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Autonomia finanziaria delle donne: facciamo il punto con Claudia Vassena di buddybank

Antonella Coppotelli

13/12/2021

C’è ancora molto da fare in termini di educazione finanziaria femminile ma soprattutto sono da superare stereotipi e bias comportamentali per una corretta autodeterminazione.

Giovane, pure digital, always on e, soprattutto, un grande impegno verso l’educazione finanziaria femminile attraverso il sostegno e la promozione di progetti concreti. Potremmo riassumere in questo modo l’essenza di buddybank, l’innovativo modello di banca pensato per smartphone di UniCredit S.p.A. La rivoluzionaria realtà bancaria fin da subito si è imposta verso una clientela smart che attraverso il proprio dispositivo mobile organizza e gestisce i propri movimenti finanziari e che vuole preservare la propria autonomia nella gestione di tempi e modi per contattare la banca. Dai dati in possesso dell’azienda è emerso che oltre l’80% dell’utenza è under 32 anni e che le comunicazioni con la banca avvengono principalmente in orari serali e nel weekend, momenti tradizionalmente non abilitati all’apertura degli sportelli di filiale.

Oltre, quindi, a queste connotazioni estremamente all’avanguardia che avvicinano sempre di più la banca verso il proprio cliente attraverso l’assicurazione di tutta una serie di servizi “salvatempo”, l’elemento di maggiore spicco su cui buddybank si è concentrata con una certa premura è l’alfabetizzazione finanziaria delle donne.

Benché molto giovane l’utenza analizzata vede una presenza femminile pari all’inizio solo al 10%, confermando la propensione delle donne verso temi finanziari ancora bassa e timorosa, in linea con le continue analisi portate avanti dal Comitato di Educazione Finanziaria, presieduto da Annamaria Lusardi. Da lì, quindi, l’intuizione di buddybank di metter mano a tutta una serie di progetti concreti che possano affiancare, ascoltare e dare sostegno alle donne anche attraverso corsi di formazione e perfezionamento professionali sulle figure più richieste al momento nel mercato del lavoro digitale con l’obiettivo di creare le giuste condizioni per l’indipendenza e l’affermazione di se stesse.

L’uomo ricco sono io”, diceva Cher ma prima di arrivare a questo tipo di consapevolezza e avere tutte le carte in regola per prendere in mano il proprio destino e autodeterminarsi è necessario superare storiche “ritrosie e bias” comportamentali che vedono ancora oggi donne e questioni finanziarie agli antipodi.

Ne abbiamo parlato con Claudia Vassena, head of buddybank che guida con piglio e grinta il team dal 2019 e protagonista della prima puntata di Pink Finance, lo speciale editoriale di Money.it dedicato proprio a donne e finanza.

Come sta evolvendo buddybank?

Abbiamo una base di clienti molto giovane, in media l’80% della nostra clientela è sotto i 32 anni, si conferma chiaramente una clientela molto digitale. Siamo un’app mobile, ma anche che è molto attenzionata e a cui piace molto la comunicazione via chat, quindi le nostre chat sono molto utilzzate in qualsiasi orario della giornata. Una delle ulteriori sorprese che abbiamo potuto constatare dopo tre anni è che il servizio 24/7 è molto apprezzato: inizialmente c’era il dubbio se una banca aperta 24/7 potesse funzionare e oggi ne abbiamo la conferma più del 30% delle chat, delle comunicazioni che entrano nella nostra filiale, arrivano nei classici orari fuori apertura di una filiale, quindi arrivano dopo le sette di sera, o il sabato e la domenica, pertanto il modello si conferma vincente e il NPS, Net PromoterScore, molto alto.
Anche i rating sullo store sono buoni quindi siamo soddisfatti.
C’è tanto da fare, tanto da migliorarsi, ma siamo sul percorso che abbiamo deciso di intraprendere e proseguiamo con entusiasmo. Da tre anni dal lancio di buddybank siamo molto soddisfatti, abbiamo superato i 200.000 clienti e siamo pronti per un rush finale per chiudere quest’anno con ottime performance.

Cosa sta facendo buddybank per l’educazione finanziaria femminile?

Una delle sorprese che abbiamo visto sin dal primo anno dal lancio di buddybank è stata quella che pur essendo un servizio molto veloce, snello e adatto a una popolazione giovane, ci rivolgiamo spesso a quelli che vengono chiamati Millennial o la Gen Z, è che la componente femminile è ancora marginale. Addirittura all’inizio meno del 10% della nostra clientela era femminile e più del 90% quindi era maschile. Ci siamo chiesti perché, chiaramente forse una comunicazione all’inizio che strizzava più l’occhio a un mondo tecnologico e sappiamo che ancora oggi ci sono grossi stereotipi, grosse ritrosie e anche bias di noi donne verso il mondo più tecnologico, mobile e digitale. Ma questo non è sufficiente.

Abbiamo analizzato il mercato e ci sono dati ormai che lo confermano un po’ ovunque, anche dai dati dell’OSCE, la propensione finanziaria del mondo femminile è molto bassa ed è a prescindere dall’età, quindi non è più soltanto uno stereotipo o un problema che va sulle donne magari sopra i 40/50 anni anche per effetto di una cultura che ha delegato più alla componente maschile la gestione del patrimonio familiare, ma ancora oggi ha delle ripercussioni su quelle più giovani. Quindi è essenziale investire, comunicare, parlare, sviluppare prodotti che siano anche adeguati a un’audience femminile per incuriosirla e portarla nella gestione del proprio conto, delle proprie finanze e del proprio futuro.

Autonomia finanziaria delle donne: a che punto siamo?

Una volta realizzato che c’era una discrepanza tra la percentuale di sottoscrittori maschile e femminile abbiamo iniziato a capire come migliorarci. Da un lato è stato un lavoro di marketing, di prodotto, di comunicazione, di interazione con il quale abbiamo cercato di raggiungere anche il pubblico femminile. Come prima cosa abbiamo iniziato a utilizzare anche degli influencer più adatti a quel pubblico, perché seguiti in prevalenza da donne, o ancora abbiamo rifatto una brand identity già solo l’anno scorso, per colpire anche l’interesse, il look and feel più gradito anche dal pubblico femminile. Ma oltre a tutte queste attività, è partita una grossa campagna, con un grosso impegno da parte nostra, di formazione, affiancamento, ascolto del mondo femminile. Cito alcuni esempi, uno è il progetto fatto con Chiara Tagliaferri e Michela Murgia «Morgana. L’uomo ricco sono io» una serie di podcast già molto ascoltati l’anno scorso di cui partirà anche a breve una nuova edizione in cui raccontiamo storie di donne che hanno gestito il loro denaro, che sono state indipendenti.

«L’uomo ricco sono io» nasce da una famosa frase di Cher, che quando la madre le disse «Bene, sei famosa, tutto bello ma quand’è che sposi un uomo ricco che ti mantiene?» lei ha detto «Mamma, l’uomo ricco sono io». Ecco, quello che vogliamo è dare degli esempi concreti di donne che hanno preso in mano il loro destino e hanno gestito le proprie finanze raggiungendo il successo, i propri sogni in diversi ambiti. Quindi non è soltanto quello finanziario, ma della moda, o la parte di Chiara Lubich delle comunità, piuttosto che del food, del beverage, insomma, tutto un mondo veramente molto variegato proprio per dare esempi di donne in diversi mondi, in diversi caratteri ed epoche storiche, ma tutte accomunate dalla voglia di conoscere, di essere indipendenti e di affrontare la propria vita anche finanziaria in modo autonomo. Questo è un progetto che ha sicuramente avuto un grande successo, ne è nato anche un libro.

Un altro progetto molto interessante è stato quello di dare delle borse di studio a donne che hanno perso il lavoro, perché sono rimaste a casa dopo la maternità e la voglia è quella di dare loro la possibilità di partecipare a un corso di formazione che le introduce in quelli che sono i lavori più cercati oggi. Quindi lo UX Designer, il Social Media Manager, tutti lavori nel digitale, in cui tutti stiamo cercando risorse, il mercato ricerca risorse e le donne sono bravissime nel mondo digitale. Togliamoci anche dallo stereotipo delle donne non brave nel digital, non sviluppatrici, non «tecniche» assolutamente, se c’è la competenza siamo paritetiche alla componente maschile, e quindi è un modo per stare vicino a delle donne e dargli quel know how e poi lasciarle libere di emergere, perché sicuramente il mercato le cercherà e darà loro un nuovo lavoro e potranno reinserirsi nel mercato del lavoro anche dopo una maternità. Questi sono due esempi concreti, ma ce ne sono stati tanti altri in cui fondamentalmente abbiamo cercato di coniugare l’educazione finanziaria a un supporto economico, a una formazione sul territorio per spingere le donne a riprendere quel ruolo, quella curiosità, per poter gestire le proprie finanze in autonomia e serenità.

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