Che diritti ha il padre di un bambino che non voleva la sua nascita e alla quale è stato portato con l’inganno? Ecco cosa prevede la legge, quali sono gli obblighi e soprattutto perché.
Non sono pochi gli uomini che lamentano una paternità indesiderata, dovuta all’inganno della madre. Quest’ultima ha infatti, almeno per legge, una totale libertà di scelta, potendo infatti interrompere la gravidanza entro i primi 3 mesi di gestazione o partorire in anonimato per dare in adozione il bambino. Il padre biologico non ha invece alcuna scelta in merito, la sola paternità - riscontrabile anche contro la sua volontà tramite il test del DNA - lo obbliga a riconoscere il figlio e adempiere ai doveri genitoriali.
Chiariamo che comunque il padre non può essere obbligato, né dalla madre né dal tribunale, ad avere rapporti affettivi con il figlio ed essere presente fisicamente nella sua vita. Ci sono sì dei doveri genitoriali, che però difficilmente potrebbero essere obbligati a chi non ha intenzione di adempiervi. Gli unici veri obblighi sono il riconoscimento di paternità e il dovere di mantenimento (quest’ultimo ricade egualmente sulla madre).
C’è chi lamenta poca equità nelle leggi in materia, ma bisognerebbe considerare che è stato raggiunto quantomeno un equilibrio giuridico tra i vari interessi in contrapposizione, soprattutto quello del minore (che è anche quello prevalente). Vediamo quindi quali sono gli obblighi dell’uomo diventato padre tramite un raggiro e le possibilità di risarcimento del danno.
Gli uomini non possono scegliere di non diventare padri
Prima di definire qual è la normativa in merito, è opportuno anche tenere conto di alcune riflessioni - giuridicamente rilevanti come mostrano numerose sentenze - riguardo le conoscenze medie riguardanti la riproduzione. Molti casi di gravidanze indesiderate da parte dell’uomo e considerate ottenute con l’inganno non sono nemmeno configurabili in tal senso secondo “la diligenza di un uomo comune”.
È sufficiente fare qualche ricerca o parlare con il proprio medico per sapere come evitare gravidanze indesiderate, considerando che qualsiasi comportamento “a rischio” in tal senso non è certo configurabile come raggiro. Oltretutto, la legge tiene conto del fatto che soltanto l’astinenza è una garanzia di evitare le gravidanze, per quanto i metodi a disposizione ad oggi garantiscono un’elevata percentuale di sicurezza. Più volte i giudici hanno ribadito che l’uomo che prende parte volontariamente a un rapporto sessuale accetta anche, seppur implicitamente, una certa dose di rischio.
Poco importa se la donna menta sul fatto di assumere contraccettivi o finga un’infertilità, il partner dovrebbe piuttosto provvedere da sé a un anticoncezionale, tenendo conto che quest’ultimo potrebbe comunque fallire. Non è certo probabile, ma nemmeno del tutto escludibile.
Questo è uno degli elementi che guida la legge e la giurisprudenza, ma non l’unico. Anzi, quello preminente è senza dubbio l’interesse del minore che indipendentemente da come sia stato concepito ha diritto alla massima attenzione e a vivere in modo dignitoso. Ribadiamo che infatti anche sulla madre ricadono i medesimi doveri, a meno che abbia dato in adozione il figlio.
Questa possibilità non è - secondo la legge - paragonabile con l’eventuale corrispettivo paterno, tenuto conto del fatto che non si tratta di una scelta che pregiudica gli interessi del minore, ma anzi permette di tutelarli nel caso in cui la donna non abbia le condizioni - psicologiche, di salute, economiche - per crescerlo ed educarlo. In ogni caso, la legge dà più potere decisionale a chi porta in grembo il bambino perché subisce direttamente gli effetti fisici e psicologici della gestazione, che potrebbero peraltro influire sul benessere dello stesso.
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Paternità indesiderata, gli obblighi del padre
Che il presunto raggiro sia appurato o meno, poco importa per quanto riguarda i doveri genitoriali del padre. Quest’ultimo, come anticipato, è obbligato a riconoscere il figlio (può però chiedere un esame del Dna) e a mantenerlo secondo le proprie possibilità. L’obbligo di mantenimento nasce per il solo status di genitore, la pronuncia del giudice non è indispensabile, ma i genitori possono ricorrervi per la determinazione e la quantificazione di un assegno periodico e degli obblighi sulle spese straordinarie.
Il padre non può però essere obbligato a vedere il figlio o trascorrere del tempo con lui, ma chiaramente questa circostanza è rilevante anche in termini di rivalutazione del collocamento e dell’affidamento del minore. Ciò non significa che al padre non sia riconosciuto l’eventuale impatto psicologico dell’inganno e della paternità, non esistono sanzioni applicabili fintanto che provvede alla sua parte di mantenimento, ma va sempre valutato dal giudice l’interesse preminente del minore stesso.
In ogni caso, non c’è un criterio generale, ogni situazione specifica - soprattutto temi delicati come questo - deve essere valutata con estrema attenzione. Anzi, non è da escludere che l’interesse del minore sia rilevato dal giudice in un collocamento prevalente presso il padre o perfino in un affidamento esclusivo.
La condotta della madre non appare comunque idonea ai principi educativi, potrebbe essere considerata in presenza di determinati presupposti anche dannosa per l’interesse del bambino stesso e della sua crescita. Oltretutto, anche nel caso in cui la madre non agisca in giudizio per il riconoscimento della paternità o del mantenimento, i figli potranno farlo autonomamente una volta raggiunta la maggiore età e chiedere eventualmente anche un risarcimento per il danno patito.
Il padre ha diritto al risarcimento?
La giurisprudenza prevalente non riconosce all’uomo diventato padre con l’inganno un diritto al risarcimento, poiché la nascita di un figlio - seppur indesiderata - non è giuridicamente configurabile come danno ingiusto. Oltretutto, per i motivi già citati una certa dose di rischio è accettata da chi consuma rapporti sessuali.
Sarebbe diverso il caso in cui il padre non avesse invece consentito, il che può accadere in caso di violenze e altri reati, tenendo conto del fatto che non è comunque la nascita in sé il danno (sebbene possa amplificare il trauma). Non ci sono precedenti di giurisprudenza in numero adeguato per ipotizzare l’orientamento in merito, ma è assai probabile che anche in questi casi prevalga l’interesse del minore al riconoscimento e al mantenimento.
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