Gli impianti possono essere regalati, pagati attraverso prestiti agevolati o costruiti attraverso varie partnership. Ecco come funziona la diplomazia degli stadi della Cina.
Dalla Mongolia al Camerun, dalla Bielorussia alla Costa Rica, passando per Laos, Cambogia e Guinea Equatoriale. Sono sempre più numerosi i Paesi che ospitano uno stadio costruito o finanziato in larga parte dalla Cina.
A prima vista può sembrare una perdita di tempo passare in rassegna gli impianti sportivi made by China. Al contrario, questo semplice esercizio è utilissimo per capire a che punto è arrivato il soft power del Dragone. Già, perché aiutando i governi dei Paesi in via di sviluppo e del Sud del mondo, - o comunque nazioni alleate - ad edificare moderne cattedrali del pallone, utilizzabili anche per gare di atletica o altri eventi, Pechino ottiene nuovi amici, rinsalda i rapporti con presidenti e primi ministri stregati dal modello cinese, accresce la propria immagine a livello globale.
Uno stadio vale tantissimo, sicuramente molto più dei milioni e milioni di dollari spesi dalle aziende di Stato del gigante asiatico per gettarne le fondamenta e plasmarne gli spalti. Uno stadio, infatti, vale il riconoscimento diplomatico di questioni scottanti; vale un pass privilegiato per intrattenere rapporti commerciali strategici; vale la possibilità di proiettare la propria influenza a latitudini altrimenti distanti migliaia e migliaia di chilometri. [...]
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