Le aspettative sul voto USA e l’enorme mole di liquidità (di nuovo in rialzo) hanno permesso a Wall Street di riportarsi ai livelli di inizio settembre. Questo, però, per alcuni potrebbe essere un indicatore «contrarian».
Il Toro non è stato ancora ammazzato. Questa è la «fotografia» che emerge dai listini americani, di nuovo vicini ai massimi di inizio settembre. Cosa sta muovendo i mercati al rialzo?
Ad alimentare questa nuova fase sono gli investitori che stanno «prezzando» un esito delle elezioni americane senza contestazioni. Per alcuni, però, questo non basta: è altro che fa muovere i mercati e questo qualcos’altro è rappresentato dalla liquidità, che questa settimana ha toccato nuovi massimi.
La liquidità record fa volare Wall Street
La «flebo» di liquidità presente nei listini di borsa, che questa settimana ha toccato la soglia dei 91mila miliardi di dollari, ha spinto Wall Street durante la pandemia facendogli registrare un recupero a «V» dopo i minimi di marzo.
S&P500 (linea bianca) vs liquidità in circolazione(linea verde). Fonte Bloomberg
Come evidenzia grafico sopra, la liquidità in circolazione è passata da poco meno di 80mila miliardi di dollari a marzo scorso (con Wall Street ai minimi) agli oltre 91 del periodo attuale.
Di riflesso, la borsa americana ha aggiornato i massimi storici.
Con la pandemia l’effetto liquidità è stato più forte
La nuova liquidità messa in circolazione per «spegnere il fuoco» della pandemia ha accentuato la «distorsione» dei mercati favorendone il trend rialzista: durante la pandemia, gli indici sono cresciuti di oltre 40 punti percentuali.
Questo record, che ha permesso alla capitalizzazione delle Borse globali di spingersi per la prima volta in quota 92mila miliardi (+30mila miliardi rispetto allo scorso marzo), è tanto più significativo se confrontato con il PIL mondiale (che dovrebbe toccare a fine anno gli 80mila miliardi).
Da dove prende origine?
La risposta sta nella Banche Centrali, che a partire dal 2009 hanno assunto il ruolo di «salvagente» del Sistema Economico globale.
Tramite l’espansione senza precedenti dei loro bilanci, dovuto principalmente al massiccio acquisto di titoli pubblici e privati (quindi di debito) queste hanno immesso nel Sistema Economico un enorme ammontare di liquidità.
Nel contesto attuale, però, la «colpa» non è solo delle Banche Centrali. Sono, infatti, altri due i soggetti imputati del processo di «inflazione finanziaria» :
- le imprese private tramite i processi di buyback;
- i tassi al lower bound e il mercato azionario in continuo rialzo, hanno «convinto» le banche a investire di più nei mercati finanziari (e a «passare» meno liquidità ricevuta dalle Banche Centrali all’economia reale).
I mercati «dopati» per alcuni rappresentano un indicatore «contrarian»
Quando arriva la bassa marea, si scopre chi stava in acqua senza costume, scrive Federico Rampini nel suo libro «Banchieri» citando un’espressine colorita molto in voga a Wall Street.
E’ proprio questo il rischio principale di questo gioco in cui le Banche Centrali hanno «comprato» il debito sia pubblico che privato e hanno finanziato indirettamente Wall Street: prima o poi il «salvagente» delle Banche Centrali si sgonfierà e presenterà «il suo conto» ad un mercato finanziario ben al di sopra della sua tendenza di lungo periodo.
Questo, inoltre, determina una rilevante situazione di instabilità finanziaria: Stati e imprese sono più fragili, in quanto, qualora le Banche Centrali decidessero di «buttare via» il Joystick del videogioco «espansione monetaria», potrebbero registrare difficoltà a sostenere il debito.
Se ne riparlerà, però, quando l’inflazione avrà fatto di nuovo «capolino», visto che un rialzo dei tassi in presenza di un debito sempre più elevato (con la somma del debito di famiglie, banche e stato pari al 331% del PIL), potrebbe rappresentare una «spada di Damocle» sulla testa dei mercati finanziari, innescando una «tempesta perfetta».
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