Equita Sim ipotizza un CET1 ratio della combined entity (BPER Banca + Carige) al 2019 di 11,9%, mentre l’istituto emiliano stand alone avrebbe il 12,7%
Chi salverà Banca Carige dal fallimento?
Diverse banche stanno trattando, o comunque sarebbero potenzialmente interessate, al deal con l’istituto ligure, ma tutte pongono paletti ben precisi. Una di queste è senz’altro BPER Banca, il cui amministratore delegato ieri a margine dell’assemblea straordinaria degli azionisti ha ribadito che l’intervento di un operatore industriale in Carige sarebbe possibile solo qualora l’operazione avesse un impatto neutro sul capitale.
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BPER evoca il modello veneto
Le parole del Ceo Vandelli fanno eco con quanto affermato dal numero uno di Unipol Carlo Cimbri (socio di maggioranza dell’istituto modenese con il 20% di capitale) e fanno chiaro riferimento allo schema di salvataggio adottato da Intesa Sanpaolo per le banche venete, che comprò gli asset in bonis per la simbolica cifra di 1 euro.
Del resto queste ipotesi trovano conferma anche fra i più esperti. Equita Sim ha ribadito che un deal di questo genere non potrebbe prescindere da almeno quattro condizioni:
- conversione in equity del subordinato da 320 milioni sottoscritto dal FITD;
- acquisizione di Carige a un prezzo simbolico;
- vendita da parte di Carige di almeno 3 miliardi di NPL, portando l’NPE ratio della combined entity al 5,5% nel 2021 (vs 7,5% di BPER stand-alone);
- certezza di rapida migrazione dei rischi di credito di Carige sui modelli IRB.
«Ipotizzando 200 milioni di oneri di ristrutturazione a carico di Bper Banca, il CET1 della combined entity al 2019 sarebbe di 11,9% contro il 12,7% di della banca emiliana stand alone», spiegano gli esperti di Equita Sim, «con possibilità di aumentare a circa 13,7% al 2021 attraverso l’utilizzo di 350 milioni di DTA di Carige».
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