Strategie operative sull’S&P 500: come utilizzare i gap con una solida base statistica

Ufficio Studi Money.it

05/03/2019

L’estensione di ieri sull’indice americano non è bastata per chiudere il gap del 15 febbraio scorso. Perché? La risposta a questa domanda ce la fornisce la statistica: in media un gap up impiega 70 giorni a venire richiuso. Vediamo i dettagli

Strategie operative sull’S&P 500: come utilizzare i gap con una solida base statistica

Con l’estensione ribassista di ieri i corsi dell’indice S&P 500 si sono avvicinati alla chiusura del leggero gap up lasciato aperto lo scorso 15 febbraio.

L’indice S&P 500 ieri ha tentato un allungo ribassista, poi respinto. Fonte: Bloomberg

Il gap in questione entra nel novero dei 513 gap che l’indice statunitense ha lasciato sul grafico nelle precedenti 3.322 sedute, ossia gli ultimi 13 anni di Borsa. Per capire dunque come operare al meglio in questa delicata fase di mercato ci siano affidati alla statistica e abbiamo analizzato il database delle sedute dell’S&P 500 dal 2006 ad oggi. Vediamone i risultati.

Le statistiche sui gap dell’S&P 500

Elaborazione Ufficio studi di Money.it

Negli ultimi 13 anni il 15,44% delle sessioni ha aperto con un gap rispetto alla precedente seduta. Tradotto in numeri, su 3.322 sedute, 513 hanno aperto in gap.

Di queste, il 65,69% appartiene alla categoria dei gap up, mentre solamente il 34,31% è un gap down. Questo è dovuto all’impostazione fortemente rialzista del listino, inserito in un importante uptrend di lungo periodo.

I gap e le loro conseguenze sui prezzi dell’S&P 500

Nel lasso di tempo preso in considerazione nell’analisi, l’ampiezza media dei gap è molto ridotta, circa 3 punti.

È molto più interessante osservare come in caso di gap down l’estensione dei prezzi che accompagna una prosecuzione del movimento, intesa come range massimo-minimo, sia molto più importante, 28,56 punti medi, rispetto alla medesima considerazione nell’eventualità di un gap up, dove l’ampiezza della barra in caso di continuazione è di 17,05 punti.

La spiegazione potrebbe essere questa: in un mercato strutturalmente toro come quello dell’S&P 500, un gap down causa una sorta di panico che spinge gli operatori a vendere e a liberarsi di posizioni che avrebbero buona possibilità di andare in forte sofferenza in caso di continuazione delle vendite. Ciò innesca un effetto a catena che porta a ribasso le quotazioni. Questo fenomeno si comprende al meglio abbinando questa considerazione al dato delle barre che chiudono in direzione del “buco”, pari al 63,74%.

In generale, la percentuale di gap che si chiudono in giornata è uguale al 58,28%, una statistica molto simile a quella che abbiamo osservato la scorsa settimana sull’indice Dax.

Arrivando ora alle tempistiche di chiusura, la struttura bullish dell’S&P 500 fa sì che serva molto tempo, in media 72 giorni, per avere una chiusura di un gap up.

Diversa la situazione per i gap down, la cui chiusura avviene di norma entro 12 giorni. Anche in questo caso osservando il grafico si avrà la risposta: dopo un ritracciamento, la reazione dei compratori è spesso repentina e va a creare massimi crescenti. Questo permette il riempimento dei gap ribassisti in un tempo molto minore.

Infine, solamente il 3,31% dei gap non è stato ancora chiuso: sono infatti 17 i “buchi” non ancora ricoperti.

Un possibile tipo di operatività

Venendo ora alle modalità operative, le strategie stop & reverse sono le favorite. Facendo un esempio, se la seduta di oggi aprisse in gap down si potrebbe valutare un’operazione long che miri alla chiusura del “buco” con uno stop loss di circa 30 punti.

Una volta richiuso, si potrà valutare un’operatività di tipo short che punti ad un obiettivo di 30 punti dalla zona di apertura del gap. È a questo punto che entra in gioco l’analisi tecnica: con la propria discrezionalità si sarà in grado di comprendere il “mood” che governa il mercato e operare di conseguenza, avendo alle spalle una solida base statistica.

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