Le guerre commerciali ed i dazi stanno portando a chiusure negative per le borse europee ed a Wall Street: dall’altro lato sale e vola l’oro mentre scende il valore del petrolio.
I mercati finanziari risentono della guerra commerciale in atto sull’asse Stati Uniti e Cina: si teme una vera e propria escalation. In questa ottica Wall Street cade di nuovo ed i listini azionari mostrano un pessimismo da parte dei mercati. A ruota anche le borse europee: nonostante un rialzo iniziale soprattutto da Milano c’è stato una chiusura nettamente negativa, fino ad una perdita di 1,65% a fine seduta.
La risposta di Trump alla Cina si è fatta sentire anche sui mercati: i nuovi dazi da 250 miliardi di dollari sul Made in China saranno attivi dal primo ottobre. Ci sarà un inasprimento dei dazi precedenti, questi saliranno al 30% dal 25% attuale: sugli altri 300 miliardi di dollari già colpiti da dazi, dal primo settembre ci sarà un incremento dal 10% al 15%. Cosa ha scatenato questa risposta di Trump? I dazi cinesi su 75 miliardi di dollari di prodotti americani e non solo: anche le parole di Powell, presidente della Fed hanno avuto la loro parte nella vicenda.
Quale è stata nel dettaglio la reazione da parte dei mercati a queste dure prese di posizioni da parte di Pechino e Washington in una guerra dei dazi che sembra non avere mai fine?
Wall Street risente delle «sfuriate» di Trump
Questa escalation dei dazi doganali tra Stati Uniti e Cina sta portando grande apprensione e preoccupazione nei mercati: le possibili guerre valutarie con la Cina in particolare hanno generato per i mercati finanziari giornate frenetiche ed un alto tasso di volatilità. Un sali scendi continuo, cambi di direzione rapidi ed inattesi da parte dei listini azionari. Quello che è certo, al momento, è che c’è pessimismo per una escalation continua di dazi doganali: perdono punti percentuali sia Wall Street che le borse europee.
Inizio in rialzo e valori positivi: Milano aveva aperto al +0,50% e Francoforte con un +0,55% ma il trend è totalmente cambiato nel corso della giornata con una chiusura a -1,65% per Milano (peggiore in Europa). Quello che sembra aver fatto cambiare la tendenza dei mercati è ancora una volta lo sfogo di Trump attraverso i social. Le parole del presidente degli Stati Uniti contro la Cina (al solito) e contro il presidente della Fed Jerome Powell hanno portato ad un crollo dei mercati.
Cosa ha dichiarato Trump? Detto dei nuovi dazi verso la Cina e dell’ordine di Trump per le aziende statunitensi di trovare nuove alternative nei paesi asiatici, verso Powell ha usato parole molto dure. Il Presidente statunitense si è chiesto se il corrispettivo della Fed non sia un nemico dell’America, anche più grande rispetto a Xi Jinping. Insomma parole grosse dopo le accuse di essere incapace verso Powell: delle vere e proprie sfuriate che hanno fatto seguito a quanto successo a Jackson Hole.
Durante la riunione dei banchieri centrali (tra cui anche Draghi) Powell aveva dato un segnale positivo per i mercati, con rassicurazioni e parole positive. Da un lato una disponibilità al taglio dei tassi di interesse, e dall’altro lato però un chiaro messaggio al problema che le guerre commerciali tra Stati Uniti e Cina stanno comportando per le autorità monetarie internazionali. Da qui i movimenti del dollaro in calo, con un passo indietro importante.
La valuta americana ed i titoli di stato hanno chiuso in negativo: il dollaro, dopo aver toccato i massimi nel cambio con l’euro, ha invertito la rotta, lo stesso per il rendimento dei titoli di Stato Usa, calati all’1,57%.
In questa estrema volatilità del mercato mondiale, l’oro ed il petrolio hanno avuto rendimenti diametralmente opposti invece, vediamoli nel dettaglio.
La crescita dell’oro ed il crollo del petrolio
I beni rifugio in situazioni del genere crescono e salgono di valore: la domanda aumenta cpn gli investitori ne richiedono sempre di più. In questo scenario economico e finanziario allora è inevitabile che il valore dell’oro prenda il volo. Una crescita di quasi il 2%: il valore arriva vicino al record che si era fatto registrare sei anni fa, ovvero 1.534,30 dollari. Ora siamo a quota 1.527,93 dollari un segnale che deve allarmare i mercati finanziari.
Dall’altro lato se l’oro cresce, il petrolio ha il trend totalmente opposto. Crollo e giornata nera con tassi negativi fino ad oltre il 3% nel caso del Wti. Il costo a barile del petrolio? Sotto 54 dollari ed uno dei motivi di tale calo è sicuramente da attribuire alla Cina ma non solo. Le operazioni da Pechino infatti si sono rivolte a nuovi dazi: in particolare nella lista dei beni e delle merci americane toccate da dazi, dalla Cina è stato inserito per la prima volta il greggio statunitense. Dall’altro lato anche il timore di recessione globale ha fatto il resto come successo già nel 2017 ma in quel caso nei confronti di un altro bene, il rame, che aveva sfiorato quota 5.625 dollari per tonnellata.
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