Cosa significa carcere duro? Ecco cosa prevede l’articolo 41 bis, quando si applica e perché è un tema sempre attuale.
Comunemente si parla di 41 bis per far riferimento a un regime carcerario particolarmente restrittivo, il cosiddetto carcere duro che ha da sempre lasciato qualche perplessità ai giuristi e soprattutto alla Corte dei diritti umani di Strasburgo. Quest’ultima, infatti, ha sanzionato l’Italia in diverse occasioni, a causa dell’estrema durezza di questo sistema.
L’argomento è quindi stato da sempre un tema caldo, ma oggi è tornato a essere il nucleo centrale di diverse polemiche, scatenate dalla situazione di Alfredo Cospito e dall’arresto di Messina Denaro. Per capire il motivo di questi dibattiti, è necessario ripercorrere la storia del 41 bis, dalla sua introduzione nel 1975 agli alti numeri attuali.
Cosa significa 41 bis?
Il regime del 41 bis prende il nome dal relativo articolo della legge sull’ordinamento penitenziario, per l’appunto l’articolo 41 bis. Quest’ultimo consente, in verificate situazioni di emergenza, di limitare ulteriormente i diritti dei detenuti, al fine di garantire e ripristinare la sicurezza. La ratio di questa norma è quindi evidente: non si tratta di una punizione aggiuntiva, bensì di un sistema di precauzioni volto a limitare il prosieguo dell’attività criminale e tutelare la sicurezza degli altri detenuti e degli agenti di polizia penitenziaria. Una misura con origine precauzionale e, soprattutto, temporanea, che di fatto ha mostrato applicazioni decisamente più drastiche.
Storia del 41 bis in Italia
Il 41 bis è un regime carcerario particolare e più severo della norma, per questo motivo viene anche chiamato “carcere duro”. Vi sono destinati gli autori dei reati ritenuti più gravi dal nostro ordinamento, soprattutto i reati legati alla criminalità organizzata.
Nato nel 1975 in via temporanea, il regime carcerario 41 bis fu esteso ai boss mafiosi nel 1992. Soltanto nel 2002, quando la norma è diventata definitiva, il regime è stato esteso anche ai reati di terrorismo. Ancora oggi, comunque, il carcere duro ha la specifica finalità di impedire che il detenuto possa ricevere informazioni dall’esterno, fattore estremamente rilevante per impedire le attività nelle organizzazioni. Si tratta, infatti, del modo migliore per evitare che i detenuti riescano a comunicare informazioni ed impartire direttive agli affiliati in libertà.
Il 41 bis riduce al minimo sia i contatti tra il detenuto e l’esterno (con i familiari e gli avvocati) sia con gli altri detenuti e anche con le guardie penitenziarie. Insomma si tratta di una condizione di totale isolamento.
L’estrema durezza del 41 bis ha aperto molte volte un dibattito circa la sua legittimità: se è vero che la Costituzione stessa ammette un particolare regime detentivo per criminali altamente pericolosi è anche vero che in alcuni casi il 41 bis si traduce in una vera e propria privazione dei diritti umani. Il dibattito continua, soprattutto per il prolungato sciopero della fame di Alfredo Cospito. Il ministro Nordio, tuttavia, ha chiarito che la misura del 41 bis non è messa in discussione e che, più che altro, è importante analizzare la situazione e i pareri dell’autorità giudiziaria per ogni singolo caso.
Cosa prevede il carcere duro
Il motivo per cui il carcere duro è pesantemente criticato rientra, anche se indirettamente, nelle additate problematicità del sistema penitenziario italiano. Gli istituti detentivi, infatti, prevedono già un sistema di limitazioni piuttosto stringente, ed è inevitabile che applicare le restrizioni previste dall’articolo 41 bis intacchi alcune delle sfere fondamentali di ogni persona. Chi è sottoposto a questo regime è detenuto in una cella singola e non ha accesso agli spazi comuni dell’istituto penitenziario, infatti anche l’ora d’aria avviene in totale isolamento.
La cella di un detenuto in carcere duro contiene un letto, un tavolo ed una sedia inchiodata a terra ed è impossibile ogni forma di privacy. Chi è detenuto in questo regime non può possedere alcun oggetto personale, neanche un libro, salvo particolari concessioni che richiedono un lungo iter di approvazione. Il detenuto è sorvegliato dalla Polizia penitenziaria 24 ore su 24, mentre i contatti con le guardie carcerarie sono ridotti al minimo indispensabile. Sono estremamente limitati anche i colloqui con i familiari (anche relativamente alla corrispondenza), con gli avvocati ed ogni altro contatto con l’esterno.
Anche se in 41 bis, il detenuto ha diritto a ricevere le cure mediche di cui ha bisogno in carcere, e, quando è indispensabile, può essere condotto in ospedale. Viste le durissime condizioni, il nostro ordinamento stabilisce in modo preciso i reati per i quali può essere applicata questa misura. Si tratta, naturalmente, dei crimini considerati più gravi a livello legale, il quale riflette però i principi di matrice sociale e morale.
leggi anche
Alfredo Cospito: chi è, perché si trova in carcere e perché gli anarchici lo vogliono libero
I reati del carcere duro
La legge penitenziaria 41 bis stabilisce che il carcere duro è applicabile per i seguenti reati:
- con finalità di terrorismo;
- di associazione a delinquere di stampo mafioso;
- commessi per agevolare l’attività delle associazioni mafiose;
- di riduzione o mantenimento in schiavitù;
- di sfruttamento della prostituzione minorile;
- di tratta di persone;
- di acquisto o alienazioni di schiavi;
- di violenza sessuale di gruppo;
- sequestro di persona a scopo di rapina o estorsione;
- associazione a delinquere per contrabbando di tabacchi lavorati all’estero
- associazione a delinquere per traffico di sostanze psicotrope o stupefacenti.
I numeri del 41 bis
All’inizio del 2016 i criminali in carcere duro erano 729, tra cui solo 7 donne. Tra questi attualmente si stima che il 20% appartenga alla categoria dei terroristi politici, il restante 80% invece è stato condannato per reati legati all’associazione mafiosa. Le stime più recenti, con dati aggiornati al 31 ottobre 2022, i detenuti al 41 bis sono 728. Una differenza minima, dovuta non solo alla ristrettezza di applicazione di questo regime, ma anche alla lunghezza delle pene. Sembra, tuttavia, esserci stata una notevole ridistribuzione: soltanto 4 detenuti (fra cui Cospito) sono imputati per crimini di terrorismo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA