USA al voto anche per l’aborto, cosa cambia con il referendum

Ilena D’Errico

6 Novembre 2024 - 10:22

Insieme alle presidenziali in 10 Stati USA si va al voto anche per il referendum sull’aborto. Ecco perché e cosa potrebbe cambiare.

USA al voto anche per l’aborto, cosa cambia con il referendum

In concomitanza con le elezioni presidenziali USA alcuni Stati si sono espressi circa il diritto all’aborto, restituendo un panorama piuttosto frammentato. Mentre in Arizona ha vinto il referendum democratico, che ha ripristinato l’interruzione volontaria di gravidanza fino a circa 24 settimane, in Florida il limite resta a 6. Un tema sensibile per l’America alle prese con la tornata elettorale, ma anche per l’Italia, che ha da poco inserito la maternità surrogata nei reati universali.

Con l’attenzione puntata alle presidenziali ci si ricorda dell’importanza di ciò che accade nel mondo e di come può, soprattutto da gli Stati Uniti d’America, influenzare politica e società oltreoceano. In Italia lo scontro è sempre acceso e l’interruzione volontaria di gravidanza, disciplinata dalla legge n. 194/1978, non subisce mai veri e propri cambiamenti ufficiali. Nella pratica, tuttavia, quanto previsto dalla normativa viene spesso distorto nell’applicazione. Ci sono diversi problemi sull’aborto in Italia, etici e giuridici fra gli altri.

Ma cerchiamo di capire ora quale segnale arriva dagli Stati Uniti, a cui spesso il Belpaese si rifà come esempio, dove oggi 10 Stati sono andati al voto proprio sull’interruzione volontaria di gravidanza.

Diritto all’aborto negli Stati Uniti, cosa cambia con il referendum

Come anticipato, in concomitanza con le elezioni presidenziali USA ben 10 Stati sono andati al voto anche per il referendum sull’aborto, esprimendosi sull’estensione dell’interruzione volontaria di gravidanza fino a circa 24 settimane di gestazione. Il parallelismo con le presidenziali è evidente, anche perché le questioni etiche hanno influenzato notevolmente le campagne elettorali di Harris e Trump, influenzando il consenso dei cittadini. Non solo, anche il gradimento verso i candidati ha a sua volta intaccato le votazioni ai referendum in una stretta relazione più che mai attuale e globalmente importante.

In Florida non è stato raggiunto il quorum 60%, perciò nonostante la maggioranza di voti a favore, l’aborto resta possibile soltanto entro le 6 settimane. Anche il Nebraska sceglie di non modificare le regole, mantenendo il limite a 12 settimane.

Il referendum ha invece avuto esito positivo in Colorado, Arizona, e Missouri. Si attende ancora il responso dei cittadini in Maryland, Nevada, New York e Sud Dakota, che probabilmente rifletteranno lo stesso scenario spaccato da decenni, non soltanto negli esiti.

I referendum che stanno dividendo gli Stati Uniti nella stessa giornata sono accomunati dal tema dell’aborto, ma si muovono su presupposti differenti. Tutto comincia dall’annullamento della sentenza Roe vs Wade nel giugno 2022, con cui la Corte suprema degli Stati Uniti ha abolito il diritto federale all’aborto. Fino ad oggi le leggi statali hanno dunque avuto un ampio margine di discrezionalità nel rivedere la regolamentazione dell’aborto.

Il referendum dà l’occasione di modificare la disciplina statale, ma soprattutto di porre limiti alla Costituzione affinché quanto deciso dai cittadini sia rispettato e tutelato anche dai governi più tradizionalisti. La proposta principale riguarda infatti la tutela costituzionale del diritto all’aborto, una sicurezza aggiuntiva per i cittadini che vivono in Stati come New York, Colorado e Maryland, dove attualmente l’aborto è legale, ma non ci sono garanzie per il futuro.

Dove invece lo Stato ha applicato misure più restrittive, si chiede l’estensione del diritto all’interruzione volontaria di gravidanza fino a circa 24 settimane, più precisamente alla cosiddetta vitalità fetale. Proprio la scelta di questo criterio potrebbe essere rilevante, trattandosi di un tema su cui la riflessione giuridica, anche italiana, non si è mai fermata.

Non è infatti semplice porre un limite gestazionale che rispetti appieno i principi dettati dalla Costituzione italiana, ma più in generale dai diritti umani (quasi) universalmente riconosciuti. In che misura il diritto alla vita si scontra con la libertà di autodeterminazione della donna? A oggi non c’è risposta univoca, ma l’Italia ha fissato il termine a 90 giorni (fatta eccezione per l’aborto terapeutico) prendendo in considerazione l’epoca di completo sviluppo della placenta.

L’idea sarebbe stata quella di basarsi sull’autonomia del feto, dal momento in cui è un “essere umano altro” rispetto al corpo materno, ma la letteratura medico-scientifica ha da tempo smentito questa tesi. Il limite è rimasto tuttavia invariato, complice anche la filosofia aristotelica che ha influenzato la stesura della legge, la stessa per cui l’Italia è l’unico Stato a contare il limite in giorni.

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# Aborto

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