Un quarto delle app sul telefono riguardanti la salute viola le norme sulla privacy. Ecco a quali app fare attenzione.
A documentarlo è uno studio che è stato pubblicato sul British Medical Journal, dopo aver messo sotto esame più di 20mila app per smartphone che si occupano di salute.
Dallo studio è uscito fuori che molte app operanti in questo ambito (per un numero che ammonta addirittura al 25% del totale) presentano problemi seri di privacy e raccolta dei dati.
Vediamo in dettaglio di cosa si è occupato lo studio e, soprattutto, a quali app bisogna fare più attenzione per tutelare i nostri dati e la nostra privacy telefonica e perché è allarme.
Quali sono le app non sicure
Secondo le stime riportate dallo studio in questione, dei 2,8 milioni di app che sono presenti su Google Play e dell’1,96 milioni che invece sono presenti su Apple Store, un totale pari a quasi 100.000 app riguarda le categorie strettamente medico-sanitarie oppure sono inerenti ad ambiti di fitness, benessere e salute.
Gli sviluppatori di tutte queste app presentano agli utenti le normative sulla privacy e, in linea generale, queste regole vengono rispettate. Ciò significa che i dati degli utenti vengono legalmente e regolarmente condivisi.
Tuttavia, il gruppo di ricerca che ha pubblicato sul British Medical Journal ha individuato, all’interno di questo gruppo enorme di app, un numero di 15 mila app mHealt gratuite nel Google Play Store che commette degli errori in materia di privacy.
In cosa consiste l’allarme privacy
Gli studiosi hanno scoperto che l’88% delle app in questione aveva la capacità di accedere ai dati personali esterni all’app stessa e non solo: quei dati potevano essere anche condivisi con servizi di terze parti o fornitori di analisi e monitoraggio.
La maggior parte di queste app potevano memorizzare i cookie personali, ossia salvare tutte quelle informazioni che i siti web visitati da un motore di ricerca memorizzano sul computer dell’utente durante la sua navigazione in Internet.
Per di più, circa un quarto delle app in questione poteva identificare il ripetitore da cui il cellulare si connetteva alla rete Internet. In ulteriore aggiunta, una piccolissima percentuale di app mHealt poteva arrivare a trasmettere la posizione della persona che usava l’app e anche il nome della stessa.
Alcune app non dichiarano la policy privacy
Tuttavia, c’è anche da dire che una buona percentuale (il 23%) di queste comunicazioni avveniva attraverso l’utilizzo di canali ritenuti non sicuri.
Per di più, la grande maggioranza delle app che hanno riscontrato problemi con la condivisione di dati personali, non forniva agli utenti i tipici testi di accettazione della policy sulla privacy.
Al contrario, molte violavano proprio quanto avevano dichiarato nella privacy policy. In quest’ultima situazione si trattava di incongruenze o incoerenze delle mHealt app che sarebbero talora potute andare a discapito dell’utente.
A quali app stare attenti ora
Gioacchino Tangari, della Macquaire University, sostiene che i medici dovrebbero essere a conoscenza di questi programmi di gestione sanitaria. Affidando al personale medico le app di questo tipo, si ridurrebbero i rischi di inottemperanza nei confronti delle politiche di privacy.
Per di più, è importante - continua Gioacchino Tangari - esercitare un maggiore controllo e stabilire una maggiore responsabilità da parte di inserzionisti digitali, data broker e app store in merito ai dati e salute.
Bisogna stare attenti a quelle app che, ad esempio, non forniscono accettazione di policy che riguardano la privacy. Se non si è certi dell’app che si sta scaricando e si vogliono tutelare la propria privacy e i propri dati, si dovrebbe, inoltre leggere il documento informativo prima di accettare.
Questo vale specialmente per tutte quelle app che riguardano salute, benessere e informazioni personali, ma anche tutte le altre.
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