Quali sono i congedi che si possono richiedere nei casi in cui si abbia la necessità di assentarsi dal lavoro? Facciamo chiarezza.
Quali sono le assenze per congedo a disposizione dei lavoratori dipendenti?
Negli ultimi mesi sono state previste misure straordinarie per controbattere all’emergenza coronavirus, con i differenti congedi e le equiparazioni tra quarantena e malattia o degenza ospedaliera, disposti in base ai casi e alla categoria di lavoratori interessati, ma vero è che il diritto del lavoro disciplina - in linea generale - distinte forme di tutela e mezzi che si adattano a circostanze ad hoc, mirate a migliorare la combinazione tra lavoro e famiglia.
Pensiamo ad es. al noto congedo matrimoniale (15 giorni di permesso pagati al 100%), ma nella normativa vigente vi sono anche altri permessi meno conosciuti, ad es. quello legato ai motivi sindacali.
Di seguito intendiamo offrire una guida pratica e sintetica su quelle che sono le regole applicate in materia di assenze retribuite del lavoratore dipendente.
ASSENZE PER CONGEDI
Assenze per congedi: il contesto di riferimento
Il quadro delle assenze per congedi è il frutto di conquiste derivate da decenni di lotte sindacali. Queste ultime hanno consentito alle lavoratrici e ai lavoratori di poter disporre di una serie di diritti.
Tra detti diritti, riconosciuti in modo espresso dalle leggi e dai Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (CCNL), c’è anche quello di poter sfruttare - a specifiche condizioni - periodi di assenza dall’obbligo di compiere la propria attività lavorativa.
Ciò è possibile avvalendosi di aspettative, permessi retribuiti e non retribuiti, riposi compensativi, congedi retribuiti e non retribuiti, e non solo.
In linea generale, la materia è regolata dalla legge ma non integralmente, in quanto la disciplina di dettaglio è prevista anche dai Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro. Questi ultimi hanno la funzione d’integrare le previsioni di legge e immettere nuove specie di assenze dal lavoro retribuite e non retribuite.
A questo punto, come accennato poco sopra, soffermiamoci sulle più rilevanti assenze retribuite del lavoratore, per capire quali sono i presupposti previsti dalle norme in materia e qual è il meccanismo per ciascuna di esse.
Assenze per congedi: come funziona il congedo matrimoniale?
Il congedo matrimoniale è assegnato a tutti i lavoratori e lavoratrici che decidono di sposarsi, e dunque che contraggono matrimonio valido agli effetti civili. Oggi questo beneficio vale anche per chi sceglie l’unione civile. Detta assenza ha una durata di 15 giorni di calendario ed è pagata al 100%.
Non è obbligatorio che cominci il giorno delle nozze, in quanto dipendente e datore di lavoro possono accordarsi per una data vicina, con una flessibilità che non dovrebbe essere al di sopra dei 30 giorni.
Attenzione però: è il lavoratore a dover domandare il congedo matrimoniale e ogni contratto fissa con precisione con quanto anticipo (in genere da 6 a 15 giorni).
Norme di riferimento in materia di permesso per matrimonio sono il RDL del 1937 per gli impiegati e il contratto collettivo interconfederale del 1941 per operai d’industria, artigianato e cooperative. Oggi si può affermare che tutti i contratti collettivi di lavoro, di tutti i comparti, ammettono questo congedo.
Congedo di maternità e paternità: come funziona?
Il congedo di maternità consiste in un periodo di astensione lavorativa nel quale l’avente diritto incassa l’80% della retribuzione mensile. Detto periodo ha una durata pari a 5 mesi: inizia due mesi prima della data prevista del parto per poi finire al compimento del terzo mese di vita del bambino.
L’astensione vale anche per il genitore adottivo, che potrà usufruire dei cinque mesi appena dopo l’ingresso del nuovo membro in famiglia.
Invece, il congedo di paternità rappresenta una tutela per i neo papà che hanno l’obbligo di astenersi dal lavoro per un certo arco di tempo. La durata è oggi pari a 10 giorni.
Nel periodo del congedo il papà ha diritto a ottenere in busta paga il 100% dell’intera retribuzione.
Congedo parentale: come funziona?
Il congedo parentale consiste in un periodo di astensione facoltativo dal lavoro assegnato ai genitori per prendersi cura del bambino nei suoi primi anni di vita e venire incontro ai suoi bisogni affettivi e di relazione.
Ai genitori lavoratori dipendenti spetta un’indennità pari al 30% della retribuzione media giornaliera, fino ai 6 anni di età del figlio, limite che sale a 8 anni in determinate circostanze. Mentre non spetta alcuna indennità se il figlio è in una età tra gli 8 e 12 anni.
Permesso sindacale: di che si tratta?
L’art. 2 dello Statuto dei lavoratori permette 10 ore annue di permessi pagati al 100% per la partecipazione ad assemblee sindacali.
Sono pagati anche i permessi dei rappresentanti sindacali per prendere parte a RSU, trattative, convegni di ambito sindacale (con preavviso).
Attenzione però: i contratti collettivi posso dettagliare ulteriori norme e, in particolare, possono includere condizioni migliorative.
Assenze per congedo per gravi motivi familiari: come funziona?
L’assenza per congedo per gravi motivi familiari può essere domandata dal lavoratore dipendente, di ambito pubblico o privato, ha una durata massima pari a 2 anni nell’arco dell’intera vita lavorativa dell’avente diritto.
Può essere fruito anche in modo frazionato nel corso del tempo. In ogni caso, il lavoratore conserva il diritto alla conservazione del posto di lavoro.
Abbiamo innanzi un congedo non retribuito. I gravi motivi (morte o problemi di salute) sono attinenti a un vasto ambito di soggetti, ossia: coniuge, parte dell’unione civile, figli anche adottivi, genitori, generi e nuore, suoceri, fratelli e sorelle anche non conviventi, e altresì i portatori di handicap parenti o affini entro il terzo grado.
Per detti casi gravi deve essere fornita adeguata documentazione a sostegno della propria richiesta.
Attenzione però: i lavoratori dipendenti hanno diritto altresì un permesso retribuito di tre giorni in ipotesi di decesso di un parente di primo grado (coniuge).
Il rilievo della legge 104 e dei permessi giornalieri
Il lavoratore che si trova a dover assistere un familiare disabile grave, parente o affine entro il secondo grado (o entro il terzo grado, in situazioni particolari), ha diritto a 3 giorni di permesso al mese in virtù della legge 104, utilizzabili anche in modo continuativo.
I permessi giornalieri per legge 104 per assistere il familiare disabile grave possono essere sfruttati dal dipendente, a patto che il familiare non sia ricoverato a tempo pieno. Inoltre, detti permessi giornalieri per legge 104 sono sempre retribuiti e garantiti da contribuzione figurativa utile ai fini pensionistici. Nelle ore di permesso, a versare lo stipendio all’avente diritto non è il datore di lavoro ma l’Inps che versa una indennità sostitutiva al beneficiario attraverso il datore di lavoro.
Per assistere un figlio disabile grave, i permessi giornalieri di cui alla legge 104 sono assegnati a entrambi i genitori, anche adottivi, che possono sfruttarli in modo alternativo. Invece, per assistere un altro familiare disabile grave, i permessi sono assegnati a un solo lavoratore subordinato.
Studio e formazione: le assenze previste dalla legge
Le norme del diritto del lavoro disciplinano anche in merito al congedo per formazione, ossia quell’istituto finalizzato al completamento della scuola dell’obbligo; al conseguimento del titolo di studio di secondo grado, del diploma universitario o di laurea, alla partecipazione ad attività formative diverse da quelle poste in essere o finanziate dall’azienda o datore di lavoro.
In dette circostanze il periodo massimo di aspettativa non deve oltrepassare gli 11 mesi, fruibili in modo frazionato o consecutivo. Inoltre, per vige il vincolo dei 5 anni di anzianità di servizio prima di poterla sfruttare, in ogni caso per una sola volta nell’arco della vita lavorativa.
Mentre gli studenti universitari possono contare su un permesso pagato per l’intera giornata lavorativa del giorno d’esame.
Permesso elettorale e esercizio di funzioni pubbliche: come funziona il meccanismo?
Coloro i quali accettano di svolgere funzioni presso gli uffici elettorali, ad es. quelle di scrutatore ai seggi, inclusi i rappresentanti di lista, hanno diritto all’assenza per l’intera durata della consultazione elettorale, con retribuzione al 100%.
Per i giorni festivi nel periodo elettorale, si ottiene altresì un compenso supplementare rispetto allo stipendio o un riposo compensativo. L’art. 119 del Dpr 361 del 1957 è il punto di riferimento normativo.
Invece, per quanto attiene al coloro i quali sono eletti a incarichi pubblici, vi sono regole ad hoc. I consiglieri nazionali e regionali possono contare su un’aspettativa per l’integrale durata del mandato, ma senza incassare stipendio. In buona sostanza, sussiste la mera garanzia della conservazione del posto di lavoro.
Per i consiglieri comunali e provinciali valgono le regole in tema di permesso retribuito per ciascuna giornata di riunione del consiglio, più un monte di 24 ore al mese.
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