Diritto all’aborto, come funziona in Italia

Ilena D’Errico

16 Giugno 2024 - 00:12

Il diritto all’aborto nell’ordinamento italiano: come funziona, a chi è rivolto, cos’è l’obiezione di coscienza.

 Diritto all’aborto, come funziona in Italia

Il diritto all’aborto è fra i più discussi di sempre e proprio in questo periodo è oggetto di polemiche piuttosto accese. C’è chi sostiene che non sia effettivamente applicato e che dovrebbe essere ampliato in favore dell’autodeterminazione delle donne, chi ritiene che andrebbe ridimensionato o perfino limitato a casi eccezionali per il rispetto della vita. La questione etica è estremamente complessa, ma dal punto di vista giuridico possiamo trovare informazioni piuttosto chiare.

L’aborto, inteso come interruzione volontaria di gravidanza, è regolamentato dalla famosa legge 194/1978. Esiste da meno di 50 anni, ha riscontri problematici già da prima della sua istituzione e continua ad averli. Negli ultimi giorni, in particolare, si discute dell’inserimento del diritto all’interruzione volontaria di gravidanza nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

Alcune indiscrezioni hanno lasciato trapelare che sia però sparito dalla bozze del G7 con la complicità del governo italiano, che ha tuttavia smentito. Ma vediamo cosa prevede effettivamente la legge italiana sull’aborto.

Il diritto all’aborto in Italia

La legge 194/1978 stabilisce che è possibile interrompere volontariamente una gravidanza entro il 90° giorno dal concepimento. Il limite temporale non è l’unica condizione, l’aborto volontario deve essere motivato dalle potenziali conseguenze del proseguimento della gestazione. Può trattarsi di ripercussioni sulla salute fisica o psichica della donna, di difficoltà economiche o sociali, ma anche di timori circa possibili difficoltà gravi del concepito (importanti anomalie o malformazioni).

Chi decide

Entro 90 giorni e con opportune motivazioni la donna in stato di gravidanza può scegliere liberamente di abortire. Questo diritto non può esserle negato e nessun altro ha il potere di decidere in sua vece, nemmeno il futuro padre. Quest’ultimo ha diritto a essere coinvolto dalla struttura ospedaliera, anche per offrire soluzioni alternative e il suo appoggio, ma la donna può estrometterlo dalla scelta vera e propria.

Della delicata posizione in cui si trovano gli uomini in questa situazione si è già discusso parecchio nella giurisprudenza (io ne ho parlato riguardo al tema opposto, ossia il proseguimento di una gravidanza non voluta dal padre), ma questo è quello che prevede la legge.

Le minorenni possono abortire?

Le minorenni possono abortire alle condizioni viste sopra, ma devono avere il consenso dei genitori o del tutore. Attenzione, però, che chi esercita la potestà genitoriale deve considerare la volontà del minore e i suoi interessi. La ragazza può altrimenti rivolgersi al giudice tutelare, che dovrà rispondere entro 5 giorni dalla ricezione del fascicolo ricevuto dal Consultorio familiare, che è a sua volta tenuto all’invio della relazione entro 7 giorni dalla richiesta.

Quanto costa l’aborto?

L’interruzione volontaria di gravidanza è gratuita quando si esegue tramite il Servizio sanitario nazionale. Sono eventualmente soggetti al pagamento del ticket i farmaci e le analisi (tra cui quelle del sangue), a meno che si abbia un’esenzione per reddito. Chi si rivolge a una clinica privata dovrà invece sopportare i costi indicati dal preventivo, pagando ad esempio i consulti, la pratica e la degenza.

Essendoci diverse modalità (a seconda della settimana di gestazione) il costo è molto variabile, in media da un minimo di 400 a un massimo di circa 2.000 euro, ma si tratta di costi puramente indicativi.

Aborto volontario dopo 90 giorni

L’interruzione volontaria di gravidanza come sopra illustrata è ammessa entro il 90° giorno dal concepimento, un termine convenzionale trovato a seconda del momento in cui la placenta dovrebbe terminare la sua formazione. Dal punto di vista puramente scientifico questo termine non è significativo come si potrebbe pensare, ma di fatto la stesura di questa legge è stata fortemente influenzata da presupposti filosofici e religiosi.

In ogni caso non è possibile decidere di abortire oltre questo termine, a meno che si tratti di aborto terapeutico necessario per evitare un grave pericolo per la vita della gestante o della sua salute fisica e psichica dovuta ad accertate condizioni gravi del nascituro. Non si può però essere obbligate a interrompere la gravidanza. Naturalmente, l’aborto può essere praticato d’urgenza (in questo caso anche su minorenne e senza consenso) in caso di urgente pericolo di vita.

L’obiezione di coscienza in Italia

I medici possono rifiutarsi di praticare o prescrivere l’interruzione volontaria di gravidanza (e non l’aborto terapeutico) per motivazioni etiche, morali o religiose. Devono però fornire alla donna tutte le indicazioni del caso e non ostacolare la sua decisione.

Questo tema apre serie discussioni anche nel mondo medico e sanitario, con fazioni essenzialmente contrapposte. Il numero elevato di obiettori può tradursi in una mancata applicazione della legge sull’aborto, ma è evidente che non si tratta di una questione di facile risoluzione. Per quanto prevede la legge ad oggi i medici sono liberi di scegliere così come lo sono le donne, pertanto si dovrebbe piuttosto migliorare la distribuzione territoriale per garantire l’assistenza.

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