della ripresa della domanda cinese continua a non avere successo e senza di essa, sarà difficile per questi prezzi sostenersi e riprendersi ulteriormente e riportare il WTI sopra gli 80 dollari”, John Kilduff, socio fondatore di Again Capital, ha detto alla CNBC.
I mercati petroliferi si sono concentrati anche sui segnali sui tempi di possibili tagli dei tassi negli Stati Uniti e nell’Unione Europea. Tassi di interesse più bassi potrebbero aumentare la domanda di petrolio stimolando la crescita economica.
Intanto, un alto funzionario dell’Agenzia internazionale per l’energia, ha detto a Reuters questa settimana che il mercato petrolifero dovrebbe essere relativamente ben fornito quest’anno. I prezzi del greggio continueranno a essere monitorati, con i riflettori ben accesi sul Medio Oriente e potenziali escalation di violenza (o coinvolgimento più massiccio di Libano e Iran).
3. Inflazione Usa in primo piano
Il rapporto sull’inflazione statunitense di martedì prossimo potrebbe aiutare a rispondere a una delle domande chiave che incombono sui mercati: quando la Fed potrà iniziare a tagliare i tassi di interesse?
Si prevede che l’indice dei prezzi al consumo per febbraio aumenterà dello 0,4%, dopo che a gennaio è cresciuto dello 0,3% e più rapidamente del previsto.
Gli investitori hanno ridimensionato le aspettative per il numero di tagli dei tassi di interesse nel 2024 a causa delle persistenti preoccupazioni sulla forza dell’economia che riaccenderebbe l’inflazione. Jerome Powell ha detto al Congresso nei giorni scorsi che le riduzioni dei tassi saranno ancora “probabilmente appropriate” entro la fine dell’anno, se i funzionari acquisiranno maggiore fiducia nel costante calo dell’inflazione.
4. Cina e crescita
Gli investitori sino ancora piuttosto cauti sulle promesse della Cina avanzate nel Congresso nazionale del popolo, durato una settimana. Pechino ha annunciato un obiettivo di crescita stabile e come previsto del 5% per il 2024, ma non ha spiegato quali stimoli avrebbe messo in campo per far ripartire l’economia.
Il settore immobiliare in crisi potrebbe peggiorare anziché migliorare, con le obbligazioni dell’impresa immobiliare sostenuta dallo stato Vanke che hanno subito una brusca svendita. I prezzi delle nuove case potrebbero scendere ulteriormente quest’anno poiché le misure di sostegno finora hanno avuto un impatto limitato, con gli ultimi dati previsti per il 15 marzo.
C’è un potenziale per allentare la politica monetaria, perché sebbene i tassi di interesse cinesi siano già bassi rispetto a quelli statunitensi, il contesto deflazionistico implica che i tassi reali potrebbero scendere. I dati sull’inflazione del 9 marzo offriranno nuovi indizi sulla durata di questa tendenza.
5. Le elezioni del Portogallo sono importanti
Nell’anno record per la quantità di Paesi chiamati alle urne, è il turno del Portogallo. Il Paese terrà le sue seconde elezioni anticipate in due anni. In passato, tale incertezza e instabilità politica avrebbero innervosito gli investitori.
Eppure il premio richiesto per detenere obbligazioni portoghesi rispetto a quelle tedesche con il rating più elevato è al più basso da un anno, circa 134 pb. Il sentiment nei confronti del debito portoghese (e dell’Europa meridionale) è positivo.
L’agenzia di rating S&P Global ha appena alzato il rating del Portogallo da «BBB+» ad «A-» citando un miglioramento delle prospettive del debito e affermando che un cambiamento nel governo non dovrebbe alterare tale traiettoria.
Quindi si tratta di un’elezione insignificante? Secondo alcuni osservatori non è affatto così. È improbabile che il voto di domenica produca un chiaro vincitore. Si prevede che l’estrema destra otterrà il 15-20% dei voti, diventando forse il kingmaker. Con le elezioni europee di giugno, il crescente successo dell’estrema destra e l’impatto del populismo sono aspetti da tenere d’occhio.
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