In principio fu la Microstrategy, ora la Greenpro Capital ha deciso di seguire l’esempio: 100 milioni di emissione per finanziare nuovi acquisti di criptovaluta. E il titolo ha festeggiato. Bitcoin è sempre più materia da mercato mainstream e da speculazione per elefanti nella stanza
Ormai appare inutile negare l’evidenza: sotto l’apparente profilo «alternativo» di Bitcoin si sta muovendo qualcosa di decisamente mainstream.
È bastato infatti che Greenpro Capital annunciasse un investimento da 100 milioni di dollari per la creazione di un Bitcoin Fund per far schizzare il titolo del 101% in apertura al Nasdaq, dopo il 130% nel pre-market. Quartier generale a Kuala Lumpur, cuore in Nevada, l’azienda sta puntando forte sul business delle criptovalute. E non tanto per l’apparentemente limitato controvalore del capitale messo in campo, quanto per la modalità: Greenpro Capital, infatti, emetterà debito per finanziare l’acquisto di altri Bitcoin.
Di fatto, addio buybacks, benvenuti buyBits. Insomma, siamo alla conversione del cash in criptovaluta.
E stando alla reazione del mercato, una modalità apparentemente strategica per gonfiare le valutazioni equity, mettendo contemporaneamente un piede nel terreno di caccia dei prossimi mesi e marcando in anticipo il territorio. Quello appunto di Bitcoin, Ethereum e soci. Per essere onesti, i primi a dare vita al nuovo modello di business sono stati i visionari di Microstrategy, azienda di business-intelligence in luce da mesi per la sua accumulazione sistemica di criptovaluta. Non a caso, il 25 novembre scorso e forse fiutando l’aria che stava cambiando, la compagnia di Michael Saylor ha reso noto al mercato di aver acquistato Bitcoin per circa 650 milioni di dollari alla cifra di 21.925 dollari per bitcoin, portando il totale delle proprie detenzioni - al dato del 21 dicembre scorso - a 70.470 bitcoin.
Detto fatto, la mossa garantì al titolo di Microstrategy un balzo al massimo storico di 370 dollari per azione, portando così il market cap dell’azienda a oltre 3 miliardi di dollari, come mostra il grafico.
Bloomberg
Ma che il trend stesse prendendo una piega molto establishment lo ha confermato, a stretto giro di posta, l’acquisto a inizio dicembre di 100 milioni di dollari in bitcoin da parte di Mass Mutual, un totem nel campo assicurativo e dei servizi finanziari con alle spalle 169 anni di storia. Praticamente, la Duke & Duke di Una poltrona per due. Insomma, un vero e proprio varco del Rubicone. Ora è il turno di Greenpro Capital, la quale ha atteso per il suo annuncio una giornata decisamente particolare, come mostra il grafico:
Bloomberg/Zerohedge
Dopo il colossale short squeeze che ha permesso alla valutazione di Bitcoin di passare da 23.000 a 26.600 dollari nell’arco di 24 ore nel fine settimana e l’ulteriore balzo overnight oltre quota 28.000, ecco che la massiva liquidazione forzata di posizioni ha sostanziato uno spread senza precedenti fra prezzo spot e futures della criptovaluta, un balzo del 19% che ha rappresentato il massimo da giugno 2019. Qualcosa come 1.365 dollari di gap fra prezzo dei futures e prezzo spot, il massimo dalla nascita dei contratti derivati sulla criptovaluta, come mostra il grafico.
Bloomberg/Zerohedge
Ed ecco che l’ipotesi di un trend strutturale di mercato trae indirette e implicite conferme, perché se la logica degli short squeezes appare infatti auto-alimentante, nel momento in cui un asset entra in spirale rialzista e costringe chi ha investito contro a chiudere forzatamente posizioni futures prima di incappare in una margin call esiziale, una spinta simile in un arco temporale così breve non si spiega se non con l’intervento (o con la sua prezzatura ormai certa) di mani forti. E dinamiche di sistema, come appunto il morphing in seno ai principi di manipolazione delle valutazioni azionarie.
Se infatti i buybacks per trimestri interi hanno garantito alle aziende prezzi alti, abbassamento del flottante e pagamenti di dividendi (oltre all’abbandono temporaneo del pump’n’dump e dell’insider trading, con somma gioia di molti uffici legali), grazie alla facilità di finanziamento del riacquisto tramite emissioni obbligazionarie de facto garantite dalla Fed, oggi il medesimo criterio pare sostanziarsi attraverso l’alternativa cripto. Ovvero, convertire il cash in Bitcoin al fine di ottenere un feedback positivo a livello azionario. E, nel contempo, spingere giocoforza sempre più in alto le quotazioni della criptovaluta. Non a caso, nel suo comunicato, Greenpro Capital descriveva il proprio investimento come «un’opportunità per returns migliori e per preservare al meglio il valore del capitale nel tempo, alternativamente alla detenzione cash». Insomma, emettere debito per acquistare Bitcoin garantisce un return di magnitudo e prospettiva enormemente maggiore del classico buybacks azionario. Il quale, fra l’altro, è soggetto a regolazione della Sec rispetto alle finestre stagionali di divieto e a interventi emergenziali di sospensione da parte della Fed, come quello appena conclusosi.
Quanto ci vorrà prima che le mosse di Microstrategy e Greenpro Capital diventino il new normal, di fatto operando ulteriormente a leva sulle valutazioni di Bitcoin? In gergo quanto sta delineandosi viene già definito feedback bandwagon, il carrozzone reattivo della partecipazione corporate al mondo non più oscuro e alternativo delle criptovalute.
Si aprono nuovi scenari, quasi certamente prodromici a un’accelerazione da parte delle principali Banche centrali dell’adozione e del lancio delle proprie valute digitali. Crescono anche i rischi, però. Perché adesso, citando un Gordon Gekko d’annata, entrano in scena i big dogs in the tall weed. E la possibilità di rimanere schiacciati sale enormemente. Almeno al pari delle valutazioni prospettiche di Bitcoin. Wall Street si è ingolosita, ora la tavola diventa più stretta. E i commensali famelici.
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