Che tipo di trading fanno le banche? Vediamo insieme come le “mani forti” operano sul mercato .
Ci troviamo di fronte a un interrogativo veramente importante, ossia come operano le banche nei mercati finanziari? Che tipo di operatività hanno? Ovviamente quello che andiamo ad affrontare è un ramo del trading bancario, forse il più sviluppato, che in molti trader retail non sanno.
Sapere che molte banche operano in questo modo va a sfatare dei falsi miti circa l’operatività di quelle che vengono definite “mani forti”, ossia coloro che grazie alla loro potenza di fuoco sul mercato riescono in un certo senso a manovrarlo, non c’è cosa più falsa e lo andremo a vedere ora.
Il mito delle “mani forti”
Le mani forti che muovono il mercato, una sorta di forza oscura che manovra il mercato a suo piacimento e che fa arricchire i soliti che “sanno” qualcosa in più del povero trader retail. Questo pensiero, assolutamente dannoso e deresponsabilizzante, è purtroppo un cliché che fa parte del mondo del trading retail, soprattutto per coloro che hanno iniziato a fare trading e non riescono a spiegarsi cosa succede sul mercato. Partiamo dal presupposto che i mercati finanziari, soprattutto quelli regolamentati, sono difficilmente manipolabili per la mole di volumi e di operatori presenti in esso e che hanno diverse esigenze circa gli obiettivi delle loro negoziazioni.
Un fondo pensione avrà delle esigenze diverse rispetto a un hedge fund o rispetto a un trader retail, perciò questa è la condizione principale per cui c’è liquidità all’interno del mercato e i prezzi continuano a muoversi ogni centesimo di secondo, una vera e propria fortuna considerando che fino a 30 anni fa si operava con il mercato alle grida e il mercato era più illiquido. In sostanza, la moltitudine di operatori non consente una manipolazione dei prezzi e pertanto la credenza della mano forte sul mercato è assolutamente infondata e paragonabile a una leggenda.
Quello che alcuni traders identificano con “mani forti” non sono nient’altro che accumuli di domanda od offerta complessiva del mercato e non delle vere e proprie manipolazioni dei prezzi. Ci sono stati casi di alcuni istituti bancari che per mezzo di traders hanno manipolato il mercato, ma si tratta di operazioni che sono durate pochissimi secondi e soprattutto su mercati inaccessibili ai trader retail, come ad esempio il mercato dei tassi di interesse. In sostanza, è tutto sensazionalismo. Andiamo a vedere quindi come opera un trader bancario.
leggi anche
Trading: analisi tecnica o analisi fondamentale?
Il Trading nelle Banche d’Affari
Dopo il 2008 abbiamo visto un radicale cambiamento del settore bancario. Come detto in un precedente articolo, il trading bancario era molto più propenso al rischio tant’è che c’era il settore “Prop Trading” che faceva da prima linea sui mercati alla ricerca di generare alfa sui portafogli complessivi delle banche. Dal 2008 in poi questo settore è stato decimato, vuoi il calo di liquidità, vuoi i requisiti patrimoniali più stringenti, le banche hanno preferito ristrutturare tutto il ramo trading in modo diverso, con un’avversione al rischio più stringente dando il via a una fuga molto importante di traders talentuosi dal ramo bancario verso family offices e fondi hedge.
Di che figura stiamo parlando? Parliamo dei “Sales Trader”. Questi trader fanno attività di market making, ossia vendono strumenti ai loro clienti più facoltosi, in base alle loro esigenze e alle proprie disponibilità. Questi trader cosa fanno? Davanti al loro terminale, comprano strumenti che possono essere rivenduti ai loro clienti, oppure comprano prodotti specifici per conto del cliente guadagnando con un margine di negozazione. Più questo trader fornisce liquidità al mercato, quindi più negoziazioni fa e più il trader guadagna. Il rischio assunto dal trader è molto contenuto in quanto il trader esegue ordini che già sa che andranno a soddisfare il proprio cliente. Ovviamente questo trader non solo ha un portafoglio clienti, bensì è in contatto con altri traders di altre banche (tramite Squawk Box), il tutto per riuscire a negoziare strumenti anche con altre banche e in un certo senso contribuire alla liquidità del mercato. Per fare un esempio, immaginiamo un cliente che cerca dei titoli da comprare e chiama la sua banca.
Il trader viene messo in contatto con il cliente e una volta preso l’ordine, il trader cerca la controparte migliore per il suo cliente. In questo processo il trader guadagna un margine di negoziazione. Come si può notare, la speculazione vera e propria è lasciata da parte, anzi, questa attività è più simile a un arbitraggio che ad altro. Ma come mai un cliente di una banca contratta un trader? Molto semplice, per via dei volumi di scambio elevati e per la liquidità (appunto Market Making).
Immaginiamo un cliente molto facoltoso che ha bisogno di acquistare sul mercato 10 milioni di dollari in azioni: se immettesse direttamente un ordine a mercato potrebbe muovere i prezzi nel breve ed essere accusato di manipolazione di mercato da parte della autorità, perciò meglio chiamare un trader che gli fa da controparte immediatamente per un ammontare importante, pagare una commissione ed eseguire la restante parte direttamente a mercato. Sembra un po’ complesso, ma di base il trader non fa altro che gestire il rischio delle posizioni che i clienti chiedono siano eseguite.
leggi anche
Prop trading: cos’è e come funziona
In conclusione
I traders bancari svolgono un lavoro importantissimo, ossia fornire liquidità al mercato e far scambiare ingenti quantità senza che il mercato subisca dei piccoli shock che potrebbero creare danni al sistema finanziario nel lungo termine. L’attività che svolgono è principalmente quella di market making, ossia cercare controparti ed eseguire ordini, appunto creano un mercato, fanno incontrare domanda e offerta. La leggenda delle mani forti è assolutamente infondata e i trader bancari, che nell’immaginario collettivo sono visti come degli abili speculatori, non sono assolutamente un pericolo per il sistema finanziario, anzi è un bene che ci siano. In sostanza, la loro attività è sì speculativa (guadagno sui margini di commissione) ma non è assimilabile all’attività di speculazione pura come può essere quella di un hedge fund o di un family office.
© RIPRODUZIONE RISERVATA