La transizione energetica sarà abbastanza veloce da evitare gli scenari catastrofici prospettati dalla comunità scientifica? Che ruolo avrà la fusione nucleare?
La domanda chiave è: la transizione energetica sarà abbastanza veloce da evitare gli scenari catastrofici prospettati dalla comunità scientifica? Più semplicemente, faremo in tempo?
Una cosa è certa la fusione nucleare non darà nessun contributo al processo di decarbonizzazione che ha come target il 2030 con taglio delle emissioni di gas che alterano il clima al 55% e saldo zero al 2050.
La fusione nucleare: rinnovabile delle rinnovabili
Il Ministro della Transizione energetica ha classificato la fusione nucleare come “la rinnovabile delle rinnovabili" omettendo di considerare che tra le varie criticità c’è la questione della radioattività generata anche se a basso tempo di decadimento.
Forse un giorno e comunque non prima del 2050, se tutto andrà bene, il sogno dell’uomo di avere energia illimitata e a basso prezzo si realizzerà. La fusione nucleare che si tenta di realizzare, solo come meccanismo, è uguale a quella che si verifica nel sole e nelle stelle per generare calore, luce, energia. Il principio di base è ottenere energia unendo due elementi leggeri.
L’unione si realizza avvicinandoli a una distanza di un millesimo di miliardesimo di millimetro. Questa condizione limita la possibilità della fusione a elementi leggerissimi come i “cugini” dell’idrogeno, cioè il deuterio e il trizio, tramite i quali si ottiene l’elio, e particelle nucleari dette neutroni, in cui è presente la maggior parte dell’energia da fusione (80%).
Il trizio, radioattivo, è prodotto bombardando con neutroni un isotopo del litio (Litio 6). Nel processo di fusione si produce materiale radioattivo ovvero materiali attivati dai neutroni, materiali contaminati (berillio e tungsteno), prodotti di corrosione, tritio e sue miscele.
Dopo 100 anni dalla dismissione 80% dei materiali sono “puliti” e riutilizzabili. Nella reazione di fusione una parte degli elementi che si fondono è convertita in energia. Un grammo di deuterio genera 100 mila KWh, equivalenti al calore sviluppato da 70 litri di benzina, o due tonnellate e mezzo di carbone.
La scelta degli “ingredienti” (deuterio e trizio) nella reazione è dipesa da parametri quali l’energia minima per far avvenire la reazione (energia di soglia), e la probabilità con la quale i due elementi possono “fondersi” su un’area prefissata (sezione d’urto).
Fusione: come si realizza?
L’innesco della reazione avviene a una temperatura minima di 80 milioni di gradi. A tale temperatura la materia assume lo stato di plasma che corrisponde a una situazione in cui i componenti elementari della materia sono separati, ed è indicato come quarto stato della materia, oltre il gassoso, il liquido e il solido.
Esistono due tecniche per realizzare la fusione: l’inerziale e la termo-controllata. Lo stato di plasma è presente sulla terra nei fulmini e nelle aurore boreali, ma è diffusissimo nell’Universo, dove rappresenta il 99% della materia conosciuta.
Le altissime temperature obbligano a confinare il plasma all’interno di un contenitore senza farlo venire a contatto con altri oggetti.
Il plasma subisce l’azione di un campo magnetico, che obbliga le particelle a seguire un percorso prestabilito, evitando cosi eventuali contatti con altri oggetti.
Le prime apparecchiature per la realizzazione della fusione risalgono agli anni ’50 e vennero chiamate Tokamak (ciambella). La fusione nucleare può essere realizzata anche mediante la compressione, colpendo gli elementi da fondere con dei potenti raggi laser.
In Francia, a Cardache, con un investimento di 14 miliardi di dollari nel reattore sperimentale ITER (International Thermonuclear Experimental Reactor) a una temperatura di 116 milioni di gradi, si prevede di ottenere una potenza termica di 500 mila kW, contro i 50 necessari al suo funzionamento per 10 minuti.
Nell’ipotesi di soluzione positiva dei numerosi problemi che presenta la fusione, si stima che un milione di Kw richiedono 100 kg di deuterio e 3 tonnellate di litio. Una centrale a carbone, di pari potenza, consuma in un anno 1,5 milioni di tonnellate di combustibile.
ITER è un reattore sperimentale, con l’obiettivo di dimostrare la fattibilità scientifica e tecnica di produzione di energia da fusione, e aprire la strada alla progettazione d’impianti commerciali.
Nell’ipotesi di una soluzione positiva avremo il Kwh da fusione non prima del 2050. Prevista nel dicembre 2025 l’accensione del primo plasma nel tokamak di Iter.
Tokamak i cui magneti superconduttori servono a confinare i nuclei di deuterio e trizio idrogeno riscaldati fino a 100 milioni di gradi. In questo stato di plasma, gli atomi si fondono l’uno con l’altro formando atomi di elio, proprio come avviene nel sole.
La fusione nucleare libera l’energia che un domani potrà venire convertita, negli impianti di nuova generazione, in elettricità pulita. ITER è solo un passaggio intermedio. Se tutto andrà bene, a ITER sarà seguito da Demo (DEMOnstration) il primo prototipo di reattore a fusione nucleare, che predisporrà la filiera di reattori commerciali capaci di trasformare l’energia della fusione nucleare in energia elettrica. Ma non prima della metà di questo secolo.
Un “passaggio” importantissimo per fare progressi e arrivare a DEMO è l’esperimento DTT, (Divertor Test Tokamak), al momento progettato e sarà realizzato a Frascati. Fornirà insieme agli altri esperimenti operanti in tutto il mondo nei prossimi anni informazioni molto preziose.
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