Con una recente sentenza la Cassazione dice addio all’assegno di mantenimento per la moglie ancora giovane e abile al lavoro. Ecco le motivazioni della Corte suprema.
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 11870/2015 si è pronunciata circa il riconoscimento dell’assegno di mantenimento alla moglie negando tale diritto quando quest’ultima sia ancora giovane ed abile al lavoro.
Vediamo quali sono stati gli ultimi orientamenti giurisprudenziali che hanno apportato notevoli cambiamenti agli obblighi derivanti dal matrimonio in caso di separazione.
Assegno di mantenimento: novità dalla Cassazione
L’assegno di mantenimento è un provvedimento economico disposto dal giudice in seguito a separazione dei coniugi in favore del coniuge economicamente più debole (solitamente la donna) nel rispetto del principio di obbligo di assistenza materiale nascente dal matrimonio.
Assegno di mantenimento: cos’è e come si calcola?
In passato l’assegno di mantenimento veniva disposto dal giudice con molta più facilità: bastava, in molti casi, una semplice richiesta, quasi fosse una misura assistenziale perpetua (Cass. sent. n. 2982/1994 conferma questo orientamento, infatti, era sufficiente che il richiedente pensasse e affermasse di non avere i mezzi adeguati al proprio sostentamento) ma negli ultimi anni, anche in seguito ad alcune sentenze della Cassazione, si sta assistendo ad un cambio di tendenza (Cass. sent. n. 21080/2004 e da ultimo Cass. sent. n. 11870/2015).
Stando al dettato della Cassazione (sent. n. 11870/2015) “se la moglie ha idonea capacità lavorativa, anche se durante il matrimonio era casalinga, può ben andare a lavorare e non ha diritto all’assegno da parte dell’ex marito”.
I motivi che sembrano spingere i giudici ad un tale orientamento sono sicuramente legati alle mutate condizioni economiche e lavorative rispetto al tempo in cui la norma in tema di mantenimento fu dettata: oggi sono sempre meno le donne prive di occupazione e, in ogni caso, il mondo del lavoro non preclude loro la possibilità di entrarvi.
Ci si sta adeguando ai tempi. Già con una modifica normativa è stata disposta la perdita del diritto all’assegno nel caso in cui la donna crei, dopo la separazione, un nuovo nucleo familiare.
La novità più importante riguarda, però, l’onere della prova ora a carico del richiedente l’assegno di mantenimento.
Infatti, deve essere il soggetto che richiede il beneficio a dover dimostrare di non avere mezzi sufficienti al proprio sostentamento e di essere impossibilitato a procurarsi un reddito.
L’assegno di mantenimento non risulta più essere una misura automatica, ma viene disposta nel momento in cui, in seguito a separazione coniugale, il richiedente dimostri la precarietà della propria situazione economica.
Assegno di mantenimento: calcolo. Linee guida della Cassazione
Non esiste un criterio matematico per stabilire l’importo dell’assegno di mantenimento per il coniuge economicamente più debole, ma la Cassazione fornisce delle linee guida che consentono di orientarsi nel calcolo.
E’ fondamentale tenere in considerazione il tenore di vita che la donna aveva prima della separazione, ma non dimenticando che tale obiettivo deve essere perseguito solo se sostenibile dall’uomo, essendo sopravvenuti altri fattori legati alla separazione (affitto o mutuo per una nuova casa ed esempio).
A queste indicazioni se ne aggiungono altre: capacità di reddito del richiedente, contributo offerto durante la vita matrimoniale, durata del matrimonio, potenzialità economiche dei coniugi, etc.
Quindi, il giudice deve valutare la presenza o meno di adeguati mezzi economici necessari al sostentamento e poi degli altri fattori suindicati, proprio perché l’assegno di mantenimento non deve essere più visto come una misura assistenziale per la donna, ma un beneficio da erogare dopo aver valutato le potenzialità economiche di entrambi e soprattutto nel momento in cui sussistano reali condizioni di difficoltà od impossibilità a procurarsi il reddito necessario.
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