Chi è Boris Johnson, il primo ministro del Regno Unito ricoverato per il coronavirus

Flavia Provenzani - Alessandro Cipolla

10/04/2020

Boris Johnson è il primo ministro del Regno Unito e fautore della Brexit, ma adesso destano preoccupazioni le sue condizioni di salute dopo che ha passato dei giorni in terapia intensiva a causa del coronavirus.

Chi è Boris Johnson, il primo ministro del Regno Unito ricoverato per il coronavirus

Tutto il Regno Unito ma non solo è con il fiato sospeso a causa delle condizioni di salute di Boris Johnson, il primo ministro che dopo essere stato contagiato dal coronavirus è ricoverato in ospedale dopo essere stato dei giorni anche in terapia intensiva.

Personaggio irriverente divenuto celebre anche per le sue gaffe, Johnson è stato il netto vincitore delle ultime elezioni del 12 dicembre 2019 dopo anche alcuni mesi prima era stato scelto come successore di Theresa May al numero 10 di Downing Street.

Grazie al netto successo elettorale, l’ex sindaco di Londra ha così potuto far approvare il proprio accordo per la Brexit portando così lo scorso 30 gennaio il Regno Unito ufficialmente fuori dall’unione Europea.

Lo scorso 27 marzo Boris Johnson con un messaggio su Twitter ha annunciato di essere positivo al coronavirus, con le sue condizioni di salute che ora sarebbero migliorate tanto da non necessitare più la terapia intensiva.

Chi è Boris Johnson

Boris Johnson, nato Alexander Boris de Pfeffel Johnson a New York (Stati Uniti) il 19 giugno 1964, è un giornalista e politico inglese esponente del Partito Conservatore. Sindaco di Londra per due mandati, dal 2008 al 2016, è stato segretario di Stato per gli affari esteri sotto il governo di Theresa May dal 2016 al 2018.

Origini e formazione di Boris Johnson

Da bambino, Johnson vive a New York, Londra e Bruxelles prima di entrare in collegio in Inghilterra. Vince una borsa di studio per l’Eton College e in seguito sceglie gli studi classici al Balliol College, Oxford, dove è presidente di Oxford Union. Dopo aver lavorato brevemente come consulente gestionale, Johnson intraprende una carriera nel giornalismo. Inizia come reporter per The Times nel 1987, ma è stato licenziato per aver inventato una finta citazione. In seguito inizia a lavorare per The Daily Telegraph, dove svolge il ruolo di corrispondente per la Comunità Europea (1989-94) e in seguito quello di assistente al montaggio (1994-99). Nel 1994 Johnson diventa editorialista politico per The Spectator e nel 1999 viene nominato direttore della rivista, mansione che ricoprirà fino al 2005.

La carriera politica di Boris Johnson

Nel 1997 Johnson viene eletto candidato conservatore per il Clwyd South alla Camera dei Comuni, ma perde in modo consistente contro Martyn Jones, esponente del partito laburista. Poco dopo, Johnson inizia a partecipare a vari programmi televisivi, a partire dal 1998 come ospite del talk della BBC Have I Got News for You. La sua personalità sui generis e le sue osservazioni occasionalmente irriverenti lo rendono un opinionista di punta in vari talk show britannici.

Johnson si propone nuovamente per il Parlamento nel 2001, questa volta vincendo la sfida per il collegio elettorale di Henley-on-Thames. Sebbene continuasse comparire frequentemente nei vari programmi televisivi e fosse diventato uno dei politici più famosi del Paese, l’ascesa politica di Johnson viene minacciata in diverse occasioni. Viene costretto a scusarsi con la città di Liverpool dopo la pubblicazione di un editoriale ritenuto offensivo su The Spectator, e nel 2004 viene fatto fuori dal suo ruolo di ministro ombra delle Arti dopo alcune voci su una sua presunta relazione con una giornalista. Nonostante tali avvenimenti, Boris Johnson viene rieletto alla sua carica parlamentare nel 2005.

Johnson sindaco di Londra

Johnson partecipa alle elezioni per il sindaco di Londra nel luglio 2007, sfidando il laburista Ken Livingstone. Durante le elezioni ampiamente contestate, Johnson riesce a superare la percezione di essere un politico incline alla gaffe e al politicamente scorretto, concentrandosi su questioni come criminalità e trasporti. Il 1° maggio 2008, Johnson ottiene una vittoria di misura, considerata da molti un ripudio nei confronti del governo laburista nazionale guidato da Gordon Brown. All’inizio del mese successivo, Johnson adempie alla promessa della sua campagna dimettendosi dal suo ruolo di parlamentare. Nel 2012 viene rieletto sindaco di Londra, battendo nuovamente Livingstone.

La sua vittoria è uno dei pochi successi del Partito Conservatore alle elezioni locali di medio termine, in cui perde più di 800 seggi in Inghilterra, Scozia e Galles. Johnson torna in Parlamento nel 2015, vincendo il seggio di Londra ovest per Uxbridge e South Ruislip, in un’elezione vede il Partito Conservatore conquistare la sua prima netta maggioranza dagli anni ’90. Mantiene il suo incarico di sindaco di Londra, e la vittoria alimenta la speculazione che lo vedeva pronto a sfidare il primo ministro David Cameron per il ruolo di guida del Partito Conservatore.

Alcuni critici, tuttavia, lo accusano di essere meno interessato e coinvolto nel suo incarico di sindaco a causa delle sue ambizioni politiche personali.

Boris Johnson e la Brexit

Prima di lasciare la carica di sindaco - avendo scelto di non candidarsi alle elezioni del 2016 - Johnson diventa il portavoce principale della campagna «Leave» per la Brexit in vista del referendum nazionale del 23 giugno 2016 sulla permanenza del Regno Unito nell’Unione Europea. Come tale, si scontra con Cameron, il principale sostenitore del fronte “Remain”.

Una volta arrivato il risultato del referendum Brexit - il 52% dei votanti vota per il Leave, favorevoli all’uscita del Regno Unito dall’UE - Cameron annuncia le sue imminenti dimissioni dall’incarico di primo ministro, dichiarando che il suo successore dovrà supervisionare i negoziati con l’UE sulla Brexit e che le dimissioni saranno effettive prima della conferenza del Partito Conservatore nell’ottobre del 2016. Molti osservatori credono dunque che la strada per l’ascesa di Johnson alla leadership del partito alla carica di premier sia ormai spianata.

Alla fine di giugno, pronto ad annunciare ufficialmente la sua candidatura, Johnson viene però abbandonato dal suo alleato chiave nonché presidente della campagna elettorale, Michael Gove, il segretario alla giustizia. Gove, che aveva lavorato a fianco di Johnson nella campagna «Leave», ritiene che Johnson non può «ricoprire la leadership o costruire il team per il compito da svolgere» e, invece di sostenere la candidatura di Johnson, annuncia la propria. Molti sostenitori di Johnson decidono di schierarsi con Gove e così decide di ritirare la sua candidatura alla guida del Partito Conservatore.

Il ruolo di Johnson nel governo May

Quando Theresa May viene nominata leader del Partito Conservatore e primo ministro, nomina Johnson come segretario agli affari esteri. Johnson mantiene il suo seggio alla Camera dei Comuni in occasione delle elezioni anticipate di giugno 2017 e rimane segretario agli esteri fino al rimpasto di governo ad opera della May, necessario a causa della perdita della maggioranza legislativa dei conservatori.

Nell’aprile 2018 Johnson difende la decisione della May di unirsi agli Stati Uniti e alla Francia negli attacchi aerei strategici contro il regime del Presidente siriano Bashar al-Assad in risposta alle prove di un suo uso di armi chimiche sul proprio popolo. I partiti di opposizione sono critici sull’uso della forza da parte del governo della May senza aver prima chiesto l’approvazione del Parlamento.

Lo stesso Johnson entra nella bufera a causa di alcune sue dichiarazioni su un incidente avvenuto nel marzo 2018, in cui un ex ufficiale dell’intelligence russa che operato come spia per la Gran Bretagna viene trovato privo di sensi con sua figlia a Salisbury, in Inghilterra. Gli investigatori credono che la coppia sia stata esposta a un «novichok», un complesso agente chimico nervoso sviluppato dai sovietici, ma Johnson viene accusato di manipolare il pubblico inglese poiché afferma che il laboratorio militare britannico principale aveva determinato con certezza che il novichok usato nell’attacco era arrivato dalla Russia; il laboratorio di scienza e tecnologia della difesa in realtà aveva solo identificato la sostanza come un novichok. Ciononostante, il governo britannico è abbastanza sicuro della probabilità della complicità russa nell’attacco da espellere una ventina di agenti dell’intelligence russa che avevano lavorato in Gran Bretagna sotto copertura diplomatica.

Intanto Johnson rimane un forte sostenitore di una hard Brexit nel tentativo del governo May di formulare i dettagli della sua strategia di uscita dall’UE. Johnson, pubblicamente e non sempre con tatto, chiede alla May di non mettere a rischio l’autonomia britannica nel tentativo di mantenere un buon funzionamento del mercato comune. Quando la May convoca il suo governo a Chequers il 6 luglio 2018 per cercare di raggiungere un consenso sul suo piano sulla Brexit, secondo quanto riferito, Johnson è fortemente ostinato a darle contro.

Le dimissioni di Boris Johnson dal Governo

Dopo che il segretario alla Brexit David Davis si dimette l’8 luglio, dicendo di non poter continuare ad essere a capo dei negoziati con l’UE perché la May stava «dando troppo, troppo facilmente», Johnson ne segue l’esempio il giorno seguente, offrendo le sue dimissioni da segretario agli esteri. Nella sua lettera di dimissioni, Johnson scrive:

Sono passati più di due anni da quando il popolo britannico ha votato per lasciare l’Unione Europea con una promessa inequivocabile e categorica che, se lo avessero fatto, avrebbero ripreso il controllo della loro democrazia.

Gli è stato detto che sarebbero stati in grado di gestire la propria politica di immigrazione, rimpatriare le somme di denaro del Regno Unito attualmente speso dall’UE e, soprattutto, che avrebbero potuto approvare le leggi in modo indipendente e nell’interesse della popolazione di questa nazione.…
Quel sogno sta morendo, soffocato da inutile insicurezza.

Primo ministro inglese

Con la Brexit finita in un pantano, quando Theresa May si è dimessa da Downing Street nella votazione si è subito capito che nella votazione interna ai Conservatori per determinare chi fosse il nuovo primo ministro, il grande favorito era proprio Boris Johnson.

Rispettando i pronostici, Boris Johnson ha raccolto 92.153 voti (57,84%) tra gli iscritti al partito conservatore inglese, contro i 46.656 espressi in favore al rivale Jeremy Hunt. I votati sono stati un totale di 159.320.

Diventato primo ministro, anche Johnson però ha trovato gli stessi problema della May con il suo nuovo accordo siglato con Bruxelles che è stato ugualmente bocciato dalla Camera dei Comuni.

Inevitabile di conseguenza la richiesta in tempi celeri di un voto anticipato, con l’ex sindaco di Londra che con queste elezioni spera di ottenere una ampia maggioranza che gli possa permettere di far passare il proprio accordo sulla Brexit.

La vittoria alle elezioni

Il 12 dicembre 2019 i sudditi di Sua Maestà sono tornati alle urne due anni dopo le precedenti elezioni. Rispettando i sondaggi della vigilia, per Boris Johnson è stato un autentico trionfo.

Grazie al 43,6% dei voti presi dai Conservatori, il primo ministro ha ottenuto 365 parlamentari su un totale a Westminster di 650 potendo così godere adesso di una maggioranza assoluta senza il bisogno di alleati.

Vista l’ampia maggioranza a disposizione, Johnson ha potuto far approvare il proprio accordo sulla Brexit con il Regno Unito che lo scorso 30 gennaio è così ufficialmente uscito dall’Unione Europea dopo anni di trattative.

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