Kiev ora si dice disposta a non entrare nella Nato, ma sembra che sia troppo tardi. Dal cambio di regime a un maggiore spazio vitale: ecco a cosa punterebbe l’invasione russa
La crisi ucraina, nonostante lo spiraglio diplomatico apertosi grazie alla possibilità ventilata da Kiev di non entrare nella Nato, non accenna a diminuire.
La Russia, però, non si fida più delle promesse da dopo la prima grande espansione verso est dell’Alleanza Atlantica, che, secondo quanto sappiamo, gli Stati Uniti avrebbero assicurato di non fare solo oralmente, e teme che l’Ucraina, grazie alle armi occidentali, possa attaccare il Donbass – e addirittura la Crimea in futuro – pertanto mantiene alta la presenza di truppe al confine nonostante una piccola prova di de-escalation.
Il Cremlino, quindi, sta optando per quello che sa fare meglio: compiere azioni di forza per controllare il proprio vicinato. Una declinazione di questo modus operandi si è vista anche in Bielorussia, quando Mosca ha paventato il suo intervento militare diretto a sostegno di Alksander Lukashenko alle prese con sommosse interne.
Quali sarebbero gli obiettivi di Mosca se dovesse decidere per un attacco?
Un’invasione completa del Paese è improbabile, per una questione etnica (l’ovest ucraino non è russofono) e per convenienza politica, ma il Cremlino ha bisogno di garantire la sicurezza del Donbass e della Crimea, che non si trovano in continuità territoriale, e avere una certa fascia di sicurezza ai suoi confini. Pertanto si può pensare che l’invasione russa possa arrivare sino la fiume Dnper, puntando quindi anche sulla capitale per potersi assicurare un cambio di regime politico.
È anche possibile che, parallelamente, la Russia possa effettuare un’avanzata dalla Crimea sino al confine con la Romania, per poter controllare tutta la fascia costiera ucraina e assicurarsi una qualche profondità strategica per allontanare le unità navali Nato da Sebastopoli e aver maggior controllo sul Mar Nero.
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