Si affievolisce l’emergenza coronavirus, riprendono le trattative per Brexit. Ma non vanno bene per Johnson
Giugno sarà un mese difficile per il Regno Unito e i negoziati Brexit. Il governo di Boris Johnson, in difficoltà per la gestione del coronavirus e per lo scandalo del braccio destro Dominic Cummings, ha ripreso da poco le trattative con l’Unione europea per completare il divorzio. Entrambe le parti sono determinate a evitare il no deal, ma ciò non sarà facile.
Brexit, riprendono le trattative
La scala globale della pandemia di coronavirus ha messo in secondo piano Brexit, che ritorna nel momento peggiore per Johnson: il Regno Unito, da solo, ha mal gestito la COVID-19, e adesso il Paese ha il numero di vittime più alto del continente europeo.
Johnson, l’architetto della Brexit, si è impegnato più volte a non estendere il periodo di transizione, che dovrebbe concludersi il 31 dicembre. Ma la sua autorità non è mai stata così bassa e le trattative non stanno andando bene.
Brexit, Bruxelles rifiuta richiesta di Londra
Secondo quanto rivela Reuters, infatti, il Regno Unito ha chiesto all’Unione europea degli impegni vincolanti in materia di accesso ai mercati finanziari, per evitare che l’industria finanziaria del Paese si trovi tagliata fuori improvvisamente. Ma la richiesta è stata rifiutata da Bruxelles.
Alla fine del periodo di transizione, i rapporti finanziari fra il blocco e il Paese dovrebbero essere regolati sulla base dell’equivalenza, una forma usata dagli Stati Uniti, Giappone e Singapore. Ma il Regno Unito vorrebbe comunque un accesso preferenziale, visto che l’Ue rappresenta il suo maggior mercato di esportazione di servizi finanziari, per un valore di oltre 32 miliardi di euro.
Obiettivo di Johnson è ottenere garanzie che renderebbero più difficile la revoca unilaterale delle licenze. La Commissione europea, negoziando per conto dei 27 Stati membri, ha rifiutato. Secondo le attuali regole, l’Ue può ritirare l’equivalenza con un avviso di 30 giorni, il Regno Unito vorrebbe un periodo molto più lungo.
La dichiarazione politica firmata da Bruxelles e Londra l’anno scorso ha previsto che ogni parte fosse autonoma nella propria regolamentazione finanziaria.
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