Intervista a Pierfrancesco Angeleri, managing director di Wolters Kluwer Tax & Accounting Italia sull’innovazione e la trasformazione digitale, quella vera, di professionisti e Pmi italiane.
Quello che vi proponiamo è un viaggio circolare nella trasformazione digitale di aziende e professionisti: la storia, il presente, il futuro.
Un cammino che alla fine ci riporta al punto da cui si parte, ossia il mondo che è composto da quei professionisti e Pmi italiane che vogliono crescere e che possono farlo solo se mantengono vivo il loro DNA.
Un percorso che facciamo insieme a Pierfrancesco Angeleri. Oltre a essere managing director di Wolters Kluwer Tax & Accounting Italia, Angeleri è un manager di lungo corso, che ha contribuito alla storia dell’innovazione tecnologica italiana e non a caso è anche presidente di Assosoftware.
Lo abbiamo intervistato a cuore aperto e mente libera, facendo un viaggio che non cerca ostacoli, e se li trova li supera, per indicare che è nel digitale che le strade di professionisti e Pmi si incrociano già oggi e dovranno proseguire in futuro.
Alle radici della trasformazione digitale
Dal cloud ai software gestionali, per arrivare all’intelligenza artificiale e anche alla moneta digitale, il percorso di trasformazione digitale dei professionisti italiani come i commercialisti e i revisori contabili (e con loro delle Pmi a cui rendono servizio) è quello che ha maggiore tradizione nell’economia italiana.
Ed è quello che è partito prima di tutti gli altri. Per caso? Per merito? Per coercizione? Forse tutto questo assieme.
Sta di fatto, che, come ha detto Pierfrancesco Angeleri,
«l’Italia è stato un paese antesignano nell’automazione dei processi fiscali, per poter avere strumenti che permettessero di ridurre elusione fiscale. Il fisco telematico, introdotto in Italia negli anni 90, è stato un eccellente driver di trasformazione, che ha accostato la tecnologia a una categoria fino ad allora poco permeata dall’ICT».
Trasformazione digitale, un professionista solo al comando
Parliamo dunque di tre decenni fa, quando ancora il termine trasformazione digitale non era stato coniato. Parliamo, però, di un ottimo livello raggiunto, quanto a strumenti di automazione da parte della categoria.
È stata, non fatica ad ammetterlo Pierfrancesco Angeleri, un’evoluzione guidata dalla normativa, dallo Stato, che ha imposto i progressi all’automatizzazione dei processi.
La conseguenza di questo è che
«i software sono entrati negli studi trent’anni fa, prima addirittura che nelle imprese».
Tuttavia l’adozione è stata più passiva che attiva, orientata dall’alto, da una decisione normativa.
Il professionista ha adottato il sistema obtorto collo, vedendolo come elemento cogente, a cui, scontato dirlo, ha associato un dovere e, quindi, un costo.
Professionista: il tempo del cambiamento
Nell’ultima decade, però, è avvenuto un processo di cambiamento, dovuto al fatto che per il commercialista la professione è cambiata. La sua attività di esecuzione degli adempimenti è diventata una forma di commodity.
Il professionista ha allora cercato vie diverse per avere redditività, andando nella direzione di essere un consigliere delle Pmi.
Concetto, questo, che peraltro era già presente nel DNA del professionista, sin dagli inizi, ma che il peso degli adempimenti telematici aveva messo in ombra.
«Oggi che gli adempimenti hanno un peso inferiore, un impatto valoriale limitato, il commercialista torna al passato, riproponendosi alle imprese come guida, come consigliere».
E qui si inserisce il ruolo della tecnologia, che secondo Pierfrancesco Angeleri va ripensata. Perché gli strumenti informatici per la creazione di servizi a valore ancora oggi sono in una prima fase di sviluppo e adozione.
«Si apre una nuova prateria per tutte le aziende che fanno software per gli intermediari: si tratta di creare soluzioni per fare del professionista un fornitore di servizi a valore aggiunto, l’anima di una vera e propria service company».
I fattori di spinta per il professionista
Pierfrancesco Angeleri deve però ammettere che non tutti i professionisti hanno la capacità di lanciarsi nel mondo dei servizi:
«il livello di adozione non è alto. La categoria sente avvicinarsi una minaccia, ma non ha ancora la giusta convinzione a muoversi. Sconta il fatto che il mondo degli adempimenti ha creato una comfort zone da cui è difficile uscire».
Difficile, ma non impossibile. Di stimoli, di spinte, ce ne sono state e ce ne sono.
Una, nel pre-pandemia, è stata la legge della crisi di impresa, un’ottima occasione secondo Angeleri per dotarsi di soluzioni atte a consentire di valutare l’andamento di un’azienda cliente, a 360 gradi.
La fatturazione elettronica, poi, è stato un ottimo strumento per dire ai professionisti che potevano guardare il cliente in modo diverso, attraverso gli “occhiali” rappresentati dai dati.
Qui il commercialista evoluto è stato colui che ha capito che era al cospetto di un momento importante nella sua trasformazione: poter capire i meccanismi di un’azienda con le informazioni raccolte.
Ma tutto questo non toglie che se ci fossero ancora sistemi di incentivazione alla trasformazione digitale, come è stato il caso di Industria 4.0, le cose andrebbero meglio:
«con Assosoftware stiamo elaborando la richiesta di un elemento normativo che possa aiutare a introdurre strumenti idonei a creare valore da parte dei professionisti per le imprese. E con il garante della privacy stiamo lavorando a un codice di comportamento per consentire l’utilizzo in modo anonimo dei dati di fatturazione elettronica per sviluppare tool e strumenti analitici da mettere a disposizione dei professionisti».
Cloud nel futuro e dimentichiamoci il menù a tendina
In attesa che gli incentivi strutturali prendano forma bisogna continuare a fare la trasformazione digitale del mondo professionale e imprenditoriale con gli strumenti che si hanno a disposizione.
E che non sono da poco. Come il cloud, che ha saputo già imprimere una svolta decisa al tempo della pandemia.
Il cloud sta diventando uno strumento importante per i professionisti e le Pmi perché impone il cambiamento delle interfacce: è una spinta intrinseca alla modernità.
Come dice Angeleri,
«la spinta a rinunciare alle applicazioni on premise per andare verso quelle in cloud c’è stata, il concetto è passato. Il cloud è uno stimolo forte a cambiare le vecchie applicazioni a tendina, ad avere applicazioni con interfaccia moderna. Comunque ricordiamoci il cloud è uno strumento, è un modo di esercitare, di utilizzare un’applicazione. Non può essere l’elemento che trasforma il business di un intermediario».
Il cloud aiuta l’impresa, quindi, ma rimane uno strumento in mano all’imprenditore, al professionista che deve decidere di utilizzare applicazioni diverse.
«Il cloud è un fattore abilitante la trasformazione: è una vitamina, l’organismo ci deve mettere del suo».
L’ERP e la semplicità della completezza
Il complemento a uno del cloud è l’ERP, il gestionale. Le imprese produttive si affidano sempre più a gestionali che tendono alla convergenza tra gestione e produzione.
E in questo percorso di trasformazione il commercialista diventa consulente principale per le Pmi, ha un ruolo attivo, svolge una funzione di stimolo e sviluppo della Pmi per l’automazione.
«Noi leghiamo le soluzioni per il professionista e l’ERP. La piccola impresa ha una forte dipendenza, sana, dal commercialista, che capisce che può supportare l’innovazione della Pmi, lo vediamo accadere quotidianamente. C’è un ciclo virtuoso integrato: gli adempimenti vengono alimentati con dati che vengono dai gestionali dei clienti. Vediamo tanti professionisti che invitano aziende dotate di strumenti primordiali ad adottare un ERP».
Ecco perché la via che porta ai nuovi software deve essere lastricata di semplificazione, per introdurre tutti gli elementi per la creazione di valore.
L’interfaccia utente, deve essere la stessa di quella delle app che si utilizzano quotidianamente, che sono improntate alla finalità.
E lo testimonia l’ecosistema Genya di Wolters Kluwer Tax and Accounting.
«Abbiamo concepito Genya per essere lo strumento del professionista che fa servizi a valore aggiunto e che vede l’adempimento come una commodity. In Genya c’è l’ERP dello studio, il CRM, il sistema con tutti documenti della vita del cliente, la business intelligence per capire i dati. Poi lo si usa anche per fare le dichiarazioni, ma la logica è rivoltata: l’applicazione è fatta dagli elementi di base su cui costruire i servizi. In Genya la prima cosa che il professionista vede sono quanti clienti ha, qual è il loro stato di salute, i processi, i workflow».
Il futuro del professionista, fra AI e moneta digitale
Lo sguardo al futuro del percorso di trasformazione digitale dei professionisti si intreccia con il tema del momento, l’intelligenza artificiale.
La domanda da porsi non è se l’AI avrà impatto, perché è scontato che lo avrà, ma quale sarà.
Qui Angeleri fa apprezzare ancora di più il peso della sua seniority, ricordando come già negli anni 80 del secolo scorso lavorava, lui giovane ingegnere, nel centro di ricerca italiano di Ibm sull’intelligenza artificiale, dove si sviluppavano temi come la pattern recognition o il riconoscimento vocale.
Un Amarcord che serve a dire che quella della AI è una lunga storia, se vogliamo pavimentata anche di insuccessi: oggi l’AI ha un livello di maturità che non è frutto di un salto quantico, ma di una crescita che viene da una storia.
Per Angeleri
«oggi l’elemento dirompente è l’utilizzo dei dati: l’AI riesce a darci risposte perché finalmente ha a disposizione dati che non aveva anni fa. Può avere un grande impatto nell’interazione applicazione-uomo, nel trarre valore dai dati, con tempi di performance ridotti. Ecco perché l’AI sarà ideale per il professionista, per aumentare il suo livello di automazione delle registrazioni contabili, del book keeping: qui l’impatto del machine learning sarà gigantesco. In Genya utilizziamo già algoritmi di machine learning sulla registrazione contabile e in futuro sarà un grande aiuto».
E a proposito di futuro un elemento che non è ancora caldo per i professionisti, ma che a breve lo diventerà, è la moneta digitale. Tutte le aziende stanno lavorando in modo intenso sull’integrazione fra mondo bancario e mondo applicativo.
La PSD2 è stato un elemento importante, fondamentale, che ha dato la stura al fintech, a una trasformazione della finanza aziendale, consentendo di avere un mondo dove l’applicazione e il denaro sono integrati in modo trasparente.
E con la PSD3, che aprirà all’utilizzo della moneta digitale, in particolare di un euro digitale, l’integrazione delle informazioni e dei pagamenti diventerà ancora più dirimente
Pierfrancesco Angeleri sottolinea come Genya abbia già interiorizzato strumenti per la gestione dei pagamenti e come questa sia un’area di grande sviluppo, pertanto
«per il professionista è una necessità guardare il futuro e conoscere la PSD3, per sapere cosa lo aspetta».
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