L’unico vero rischio che attraversano i BTP sarebbe una fuoriuscita dall’euro per l’Italia e un ritorno alla lira. Ciò però è praticamente impossibile.
Ieri giovedì 28 settembre, si è accentuato il calo delle obbligazioni a livello mondiale in seguito alla speculazione che i responsabili della politica monetaria degli Stati Uniti manterranno i tassi di interesse elevati. Il rendimento del Treasury decennale è salito di quasi otto punti base, toccando il 4,69%, mentre i tassi del Treasury trentennale sono saliti al 4,81%, ai massimi da 13 anni.
I commenti “dovish” di un funzionario della Federal Reserve e i dati deboli sulla spesa dei consumatori non sono riusciti a risollevare il sentiment del mercato obbligazionario. Il presidente della Fed di Chicago Austan Goolsbee ha dichiarato che i responsabili delle politiche rischiano di superare la soglia “indolore” dei tassi d’interesse, ponendo molta enfasi sull’idea che una forte perdita di posti di lavoro seguente al rialzo dei tassi FED sia anticipatrice di un contenimento dell’inflazione. I consumi personali, il principale motore dell’economia statunitense, nel periodo aprile-giugno, sono cresciuti dello 0,8% su base annua, il più debole da oltre un anno a questa parte. Il PIL è cresciuto a un tasso non rivisto del 2,1% durante lo stesso periodo.
Il fatto che il mercato dei Treasury non abbia colto con la giusta enfasi le revisioni più basse dell’inflazione e dei consumi, la dice lunga su questa fase di nervosismo dei mercati obbligazionari americani (e mondiali) che forse guardano più al petrolio e alla (presunta) ostinazione di Jerome Powell per giustificare il sell-off della giornata di ieri. Lo scivolone del rendimento del Treasury decennale ha dettato legge su tutti i mercati governativi mondiali.
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