Aldo Morrone, direttore scientifico del San Gallicano, parla in un’intervista a Money.it della vaccinazione anti-Covid in Africa e della lezione da cogliere dalla scoperta della variante Omicron.
La scoperta della variante Omicron, avvenuta in Botswana e Sudafrica, ha riportato al centro della discussione la situazione del continente africano sul Covid-19 e sulla vaccinazione. L’emersione di nuove varianti viene facilitata dalla scarsa vaccinazione e dall’alta circolazione del virus e per questo si torna a parlare di vaccini per i paesi meno ricchi.
La questione è più complessa di quanto non sembri e non basta né liberalizzare i brevetti dei vaccini né inviare le dosi ai paesi africani per risolvere il problema. Per spiegare qual è realmente la situazione in Africa Money.it ha parlato con Aldo Morrone, direttore scientifico dell’istituto San Gallicano ed esperto di malattie tropicali, che conosce bene il continente e la sua condizione dal punto di vista sanitario.
La scoperta della variante Omicron in Africa
La variante Omicron, sottolinea da subito Morrone, è stata scoperta da giovani precari del Botswana: hanno messo su una piattaforma internazionale 99 sequenze e poi i colleghi sudafricani le hanno analizzate.
Che la scoperta sia avvenuta in Africa non stupisce il professore: “È normale che un continente di 1,3 miliardi abitanti, abbandonato senza vaccini, possa produrre varianti pericolose per loro e per il resto dell’umanità”. La variante non sembra comunque sfuggire ai vaccini e anche sulla sua contagiosità non ci sarebbero segnali certi, però - continua Morrone - “continuare a negare i vaccini a tutte queste persone è scientificamente folle”.
Bloccare i voli provenienti dal Sudafrica, come fatto anche dall’Italia, è un “errore” secondo Morrone, una “risposta che non ha nulla di scientifico”. Decisione che, peraltro, “significa penalizzare i Paesi che hanno avuto il merito di segnalare una variante pericolosa a tutta la comunità internazionale”.
Ciò che andrebbe fatto, invece, è aiutare questi Paesi a garantire il sequenziamento del virus, unico modo per scoprire nuove varianti grazie anche alla collaborazione tra ricercatori di tutto il mondo, proprio come avvenuto con la piattaforma su cui è stata segnalata la variante Omicron. “Può essere il futuro del contrasto alla diffusione del virus”, prosegue il professore.
Le dosi di vaccino nei Paesi africani
Le dosi dei vaccini Covid finora inviate in Africa dall’Occidente dimostrano come si sia sempre ragionato nel modo sbagliato: parliamo di dosi che stavano per scadere, che sono state mandate senza garantire la catena del freddo o senza le strutture necessarie per somministrarle, spiega il direttore del San Gallicano.
Inoltre bisogna considerare che l’Africa è un continente enorme e con situazioni diversissime tra e nei Paesi stessi, con centri molto buoni e luoghi - come l’Africa subsahariana - praticamente senza strutture e con pochissime persone immunizzate. “In quelle aree è difficile somministrare il vaccino, noi stiamo ancora aspettando il piano Marshall per l’Africa”, denuncia Morrone. Secondo il quale “i Paesi occidentali amano fare grandi discorsi, ma poi a questo non seguono fatti concreti”.
I Paesi occidentali dovrebbero quindi seguire la linea già tratteggiata nel caso delle piattaforme democratiche, come quella su cui sono stati inseriti i dati della variante Omicron: “La ricerca scientifica deve essere open, aperta a tutti”, prosegue. E bisogna investire nella formazione in Africa, nell’apertura di facoltà e strutture, nella tecnologia e magari anche nelle fabbriche per produrre i vaccini.
Vaccini anti-Covid, la liberalizzazione dei brevetti
In Africa bisogna quindi inviare i vaccini e serve inoltre sospendere i brevetti dei preparati anti-Covid. Ma non basta, non è una soluzione sufficiente pur essendo un segnale, spiega Morrone. Che sottolinea, però, come Moderna abbia già lasciato libero il brevetto ma non è sufficiente: “Devi avere il know-how, la competenza, non si acquisisce da un giorno all’altro. Poi devi dare anche un contributo finanziario e strutturale”.
L’Europa e l’Occidente dovrebbero fare quanto già fatto per Ebola, inviando squadre e lavorando fianco a fianco con il personale africano, impedendo la fuga di Ebola. Serve, secondo Morrone, un piano strutturale che invece non è stato predisposto, nonostante qualche annuncio, neanche dalle Nazioni Unite. E che avrebbe potuto portare anche a decidere di sospendere i brevetti dei vaccini.
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Perché c’è diffidenza verso i vaccini in Africa
La vaccinazione in molti Paesi africani è indietro. Sicuramente a causa della mancanza di dosi e strutture, ma in altri casi anche per una diffidenza della popolazione che deriva da vari fattori. “Noi - sottolinea Morrone - in Africa abbiamo mandato le peggiori notizie sui vaccini, AstraZeneca non era valido per i giovani e l’abbiamo dato a loro che hanno la maggioranza della popolazione con meno di 30 anni”.
La sfiducia è inevitabile, come insegna anche quanto avvenuto con l’Aids: “In Africa è arrivata la percezione che fosse una malattia fatale per cui dopo la diagnosi dovevi aspettare la morte mentre in Occidente avevamo i farmaci. Quindi è normale una totale diffidenza”.
Diffidenza alimentata anche dal fatto che spesso in Africa sono stati inviati farmaci contraffatti, contenenti persino sostanze tossiche. Quindi anche se si mandassero i vaccini una parte di popolazione continuerebbe a non credere alla loro efficacia, tanto più considerando il tasso di scolarizzazione molto basso in tanti Paesi.
La lezione della variante Omicron
Per Morrone le “responsabilità dell’Occidente sono enormi”. La speranza è che quanto avvenuto con la variante Omicron serva da lezione e non diventi un’occasione “completamente sprecata” facendo capire l’importanza di dare pari dignità all’Africa.
La prima cosa da capire è che per contrastare le nuove varianti serve “vaccinare, vaccinare e vaccinare”. Ma “non abbiamo molto tempo” - è l’allarme che lancia Morrone - prima che arrivi qualche variante più pericolosa e che magari sia in grado di sfuggire ai vaccini.
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