Secondo la banca elvetica Credit Suisse gli stravolgimenti pandemici hanno premiato soprattutto ricchi e super ricchi. Al palo, invece, le fasce a minor reddito.
La grande corsa dei listini azionari, premiati dai maxi-stimoli e dall’assetto dovish delle banche centrali, unitamente alla ripresa dei valori immobiliari e allo sprint delle divise digitali, ha generato un boom di milionari durante la pandemia. A dirlo, nel suo report annuale sulla ricchezza nel mondo, la banca elvetica Credit Suisse.
Secondo i numeri snocciolati dall’istituto la ricchezza globale, e cioè gli asset finanziari, le proprietà immobiliari e le quote societarie, hanno toccato quota 418.300 miliardi di dollari, ma a beneficiare del balzo è stato principalmente il segmento reddituale dei ricchi e super ricchi.
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Infatti, nonostante la progressiva democratizzazione della finanza, che ha persino scollinato la soglia della ragionevolezza con gli short squeeze di GameStop e AMC o l’ottovolante delle criptovalute, gli investimenti azionari restano un affare soprattutto per chi ha più disponibilità di capitale. E, in tal senso, non sorprende che a beneficiare dei rialzi dei principali listini siano stati di fatto coloro che già prima della pandemia detenevano una buona parte del loro patrimonio in azioni.
Nello specifico, il numero di milionari è aumentato a livello globale di 5,2 milioni, arrivando così a 56,1 milioni. Un traguardo storico, perché per la prima volta oltre l’1% delle persone adulte può contare su una ricchezza superiore al milione di dollari nominali. Va ancora meglio al segmento ultra high net worth, e cioè il circolo esclusivo dei paperoni con oltre 50 milioni di dollari, che nell’anno pandemico ha accolto tra le proprie fila frotte di new-entry. +24%, il tasso di crescita più alto dal 2013.
Aumentano le diseguaglianze economiche nel mondo
Insomma, ricchi e super ricchi brindano. Ma i numeri sono impietosi verso le fasce reddituali tradizionalmente meno esposte agli investimenti finanziari, le cui posizioni sono rimaste inalterate o persino diminuite dallo scoppio della pandemia. Allargando l’inquadratura, e guardando al tasso di crescita della ricchezza dal 2000 ad oggi, si nota però come il ceto medio abbia visto più che triplicare il numero dei privati con oltre 100.000 dollari, cifra sintomatica dell’allargamento delle classi medie in alcuni Paesi emergenti, come la Cina.
Le diseguaglianze, però, sono anche geografiche. Se in Europa e nell’America del Nord la crescita è stata rispettivamente di 12.400 e 9.200 miliardi, India e America del Sud hanno ceduto invece parte della loro ricchezza, in un rosso che secondo Credit Suisse è stato del 4,4% e dell’11,4%.
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