Gli USA restano al primo posto nel mondo per contagiati e deceduti a causa del coronavirus. Eppure, il desiderio di ripartire e riaprire tutto è forte. Proteste e primi segnali di allentamento si moltiplicano nel Paese. Con l’appoggio di Trump.
Il coronavirus negli USA non ha ancora allentato la sua morsa mortale in modo davvero evidente. Eppure, la nazione americana scalpita per ritornare alla normalità.
Riaprire le attività economiche e commerciali, tornare a frequentare luoghi pubblici, riprendere il ritmo di sempre della quotidianità, con fabbriche, uffici e scuole attive sono diventate richieste a suon di proteste.
Mentre Donald Trump cavalca sempre di più la strategia dell’allentamento delle misure e gli Stati si dividono tra prime aperture e mantenimento del lockdown, gli USA sembrano disorientati. E non ancora così vicini a una soluzione definitiva dell’epidemia.
Gli aggiornamenti dalla grande potenza americana, però, raccontano di una parte della nazione che non teme più il coronavirus. Nonostante ci siano ancora quasi 2.000 morti al giorno.
Gli USA protestano: basta lockdown. Il coronavirus non fa paura
Domenica 19 aprile si sono verificati nuovi raduni in strada contro il lockdown in Arizona, Colorado, Montana e Washington, facendo seguito alle proteste iniziate mercoledì scorso.
L’agitazione per allentare le restrizioni sta crescendo negli USA, nonostante il rischio di una rinascita della COVID-19 rappresentata dalla una affrettata riapertura.
Ormai negli Stati Uniti esiste un vero e proprio movimento civile contro le misure rigide per arginare la diffusione del coronavirus, che ancora uccide quasi 2.000 persone al giorno, con un record di contagiati di 750.000.
Ma una parte della popolazione americana non vuole più prudenza. Piuttosto, esige tornare a lavorare. L’obbligo di restare a casa, che secondo gli esperti è essenziale per rallentare la diffusione del virus, ha colpito l’economia degli Stati Uniti e oltre 22 milioni di americani hanno presentato domanda di sussidio di disoccupazione nell’ultimo mese.
Le manifestazioni per chiedere la fine del lockdown sono già scoppiate in Texas, Wisconsin e nelle capitali dell’Ohio, Minnesota, Michigan e Virginia. Chi scende in strada lo fa senza mascherine, con la non curanza per il distanziamento sociale e munito di fucili e pistole.
Gli slogan sono più o meno gli stessi in tutti i raduni: “Dammi libertà”; “Anche la disoccupazione uccide”; “Preferisco rischiare il coronavirus che il socialismo”; “Aprite le nostre scuole: l’educazione è un diritto divino” o ancora “Non temo alcun patogeno”.
Qualcuno azzarda che chiudere alcuni negozi e attività commerciali, cosiddette non essenziali, è contro la Costituzione e il diritto.
Le proteste contro il lockdown sono espressione di una destra conservatrice, probabilmente un’ala minoritaria del partito repubblicano. Trump, comunque, le appoggia. Il presidente ha già definito i manifestanti responsabili, persone che amano la nazione e vogliono tornare a lavorare.
Negli USA si riapre: ecco dove
Dopo le linee guida presentate da Trump per iniziare a riaprire in tre fasi, alcuni Stati hanno già iniziato l’allentamento delle misure restrittive.
In Florida sono riaperte le spiagge, prese d’assalto nella giornata di domenica. Texas e Vermont hanno deciso di riaprire alcune attività economiche da lunedì 20 aprile e il prossimo venerdì ci saranno allentamenti anche in Montana.
Trump è soddisfatto e positivo. Ma alcuni Stati restano scettici sui miglioramenti. Il governatore di New York Cuomo è ancora cauto e manterrà il lockdown almeno fino a metà maggio. Altri territori hanno messo in guardia la Casa Bianca: senza maggiori disponibilità di test, non si potrà riaprire.
I nodi da sciogliere nella sfida al coronavirus sono ancora molti negli USA. Nonostante l’ottimismo di Trump e la non paura dell’epidemia di una parte di popolazione.
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