L’orientamento neoliberista e conservatore della nostra economia ci porta a imitare un modello che potrebbe portarci al capolinea. Una nuova crisi finanziaria sarebbe, così, alle porte.
Un’altra - l’ennesima - crisi finanziaria, accompagnata dal tracollo delle assicurazioni e delle banche, con conseguente sell-off sull mercato azionario.
È questo lo scenario peggiore che si paventa se l’Europa continuerà a voler imitare il modello economico statunitense.
Uno dei temi più ricorrenti nella narrativa economica conservatrice è la cieca ammirazione nei confronti degli Stati Uniti e la loro invidiabile crescita. Infondo appaiono, come va di moda dire ormai da tempo, così “resilienti”. Hanno superato senza troppi ostacoli la crisi post-Covid, come anche le conseguenze dell’invasione russa in Ucraina.
I neoneoliberisti conservatori osannano l’innovazione, la tecnologia e l’approccio imprenditoriale degli USA.
Ciò che sembrano ignorare, tuttavia, è che il modo in cui l’economia statunitense cresce - capitalizzazioni di mercato da record e bilanci incredibili - ricorda spaventosamente gli anni precedenti la crisi finanziaria del 2008.
E capitalizzazioni e bilanci potrebbero presto invertire la rotta, proprio come è successo nel 2008.
Mentre l’Europa è impegnata a gestire le conseguenze della deindustrializzazione e dell’invecchiamento della forza lavoro, che ha fatto impennare la spesa per welfare e sussidi statali, gli Stati Uniti nascondono la polvere sotto i loro tappeti.
Un esempio?
La crisi assicurativa, ormai incombente, come spiegano gli analisti di Bloomberg. Una minaccia alla stabilità dell’intero sistema.
Milioni di proprietari di case sono passati dalle assicurazioni private ad assicuratori statali di “ultima istanza” nelle aree colpite dalla crisi climatica e dagli uragani, incendi e inondazioni provocati dall’aumento delle temperature. Queste hanno raddoppiato la loro quota di mercato dal 2018 e le loro passività hanno superato per la prima volta la soglia di 1.000 miliardi di dollari nel 2022, secondo il Property Insurance Plans Service Office, una società di ricerca che monitora il settore.
Gli assicuratori privati non hanno esitato a scaricare le loro passività. Ed ora anche solo una piccola ondata di sinistri potrebbe travolgere il sistema. Se e quando ciò accadrà, sarà il governo degli Stati Uniti a doversi fare carico del tutto.
Non un problema per un Paese come gli Stati Uniti. Ma se ciò dovesse verificarsi in contemporanea a una nuova crisi bancaria?
Di recente, il Fondo monetario internazionale (FMI) ha avvertito che le banche statunitensi sono a rischio a causa dell’impatto degli alti tassi di interesse sul valore delle proprietà commerciali.
Gli edifici adibiti ad uffici - protagonisti di un apprezzamento vertiginoso negli ultimi 15 anni - ora sono un peso sul groppone. Gli analisti sono preoccupati ormai da tempo per le enormi passività nei bilanci bancari: la scarsa di domanda per degli spazi per uffici, a causa dello smart working, significa che una crisi è ormai alle porte.
Una situazione per molti versi simile a quella dei mercati immobiliari residenziali subprime, dai quali si è innescata la crisi finanziaria del 2008, quando che una serie di aumenti dei tassi di interesse avevano reso i mutui inaccessibili, spingendo i proprietari a scaricare gli immobili.
Secondo il FMI ad essere in difficoltà è un “considerevole sottogruppo” di banche, “con il timore che il fallimento di un’istituzione possa causare un’ulteriore perdita di fiducia nel settore”.
E aggiunge:
“Al di là delle perdite non realizzate dovute all’aumento degli interessi, il rischio di credito sostenuto da alcune istituzioni, in particolare la loro esposizione agli immobili aziendali, è oggi al centro dei timori degli investitori”.
Anche l’agenzia di rating S&P’s ha manifestato una forte preoccupazione per gli alti tassi di interesse, aggiungendo che l’aumento del debito potrebbe innescare un’ondata di fallimenti aziendali negli Stati Uniti il prossimo anno. Alcuni analisti dell’agenzia hanno affermato che migliaia di aziende hanno coperto la propria esposizione sui tassi di interesse, scommettendo che avrebbero potuto rifinanziarsi quando i tassi fossero scesi. Cosa succederebbe se i tassi scendessero, sì, ma di poco?
Per non parlare dell’estrema esuberanza sui mercati azionari statunitensi. Alcuni osservatori sono convinti che gli aumenti del valore delle azioni negli ultimi due anni, che hanno spinto l’indice S&P 500ai massimi, siano frutto di una bolla speculativa e che lo scoppio sia imminente.
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